FESTA DELL’EUROPA FRA PAURE E SPERANZE di Antonio Laurenzano
di Antonio Laurenzano
Parigi 9
Maggio 1950: Robert Schuman legge alla stampa, convocata al Quay d’Orsay, sede
del Ministero degli Esteri, questa dichiarazione: “La pace mondiale non
potrebbe essere salvaguardata senza iniziative all’altezza dei pericoli che ci
minacciano. Mettendo insieme talune produzioni base saranno realizzate le prime
fondamenta di una Federazione europea”. L’invito di Schuman si concretizzò con
la istituzione della CECA, Comunità economica del carbone e dell’acciaio tra
Francia, Germania, Italia e Paesi del Benelux per gestire in accordo queste
due materie prime. Vinti e vincitori della seconda guerra mondiale uniti attraverso
la cooperazione economica per un comune
percorso di pace e di progresso. L’alba di una nuova Europa. Simbolicamente, la
CECA rappresenta infatti il primo
mattone nella costruzione della “comune casa europea” a cui hanno fatto seguito
i Trattati Roma e quello di Maastricht. Nel ricordo di quello storico evento,
il 9 maggio di ogni anno, nei 27 Stati dell’Unione europea si festeggia la
“Giornata dell’Europa”.
Ma nell’attuale
contesto comunitario sempre più segnato da un crescente euroscetticismo è difficile
immaginare il futuro politico-istituzionale dell’Unione europea. L’Europa
non fa più sognare. Il “modello europeo” è da tempo avvolto in una fitta
cortina di incertezze e contraddizioni, acuite dalla crisi finanziaria ed
economica. Un modello che alimenta inquietudini, crea insicurezze, genera paure.
Un’Europa intergovernativa, spesso litigiosa, senza una identità politica e
priva di un governo capace di rispondere con politiche adeguate alle attese e
ai bisogni dei cittadini. Un’opera incompiuta: l’architettura europea è rimasta
a metà, con una moneta unica e una politica monetaria nell’eurozona a cui non
corrisponde una unione bancaria, fiscale e soprattutto una unione politica. Manca
un patto fondante in forza del quale lo stare insieme, il decidere insieme,
l’agire insieme siano un autentico collante per poter parlare al mondo intero
con una sola voce. Un’Europa che ha smarrito l’originario spirito unitario dei
Padri fondatori con le sue spinte federaliste soppiantato da pulsioni
nazionaliste. Un antieuropeismo alimentato dalla sordità dell’establishment al
diffuso disagio sociale. E Brexit ne è la conferma! I governi nazionali appaiono
divisi, intenti solo a difendere anacronistiche rendite di posizione o a
inseguire disegni egemonici.
E se
l’Europa non avanza, retrocede! Si sta miseramente sgretolando il tasso di
unità che ha tenuto finora in vita le tante diversità dell’ Unione. Ma pur
incompiuta, l’Europa ha assicurato decenni di pace, ha distribuito stabilità
economica e monetaria a imprese e cittadini, libera circolazione di merci,
persone, servizi e capitali, tassi d’interesse ridotti, scambi culturali. Per superare
ogni squilibrio socio-economico e trovare la via di un
futuro sostenibile e innovativo non basta l’unità delle monete e delle banche
centrali. Deve nascere un’Europa dei cittadini che nutra dei suoi valori un
progetto forte e condiviso, i valori della solidarietà, della sussidiarietà,
del dialogo, dell’integrazione tra etnie, religioni e culture diverse. Ma una
solida costruzione europea implica l’unità politica: l’Europa unita deve
fondarsi su istituzioni dotate di una
legittimità democratica nell’ambito di una Unione federale costituita per la
gestione condivisa delle politiche di comune interesse strategico (difesa, sicurezza,
migrazioni), separate da quelle nazionali.
Nel mondo
globale non c’è alternativa all’Europa! Rafforzare e consolidare l’Ue oggi è
una ineludibile necessità di sopravvivenza per il Vecchio Continente. Un’Europa
però che deve trovare il coraggio e l’utopia delle origini, che deve uscire
dalle ombre dei compromessi intergovernativi per dare una prospettiva credibile
alla integrazione politica attorno alla quale catturare il consenso popolare. Ci
attendono grandi sfide come la crisi finanziaria ed economica, i cambiamenti climatici, l’insicurezza
energetica, il terrorismo internazionale, i flussi migratori, le pandemie. Un
futuro verso il quale l’Europa non può presentarsi divisa e distratta da
anacronistici interessi di bottega, farciti di un populismo becero e di un
anti-europeismo che legge la storia con la lente annebbiata dello
Stato-nazione. Una deriva politica inaccettabile che azzererebbe oltre sessant’anni
di vita comunitaria e che porterebbe indietro nel tempo le lancette della storia,
nel segno di pericolosi rigurgiti.
Il futuro
dell’Unione dipenderà dall’europeismo illuminato della leadership europea, dalla
sua capacità di far crescere nelle giovani generazioni una coscienza
autenticamente europea e affermare sulla scena mondiale la centralità
dell’Europa nei processi di sviluppo e di pace. Il resto è nichilismo storico e
politico!
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