I 60 ANNI DEI TRATTATI DI ROMA, QUALE FUTURO PER L’EUROPA? di Antonio Laurenzano
I 60 ANNI
DEI TRATTATI DI ROMA, QUALE FUTURO PER L’EUROPA?
di
Antonio Laurenzano
Quale futuro disegnare per
l’Europa? Come affrontare le sfide della sicurezza, dello sviluppo
e dell’integrazione? Se ne parlerà a Roma il prossimo 25 marzo al
vertice europeo convocato in Campidoglio per celebrare i 60 anni dei
Trattati istitutivi del mercato comune (CEE) e dell’Euratom, punto
di partenza di un’Europa unita nel segno della pace e del progresso
dopo i lutti e le distruzioni della guerra. Un difficile banco di
prova attende l’Unione a 27 a pochi mesi dalla prima storica
secessione, quella britannica. Per Capi di Stato e di governo si
tratta di decidere la strada da percorrere per rilanciare con spirito
unitario il processo della costruzione politica europea.
A sessant’anni dalla
firma dei Trattati di Roma, il futuro dell’Europa appare incerto e
denso di incognite a causa del fallimento della politica comunitaria
sugli squilibri macroeconomici interni. La crisi del 2008 ha messo a
nudo le divergenze economico-finanziarie di una Unione molto più
sensibile alle sirene della finanza internazionale che all’economia
reale e agli interessi dei cittadini, favorendo così i detrattori
della europeizzazione che nel diffuso disagio sociale hanno seminato
insicurezze e paure. Un’Europa economicamente divisa per la
mancanza di una convergenza sui grandi temi della crescita e dello
sviluppo. Parte da questa fragilità istituzionale l’euroscetticismo,
il malessere, il rifiuto verso un mondo aperto, la protesta contro
l’establishment. E la vittoria di Brexit è significativa! Si
brancola da tempo in un inquietante immobilismo che, alimentato da
egoismi nazionali e da protagonismi economici, rende incerta la
mission dell’Europa quale fattore di stabilità e risposta alle
derive nazionaliste (Francia,Olanda).
E sono concreti i rischi
di una destabilizzazione europea. Ne è ben consapevole la
Commissione europea che, per il Consiglio europeo del 25 marzo, ha
presentato il “Libro bianco sul futuro dell’Europa”,
riflessioni e scenari per l’Ue a 27, per sollecitare i governi a
rafforzare il legame nazionale al progetto comunitario. Il Presidente
Junker ha avvertito che senza un rilancio dell’Unione il progetto
europeo è destinato a naufragare miseramente e con esso il sogno dei
Padri fondatori “per un’ Europa libera e unita” (Altiero
Spinelli). Il documento, che sarà discusso a Roma, illustra cinque
diversi scenari sulla prospettiva dell’Unione per rendere meno
confusa la visione futura dell’Europa. Ma non poche riserve hanno
finora accompagnato il Libro bianco della Ce per il suo “modesto e
confuso contributo alla discussione sui problemi di fondo
dell’Unione”. Manca una seria riflessione politica sulle cause
della crisi europea la cui soluzione è affidata a “scenari” di
dubbia valenza. Tante ambiguità, poche certezze!
Lo scenario 3,
raccomandato dalla Commissione europea, propone una integrazione
variabile: “chi vuole di più fa di più”. E’ “l’Europa a
più velocità, l’Europa delle cooperazioni rafforzate” per chi
vuole avanzare più rapidamente in settori specifici (difesa?) verso
una maggiore integrazione. Una strategia però difficilmente
perseguibile perché parte dal presupposto che l’obiettivo ultimo
dell’integrazione, cioè “un’Unione sempre più stretta”, sia
lo stesso per tutti in Paesi membri. In realtà, in Europa ci sono
diverse anime e diverse sono le direttrici di marcia: I Paesi
scandinavi e quelli dell’Est europeo perseguono un’integrazione
esclusivamente economica, preservando la loro sovranità nazionale e
ostacolando ogni processo d’integrazione politica che resta invece
l’obiettivo di un gruppo di Stati dell’Europa occidentale
continentale. E allora perché ipotizzare una comune (improbabile)
direzione? Perché favorire una frammentazione dell’Unione che
legittimerebbe scelte nazionali, senza vincoli comunitari? I soliti
compromessi al ribasso che rischiano di rendere ancor più precario
il quadro comunitario con istituzioni allo sbaraglio. Sarebbe forse
più realistico il recupero dell’idea dell’Unione federale,
abbandonando sia quella della organizzazione internazionale che dello
Stato parlamentare seppure federale. Individuare cioè le politiche
da condividere in un’Unione federale, separandole da quelle che
dovranno rimanere a livello nazionale. Basta con parole e proclami!
Rilanciare con coraggio l’ideale europeo prima del suo inesorabile
declino. E la celebrazione a Roma dei 60 Anni dei Trattati può
essere l’occasione per rivitalizzare lo spirito di quel lontano
marzo 1957 e affermare un’ Europa rinnovata nella sua
identità e nei suoi valori fondanti. Un’occasione da non perdere!
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