"Angelo SenzaDio" di Carmelo Musumeci
Il
20 Marzo è uscito Angelo SenzaDio, l'ultimo
libro di Carmelo
Musumeci.
Tra romanzo e
realtà, tra carcere e amicizia,
il racconto di
un incontro che ha cambiato due vite.
Prefazione di
Agnese Moro.
Prodotto e
distribuito da Amazon
Scrive
sempre bene Carmelo Musumeci, con un linguaggio capace di esprimere forti
sentimenti e emozioni; dolore, rabbia, e
speranze deluse. Mai superficiale. Mai compiacente. È un cuore che grida
sofferenza – patita e inflitta - rimpianto per ciò che sarebbe potuto essere, e
amore. Per i suoi cari – che ben lo ricambiano - e per una vita che si vorrebbe
potesse essere, per lui per la prima volta, colma di affetti e di serenità. Da
poter vivere pienamente.
Una
prospettiva, nel suo caso, per ora purtroppo ben lontana dal poter essere
realizzata, per il fatto che Carmelo sta scontando una condanna all’ergastolo,
pena che ferisce i nostri valori costituzionali, che anelano al recupero e al
reinserimento del colpevole.
La
storia che Carmelo ci racconta in questo bel libro “Angelo SenzaDio” ci aiuta a
capire quanto sia assurda una concezione della pena che non voglia cogliere il
cambiamento della persona. Carmelo, infatti, ci racconta la storia di una
rinascita. E di una amicizia. Intimamente legate l’una all’altra. In una vita
difficile, giocata sul filo della rabbia e della disillusione, della solitudine
e dell’abbandono, in un giorno qualsiasi, si infila nella vita di Lorenzo, il
SenzaDio - il nostro protagonista - una nuova presenza. È il termine giusto “si
infila”: senza presentazioni, preavvisi, orpelli, trombe, nel cuore di Lorenzo
viene a trovarsi un angelo. È un angelo abbastanza strano, per la verità, un po’
amorevole e un po’ guerriero. Rompe la sua solitudine e lo aiuta, spesso con un
trattamento forte, a ritrovare un se stesso fin lì dormiente. All’Angelo importa
solo di lui, del suo benessere, della sua incolumità, e glielo fa capire in
molti modi. Non cerca di redimerlo, non è preoccupato per la sua anima. Forse sa
che appena si torna ad amare liberamente il cambiamento è già
avvenuto.
L’amicizia è un’esperienza che il SenzaDio non ha
mai fatto prima, e il sentimento principale di Lorenzo di fronte all’Angelo,
quello che ci fa intuire la drammaticità della sua situazione precedente, è
proprio lo stupore di non essere più solo. È un fatto del tutto nuovo per lui,
che lo spiazza, lo smuove, lo lascia indifeso e predisposto a sopportare di
provare anche sentimenti positivi nei confronti delle persone. Una situazione
inedita che porterà Lorenzo a fare scelte generose e estreme; scelte fino a poco
prima impensabili.
È un
bellissimo racconto, pieno di profonda e struggente umanità. È anche un modo
poetico di descrivere la nascita di un’amicizia per quello che questa significa
soprattutto per il cuore di chi non avrebbe osato sperare di trovarla mai, e
tantomeno nel carcere che ruba, a chi lo vive, anche i
sogni.
Ma nel
“Angelo SenzaDio” c’è anche qualcosa d’altro. Perché ci parla della possibilità
di cambiare che ogni essere umano ha dentro di sé. E di quanto sia importante
non essere mai lasciati soli. Con un linguaggio tanto poetico, e a tratti
davvero struggente, Carmelo ci racconta la storia di un’anima. Che può essere la
sua, quella di altri, o di noi che leggiamo, quando, grazie all’affetto e alla
fiducia di qualcuno, riusciamo di nuovo a parlare con noi stessi, lasciando una
strada sbagliata e dando invece voce alla nostra più profonda umanità, che
aspira sempre a cose belle e grandi.
La
capacità delle persone di cambiare è un tema fondamentale - direi cruciale - dal
punto di vista umano, ma anche da quello politico e sociale. Riguarda il modo,
ottimistico o pessimistico, che abbiamo di vedere noi stessi, gli altri, la vita
e la storia. Se gli uomini non possono cambiare, superando egoismo, violenza, e
quanto altro di negativo abita il nostro cuore, anche la storia umana è
condannata a restare sempre uguale a se stessa, in una continua lotta per la
sopraffazione degli uni su gli altri. Molti vedono il mondo e la vita così; e
gli sfugge il nuovo che avanza, mancando di speranza e di coraggio. Per loro il
mondo è sempre ugualmente triste e
condannato.
Il
nostro atteggiamento di fronte alla possibilità o meno di cambiare delle persone
– e della storia – definisce anche la nostra vicinanza o la nostra lontananza
dalla nostra Costituzione. Nata dalla speranza e dalla volontà di tanti italiani
di vivere in modo diverso e degno dopo gli anni buissimi del fascismo, della
guerra, della odiosa occupazione nazista, delle deportazioni nei campi di
sterminio, delle bombe, delle delazioni, delle torture, della povertà, della
fame, della ingiustizia e della paura. Tragedie da ricordare, ma anche da
superare costruendo una nuova Italia. Ed era tanto difficile
farlo.
Personalmente sono molto grata a Carmelo, perché
con i suoi libri, con la sua vita e con le sue battaglie mi ha insegnato
qualcosa di veramente importante per me. Tante persone che come me hanno subito
gli effetti di gesti violenti descrivono la propria situazione come un
ergastolo. Carmelo mi ha insegnato a capire che questa frase non è vera. E a vedere le risorse che abbiamo a
disposizione per tornare a vivere. Certo, il dolore non passa; il passato
rischia di essere sempre presente; l’esistenza non potrà più in nessun caso
essere quella di prima. Ma abbiamo tante risorse delle quali poter usufruire per
sopportare questa condizione. Carmelo non può farlo, ma io posso andare a
trovare persone che amo e che mi amano. Posso viaggiare. Posso telefonare,
scrivere una mail e avere subito una risposta. Posso godere uno spettacolo della
natura che con la sua bellezza mi faccia sentire parte di un tutto speciale.
Posso fare una passeggiata, andare al cinema, mangiare qualcosa di buono. Andare
in chiesa; andare in libreria e comperare un libro. Guardare le vetrine. Posso
abbracciare i miei figli quando voglio, sempre che loro siano d’accordo, e
comunque sentire in ogni momento la loro voce. Posso rilasciare un’intervista,
partecipare a una manifestazione, votare. Posso stare nel vento, fare un bagno
in mare. Dormire e mangiare quando voglio. Stare da sola. Andare a messa. Fare
progetti. E attuarli.
L’ergastolo, e soprattutto quello ostativo,
significa, invece, non poter fare mai queste cose. È la parola ”mai” quella
fondamentale. Insormontabile. Eppure Carmelo Musumeci ci insegna con la sua vita
e con questo libro che anche da questo terribile e disumano “mai” possono
nascere fiori, poesia, amore per la vita e per gli uomini. Magari grazie ad un
angelo che risveglia tutto il buono che c’è dentro ognuno di noi e che attende
con ansia una parola o una carezza per poter sbocciare. Sta a noi, se siamo
saggi, raccogliere questo nuovo che nasce e consentirgli di vivere
pienamente.
Agnese
Moro
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