31 ottobre 2016

I DUBBI DI BRUXELLES di Antonio Laurenzano

                                           
   I  DUBBI   DI BRUXELLES di Antonio Laurenzano


Bruxelles chiede, Roma … risponde. Giorni decisivi per le sorti della manovra finanziaria 2017. Con una lettera firmata dal commissario agli Affari economici Pierre Moscovici e dal vicepresidente Valdis Dombrovskis, la Commissione europea ha chiesto al governo italiano chiarimenti  sui saldi contabili  e sulle spese eccezionali per migranti e sisma. Sotto esame, ancora una volta, la precarietà della finanza pubblica che emerge dalla Legge di bilancio con “distanze sostanziali rispetto agli impegni presi in primavera”. Non tanto per il deficit nominale al 2,3%, contro l’1,8% previsto in aprile e concordato al 2,2% con la  Commissione Ue, quanto per il deficit strutturale (saldo di bilancio rettificato per gli effetti del ciclo economico e delle misure una tantum) che, invece di migliorare di almeno uno 0,6% del Pil, come raccomandato dal Consiglio Ue, peggiora di uno 0,4%, passando così da -1,2% a - 1,6%.  Una palese inadempienza in contrasto con il “percorso di aggiustamento” verso l’obiettivo di bilancio a medio termine (pareggio di bilancio) fissato con Bruxelles. Da qui la richiesta di informazioni sulla revisione di tale obiettivo al fine di valutare se l’Italia soddisfa le condizioni poste a base della flessibilità aggiuntiva dei conti concessa per l’anno in corso.
La Commissione, nell’evidenziare la mancata riduzione del deficit strutturale, richiama il governo italiano al rispetto degli impegni assunti nel timore che l’Italia possa non adeguarsi al Fiscal Compact, in considerazione anche dell’elevato debito pubblico che le stime governative fissano per il 2016 al 132,8% del Pil, con una variazione in aumento dello 0,4%. Il Ministero dell’Economia ha fornito la scorsa settimana  i chiarimenti richiesti per evitare che la Legge di bilancio 2017 (in esame ora in Parlamento) torni  al mittente per le conseguenti variazioni e scongiurare ogni procedura d’infrazione. E’ stata giustificata la  spesa aggiuntiva di circa 6,5 miliardi, pari allo 0,4% del Pil, non coperta con tagli o maggiori entrate, che il governo italiano ascrive a due circostanze eccezionali: i costi dell’accoglienza dei migranti per i quali l’Italia non ha avuto alcun sostegno dall’Europa e quelli per gli interventi di emergenza nelle zone terremotate, oltre ai costi della ricostruzione e della messa in sicurezza degli edifici. La Commissione, oltre a nutrire per le  entrate forti perplessità sulla presenza nel Documento programmatico di bilancio (dpb) di numerose misure una tantum e di stime troppo generose di gettito fiscale, sul fronte delle uscite considera il piano nazionale di salvaguardia antisismica una misura economica strutturale e non emergenziale, e come tale non rientrante nella eccezionalità della spesa invocata da Roma, a giustificazione dello sforamento del deficit. Analoga valutazione per i migranti per la cui spesa pari a 3,4 miliardi la Commissione Ue considera fuori dal deficit strutturale soltanto 500 milioni, e quindi influenti in minima parte sulle circostanze eccezionali poste a base del mancato rispetto dei vincoli di bilancio.
Anche sulla spending review, punto dolens della politica economico-finanziaria del Belpaese, i dati previsionali sono del tutto modesti e per Bruxelles non sono in grado di finanziare un serio piano di riduzione delle tasse funzionale alla crescita economica del Paese. Quindi, per evitare che il debito pubblico salga per il decimo anno consecutivo anche nel 2017, la Commissione suggerisce meno misure di bilancio in deficit e più rigore nella spesa pubblica. Perché un debito che nel 2017 non scende e un deficit di bilancio, nominale e strutturale, che sale rappresentano un pericoloso campanello d’allarme.
La posizione del governo italiano è chiara: non si cambia una manovra che apre ai cittadini e non alle tecnocrazie europee, accuse di incapacità all’Ue nel gestire i flussi migratori e nell’imporre  agli altri Stati una quota di migranti, minaccia di veto del Premier Renzi  al prossimo bilancio comunitario in caso di bocciatura della Legge di bilancio. Una partita ancora tutta da giocare il cui esito finale, accantonata ogni rigida valutazione tecnico-contabile, sarà legato a criteri più strettamente politici con presumibile decisione  rinviata  alla prossima primavera, quando si saranno assorbiti gli effetti elettorali del referendum costituzionale del 4 dicembre. Sullo sfondo restano i timori del Quirinale per un inedito  scontro con l’Europa e il vivo auspicio di recuperare un legame con le istituzioni europee giudicato ancora prioritario. 

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