A cosa servono le carceri minorili? di Carmelo Musumeci
A cosa servono le carceri
minorili?
Con la carcerazione che ho fatto da minorenne e da giovane adulto ho
espiato quasi 35 anni, su 61 anni che ho compiuto quest’anno. Si può dire che
sono una creatura del carcere. Forse per questo sono così cattivo.
(Diario di un ergastolano: www.carmelomusumeci.com)
Qualche
settimana fa, dopo la protesta di alcuni giovani detenuti in un carcere
minorile del sud Italia, chiamata (con molta fantasia) “rivolta”, mi hanno
colpito le dichiarazioni di alcuni addetti ai lavori, che non condivido. E, dati alla mano, innanzitutto desidero informare
che la popolazione detenuta è prevalentemente giovane. Infatti, secondo i dati
riportati nel XII Rapporto Nazionale sulle condizioni di detenzione, fornito
dall’Associazione Antigone, aggiornato al 31 marzo 2016, 4.100 detenuti hanno
meno di 25 anni, la maggioranza della popolazione detenuta ha meno di 44 anni (66,4%)
e quasi la metà si colloca nella fascia compresa tra i 30 e i 44 anni (45,78%).
La percentuale si alza ancor di più se si parla di stranieri.
I detenuti
presenti negli Istituti Penali per Minorenni, al 28 febbraio 2015, erano 407,
dei quali 168 stranieri (41,3%). Di questi giovani, il 43% non aveva ancora ricevuto
una sentenza definitiva. Negli ultimi due anni, gli ingressi di questi Istituti
sono diminuiti dai 1.252 del 2012 ai 992 del 2014. A parità di reato, i minori
immigrati ricevono più frequentemente misure cautelari detentive, restando in
carcere per un tempo maggiore rispetto agli italiani e, con meno frequenza,
sono destinati a misure alternative, come
il trasferimento in comunità. La maggior parte degli adolescenti entra in
carcere per reati contro il patrimonio.
Personalmente,
ho conosciuto i carceri minorili all’età di quindici anni e adesso che ne ho
sessanta quando vedo giovani detenuti in prigione non posso fare a meno di
pensare che una società che li punisce con il carcere farà di loro dei
criminali ancora più incalliti. Proprio l’altro giorno è rientrato in galera un
giovane che era uscito da circa un mese. Appena l’ho visto di nuovo nel cortile
a fare avanti ed indietro ho pensato che non c’è nulla da fare: attraverso il carcere,
l’Italia non lotta contro la criminalità, ma la produce. E questo probabilmente
perché quando vivi intorno al male, non puoi che farne parte. E in parte questo
vale anche per le guardie carcerarie, che non sono nate “cattive”, ma molto
spesso lo diventano a furia di vivere in un ambiente di “cattività”.
Penso che spesso
non siano i reati commessi a far diventare una persona criminale, bensì i
luoghi in cui è detenuto e gli anni di carcere che vengono inflitti. Oggi,
nelle scale per andare in infermeria, ho trovato un giovane detenuto seduto su uno
scalino, con lo sguardo fisso nel nulla. Sembrava che le sbarre di fronte a lui
catturassero tutta la sua attenzione. E mi ha fatto pena perché ho visto nei
suoi occhi la disperazione dei giovani detenuti tossicodipendenti. Ho pensato:
“Ma questo che cazzo ci sta a fare in
carcere?”. Infatti, credo che si dovrebbe stare molto attenti a mettere dei
giovani in carcere, perché quando usciranno, molto probabilmente, saranno
diventati più devianti e criminali di quando sono entrati. E odieranno la
società e le istituzioni ancora di più, per averli fatti diventare dei
“mostri”.
Almeno a me è
accaduto questo…
Carmelo Musumeci
Ottobre 2016
www.carmelomusumeci.com
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