25 gennaio 2016

“Sulle tracce di Persefone, due volte rapita” dello storico Giuseppe F. Macrì,

“Sulle tracce di Persefone, due volte rapita” dello storico Giuseppe F. Macrì, edito da Laruffa Editore è un’analisi attenta e minuziosa su un mistero non ancora svelato. Un giallo archeologico che vede sullo sfondo possibili intrighi internazionali fra attività di spionaggio bellico e incredibili inefficienze dello Stato italiano.
Nel 1914, ad appena un mese dallo scoppio della Grande Guerra, fu esposto a Parigi, in una galleria privata, un capolavoro assoluto dell'arte antica, che, a causa della mancanza delle mani, che sicuramente dovevano recare attributi atti a identificarne con assoluta certezza la divinità destinataria del culto, fu chiamata la ”Dea in trono” (Thronende Göttingen).
La “Dea in trono” (480 a.C. circa) è unanimemente riconosciuta come uno dei più alti esempi dell'arte antica (”seconda soltanto all'arte di Fidia”, come si disse all'atto della sua esposizione pubblica) e, il cui valore storico-artistico è paragonabile a quello dei Bronzi di Riace.
A conflitto bellico ampiamente in corso, la statua fu rocambolescamente acquisita dal Museo Pergamon di Berlino, ed esposta per la prima volta il 15 dicembre del 1915.
Il successo e l'ammirazione per il capolavoro furono clamorosi ma, allo stesso tempo, l'incerta identificazione e le modalità di acquisizione, scatenarono una vera e propria ridda di ipotesi sulla sua origine, tuttora contesa fra le antiche colonie Magnogreche di Taranto e Locri Epizephyrii.
Giuseppe F. Macrì con “Sulle tracce di Persefone, due volte rapita” tenta di fare ordine in questa ingarbugliata vicenda sviluppando l’inchiesta attraverso tre direttrici: le fasi finali del trafugamento, con l'acquisizione da parte del prestigioso museo tedesco e le responsabilità delle autorità italiane, nella mancata vigilanza e nell'impalpabilità delle azioni di recupero legale; l'analisi approfondita delle circostanze probatorie che per oltre ottanta anni hanno ”ufficialmente” stabilito in Taranto la sede di provenienza del capolavoro; un riesame minuzioso delle prove note ma anche di quelle trascurate o sconosciute, che disegnano uno scenario dal quale emergono fondate motivazioni che legano, al contrario, al territorio dell'antica colonia magnogreca di Locri la più probabile origine del simulacro.
“Sulle tracce di Persefone, due volte rapita”, si sviluppa con un’avvincente narrazione, condotta da un ferreo rigore storico, grazie ad una corposa documentazione e a testimonianze di non facile reperimento, alla luce dei pesanti ostacoli opposti tanto dal tempo trascorso dall'epoca dei fatti, quanto della reticenza di personaggi e istituzioni direttamente coinvolte.

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