23 ottobre 2015

IL PROBLEMA DEL CAOS NELLA VOLONTÀ SCHOPENHAUERIANA di Vincenzo Capodiferro

IL PROBLEMA DEL CAOS NELLA VOLONTÀ SCHOPENHAUERIANA

Il problema del caos è stato sempre presente nella filosofia, sin dall’antichità. La parola caos deriva dal greco e significa “disordine”. Questo termine è strettamente correlato al suo opposto, il “cosmos”, l’ordine. C’è un bipolarismo di fondo che domina tutto l’universo: le sue tracce sono presenti in tutte le antiche cosmogonie, come quella di Esiodo. Prendiamo, ad esempio, la serie dei numeri pari e quella dei dispari in Pitagora. Abbiamo riscontrato l’idea di caos, soprattutto nei filosofi “irrazionalisti”, come Schopenhauer, Nietzsche, e Freud. Ci viene da pensare, ad esempio, all’abisso della volontà di Schelling, al mondo dell’esistenza di Kierkegaard, fatta di libertà, possibilità ed angoscia, alla Volontà di Schopenhauer, all’Es di Freud. Però ricollegheremmo questo problema ancestrale della filosofia, al grande dualismo tra fenomeno e noumeno di kantiana memoria; questo dualismo è sempre presente nella filosofia moderna e si esprime in modi diversi: in Fichte come Io e Non-Io; in Freud come Io ed Es, in Schopenhauer come rappresentazione e Volontà, in Nietzsche come Apollo e Dioniso. Schopenhauer esprime questo senso del caos nel mondo inteso come Volontà. Infatti la Volontà è una forza cieca ed inarrestabile, quindi caotica, cioè non sottoposta ad alcuna regola, ad alcuna legge, e questa domina tutto l’universo in tutte le sue manifestazioni, alias fenomeni, ed in tutti i “gradi di oggettivazione”, sia le Idee, che le realtà naturali: forze, come impenetrabilità, magnetismo, gravità; regno minerale, regno vegetale, regno animale, “regnum hominis”. Questa volontà si manifesta innanzitutto come “corpo” in noi stessi, come brama di vivere, quindi è un impulso caotico che innanzitutto sperimentiamo nella nostra stessa essenza e che è causa di infelicità, di dolore e di noia, che sono, secondo il filosofo di Danzica, le note caratteriali di ogni essere vivente. Di qui si spiega il pessimismo cosmico, che accomuna il filosofo tedesco al nostro Leopardi. «Essa è l’intimo essere, il nocciolo di ogni singolo ed egualmente del tutto» (“Il mondo come Volontà e Rappresentazione”). Infatti la volontà di vivere pervade ogni essere della natura sia pure in forme distinte e secondo gradi di consapevolezza diversa, che vanno da quelli della materia organica, in cui si manifesta in modo inconscio, fino a quelli dell’uomo, in cui risulta pienamente consapevole. Il mondo fenomenico risulta quindi l'oggettivazione della volontà, che costituisce la cosa in sé e che si realizza in differenti gradi. Il problema è: come è possibile che una volontà cieca ed irrazionale possa oggettivarsi in gradi così diversi e perfetti di realtà? La volontà primordiale è inconscia, è energia e impulso. Questa volontà caotica, in greco è il “telema”, contrapposto alla “Bulesi”, che è, invece, la volontà ordinata, quella che Kant celebra nella Ragion Pratica, e Rousseau la definiva “Volontà Generale”. Noi abbiamo cercato di risolvere il problema ammettendo le due volontà: una cosmica e una caotica ed entrambe coesistono nell’uomo. La volontà caotica è libera, cieca, eterna, indistruttibile, ma non è l’unica che regge l’universo intero e procede dall’Uno insieme all’altra.

Vincenzo Capodiferro

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