FUGA DALL’ASSASSINO DEI SOGNI di Alfredo Cosco e Carmelo Musumeci recensito da Miriam Ballerini
di Alfredo Cosco e Carmelo Musumeci © 2015 Edizioni Erranti – libero sapere
ISBN 978-88-95073-41-5
Pag. 275 € 14,00
Conosco ormai da un paio d’anni Carmelo, ovviamente solo
in forma epistolare, dato che lui è un ergastolano detenuto nel carcere di
Padova.
Ha scritto diversi libri e questo romanzo è il frutto
della sua ultima fatica.
E’ stato scritto a quattro mani con Alfredo Cosco,
alternando la loro penna nei capitoli.
La prefazione è stata redatta da Erri De Luca.
Il libro è scritto in modo che sia posto al lettore come
romanzo d’invenzione, ma io che conosco un poco della storia di Carmelo, ho
trovato i tratti autobiografici del suo vissuto.
Abbiamo Mirko, il detenuto che, prima di finire in
prigione, uccide un uomo per salvare la vita di Paolo, allora agente di
polizia.
Ecco che, fra loro, s’instaura quel rapporto di
gratitudine, di legame che si crea fra chi salva e chi viene salvato.
Paolo, ora lontano dal mondo della polizia, comincia a
scrivere a Mirko, quindi si conoscono e diventano amici. Il loro rapporto si
solidifica a tal punto, che Paolo tenta di far evadere il detenuto; ma
l’evasione viene sventata.
L’assassino dei sogni, non è altro che il nome che viene
dato al carcere. Ed è strano come lo immagina Mirko… quasi come fosse vivo, un
mostro, un drago che riposa, ma veglia.
I capitoli sono come un viaggio fra i ricordi e il
presente, degli anni vissuti fuori e dentro da Mirko.
Fra pene e una rieducazione che non la si scorge mai,
eppure dovrebbe esserci; fra torture che solo ora mi fanno comprendere
una frase che mi scrisse Carmelo qualche tempo fa. Avendo anche io scritto di
carcere, dopo essere entrata in una casa circondariale, lui mi scrisse dopo
aver letto il mio libro: “Tu parli di un carcere buono”.
E’ vero, anche se in quanto da me vissuto, di buono, di
utile, ho trovato davvero poco, ora, dopo aver letto questo romanzo, comprendo
cosa intendesse dire.
E ancor di più lo si comprende alla fine. Dopo la storia
romanzata, sono state inserite diverse testimonianze di alcuni detenuti che
hanno avuto la sfortuna di essere stati carcerati nei penitenziari dell’Asinara
e di Pianosa. Per fortuna ora, questi veri e propri lager, sono stati chiusi.
Ma non possono chiudersi i ricordi, dolorosi, disumani, che fanno vergognare di
uno Stato che ha permesso si perpetrasse la tortura nei confronti di uomini che
doveva tutelare e rieducare.
Peccato la poca attenzione della casa editrice ai refusi,
un po’ troppi per non dar loro una tiratina d’orecchi!
Un libro da leggere, per il romanzo che è, per la verità
che nasconde, per la storia che fa vivere.
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