30 giugno 2015

FUGA DALL’ASSASSINO DEI SOGNI di Alfredo Cosco e Carmelo Musumeci recensito da Miriam Ballerini

 
FUGA DALL’ASSASSINO DEI SOGNI
di Alfredo Cosco e Carmelo Musumeci   © 2015 Edizioni Erranti – libero sapere
ISBN 978-88-95073-41-5   Pag. 275  € 14,00

Conosco ormai da un paio d’anni Carmelo, ovviamente solo in forma epistolare, dato che lui è un ergastolano detenuto nel carcere di Padova.
Ha scritto diversi libri e questo romanzo è il frutto della sua ultima fatica.
E’ stato scritto a quattro mani con Alfredo Cosco, alternando la loro penna nei capitoli.
La prefazione è stata redatta da Erri De Luca.
Il libro è scritto in modo che sia posto al lettore come romanzo d’invenzione, ma io che conosco un poco della storia di Carmelo, ho trovato i tratti autobiografici del suo vissuto.
Abbiamo Mirko, il detenuto che, prima di finire in prigione, uccide un uomo per salvare la vita di Paolo, allora agente di polizia.
Ecco che, fra loro, s’instaura quel rapporto di gratitudine, di legame che si crea fra chi salva e chi viene salvato.
Paolo, ora lontano dal mondo della polizia, comincia a scrivere a Mirko, quindi si conoscono e diventano amici. Il loro rapporto si solidifica a tal punto, che Paolo tenta di far evadere il detenuto; ma l’evasione viene sventata.
L’assassino dei sogni, non è altro che il nome che viene dato al carcere. Ed è strano come lo immagina Mirko… quasi come fosse vivo, un mostro, un drago che riposa, ma veglia.
I capitoli sono come un viaggio fra i ricordi e il presente, degli anni vissuti fuori e dentro da Mirko.
Fra pene e una rieducazione che non la si scorge mai, eppure dovrebbe esserci; fra torture che solo ora mi fanno comprendere una frase che mi scrisse Carmelo qualche tempo fa. Avendo anche io scritto di carcere, dopo essere entrata in una casa circondariale, lui mi scrisse dopo aver letto il mio libro: “Tu parli di un carcere buono”.
E’ vero, anche se in quanto da me vissuto, di buono, di utile, ho trovato davvero poco, ora, dopo aver letto questo romanzo, comprendo cosa intendesse dire.
E ancor di più lo si comprende alla fine. Dopo la storia romanzata, sono state inserite diverse testimonianze di alcuni detenuti che hanno avuto la sfortuna di essere stati carcerati nei penitenziari dell’Asinara e di Pianosa. Per fortuna ora, questi veri e propri lager, sono stati chiusi. Ma non possono chiudersi i ricordi, dolorosi, disumani, che fanno vergognare di uno Stato che ha permesso si perpetrasse la tortura nei confronti di uomini che doveva tutelare e rieducare.
Peccato la poca attenzione della casa editrice ai refusi, un po’ troppi per non dar loro una tiratina d’orecchi!
Un libro da leggere, per il romanzo che è, per la verità che nasconde, per la storia che fa vivere.

© Miriam Ballerini

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