12 febbraio 2015

IL DEMONIO DI SANT’ANDREA. “Un romanzo ricco di ideali cristallini. Ideali senza tempo”.


IL DEMONIO DI SANT’ANDREA.
“Un romanzo ricco di ideali cristallini. Ideali senza tempo”.

“Il demonio di Sant’Andrea”, come annota Rita Borsellino è “Un romanzo ricco di ideali cristallini. Ideali senza tempo”, scritto da Gaetano Allegra e pubblicato nel 2013. E prosegue ancora la Borsellino: «La storia del protagonista Totore Iodice si muove con la storia di questo territorio, con i suoi difetti ed i suoi pregi, e le sue gesta non sono altro che quelle di tanti meridionali, come lo è il suo animo nobile e coraggioso e allo stesso tempo umile… Tutt’attorno si muove la storia di una nazione, che non ha ancora fatto i suoi conti con la sua nuova identità, che vive di ipocrisie e di contraddizioni. Una storia – quella del Sud d’Italia post unità – che non fu». Aggiungeremmo: una storia inesistente che non è ancora terminata, una questione meridionalmente ininterrotta. E Giuseppe Musolino aggiunge: «E sempre il titolo, a partire da un’associazione di idee, ci conduce al significato materiale del “miracoloso” di quanto avviene in oltre 300 pagine da divorare avidamente». E conclude che la Rivoluzione può deflagare ovunque, come avvenne in quella grande stagione della rivoluzione sociale della Basilicata e dintorni, che poi fu tacciata di Grande Brigantaggio. «Un secolo e mezzo fa, una città sorge dal nulla e nel nulla; nasce una rivolta e un leader come nella storia della civiltà». Allegra ci ricorda il canto dei briganti: uomo si nasce e brigante si muore! Ci fa la storia di un brigante intellettuale, che alla fine muore da eroe per non essere asservito al solito potere dei forti. È un brigante tradito da un Giuda per trenta denari. La storia è tutta ambientata in Basilicata, la terra di Crocco e di Ninco Nanco. “Il demonio di Sant’Andrea” è un romanzo storico notevole, manzoniano. Lo stile è sobrio e attento: l’autore sa coniugare bene la storia e la letteratura in quella ricerca del vero che nel verosimile trova il suo significato più profondo. Oggi si parla di reality, che è distinto dal reale: quest’opera rispecchia il “nuovo realismo”. Il giovane autore, Gaetano Allegra è nato a Milano nel 1979 da genitori di Messina. Si è diplomato al grande Liceo Cairoli di Varese. È impegnato in molti campi: letteratura, giornalismo, testi televisivi, appassionato di musica vive e lavora a Varese. Come mai questo giovane è stato colpito dalla nostra terra ancestrale e contraddittoria? Il Brigantaggio è l’antiepopea eroica del Risorgimento, ecco perché lo possiamo scrivere con la B maiuscola. Il Risorgimento è l’epopea della borghesia e dei galantuomini, il Brigantaggio è l’epopea dei deboli e dei cafoni. Gli storici e gli intellettuali di sinistra, a partire da Gramsci, hanno rivitalizzato la questione meridionale: hanno intravisto nel brigantaggio una controrivoluzione, una “rivoluzione diversa” delle masse proletarie e contadine contro gli strapoteri forti. Grazie alla profondità di questa storiografia marxista c’è stato il revisionismo del brigantaggio meridionale. Totore è l’alter Crocco. È l’anti-eroe. È un uomo che si sforza di essere colto, di dare un senso alla sua battaglia. È l’eroe saggio e sapiente, che al pari dei rinascimentali vuole assumere la sua funzione storica. Non si ritira dinanzi ai fucili a pietra focaia. Questa funzione non è quella del cervello di Passannante che viene esposto come trofeo della lombrosiana inferiorità della razza meridionale o della beduinità dei selvatici terroristi di turno. Il brigante non è un terrorista, non fa strage di civili o di innocenti, il brigante è colui che lotta contro i potenti. Il brigante non è un malato mentale che grazie ad una presunta lettura frenologica risulta essere un delinquente per natura. Così è stato fatto passare dalla pseudo-storia dei vincitori. L’epopea dei briganti è la ribellione al sopruso del Potere centrale, con parole forti di Pasolini, che aveva deciso di far fuori il Regno Neapolitano. È la voce della protesta dei contadini contro gli abusi della borghesia. Una parte della borghesia stessa d’altronde era rimasta fedele ai Borboni ed al loro sogno Duosiciliano. D’un tratto questi Borboni erano diventati Barboni senza regno, grazie all’”eroe” Garibaldi, sostenuto dall’Ammiraglio Nelson e dalla sua flotta in mare aperto e dalla Mafia separatista. Gli Americani avevano fatto lo stesso, altrimenti non si spiegherebbe lo sbarco in Sicilia. Il brigante è il Rivoluzionario per eccellenza, è il “Che” che c’è sempre, è il “Cristo sconosciuto”, è il Robin Hood, è il “Fra Diavolo”. Ecco perché i Borboni stessi avevano usato questi rivoluzionari nel 1799, nel 1806 e nel 1861. È il potere che usa la rivoluzione contro un altro potere. Questa collusione tra potere politico e brigantaggio c’è sempre stata: ora tra potere e Mafia. Tanto per dimostrarlo citiamo una curiosa nota storica di ciò che riporta un giornale del tempo, “Il Bruzio”, diretto da Vincenzo Padula, di cui si ha una preziosa ristampa anastatica a cura del Prof. G. Galasso, della Rubettino, 2011: «Il Brigantaggio pare finito nella nostra provincia. Per promessa di danaro i tre briganti Marrazzo, Celestino e De Marco congiurarono contro Pietro Monaco; e la gratitudine delle autorità per questo segnalato servizio lo spinse ad errori tali, che spiacquero a tutti gli uomini di senno. Fu primo errore l’aver con uffizio invitati tutti i ricchi proprietari ad una colletta di denaro a pro dei tre briganti traditori. Fu secondo errore quello di dar loro un salvacondotto, e farli vagare in trionfo pei nostri paesi: spettacolo degno dei nostri paesi… Fu terzo errore l’averli chiusi nella prigione di Sant’Agostino e non nella Carcere Centrale, dove i tre briganti pregavano di non essere messi per timore di essere trucidati… Per noi è un assioma che i briganti non esistono a lungo quando le autorità sono incorruttibili e si spaventano i manutengoli». Questa è la storia vera: in parte il brigantaggio fu mantenuto dal Potere, finché gli ha fatto comodo. E lo stesso vale per le associazioni mafiose oggi, in base a questo assioma: sono vive perché le autorità sono corrotte, sono più mafiose di loro.  Questo romanzo di Allegra ci riporta su strade senza tempo, ci fa rivivere stagioni mitiche di battaglie e di ardori sepolti, ma non spenti, come quelle braci che sempre covano sotto le ceneri della storia, per poi appiccare di nuovo il fuoco cosmico-storico quando i tempi sono maturi.

Vincenzo Capodiferro

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