CARMELO MUSUMECI OTTIENE LA DECLASSIFICAZIONE di Miriam Ballerini
CARMELO MUSUMECI OTTIENE LA
DECLASSIFICAZIONE
Sono almeno un paio d’anni che,
quasi regolarmente, ho uno scambio di lettere con il detenuto Carmelo Musumeci,
sottoposto a ergastolo ostativo.
In questo tempo di mail e sms,
noi ancora proviamo l’aspettativa che dà ricevere una lettera cartacea, aprirla
e leggere come va la vita di un’altra persona.
Musumeci è da ventitré anni in carcere e non ha nessuna
speranza di poterne uscire un giorno. Da anni combatte per raccogliere le firme
di personaggi famosi e non (io sono una dei firmatari), per abolire l’ergastolo
ostativo.
Circa un tre settimane fa ho
ricevuto una sua lettera, con tanto di fotocopia del documento del Ministero
della giustizia, con cui mi comunicava di essere stato declassificato dal
circuito di alta sicurezza, a quello di media sicurezza.
Per noi profani dell’argomento,
può sembrare una cosa da poco; ma per chi vive fra quattro mura, è un immenso
passo avanti.
In seguito a questa sua lettera,
gli ho spedito la mia intervista che vi riporto qui di seguito:
Ricorda brevemente la tua
storia, il perché sei stato arrestato.
Il mio passato è semplice da
raccontare: sono cresciuto da solo, senza nessuno. Prima in compagnia delle
suore, poi dei preti. Per ultimo con le guardie carcerarie. La mia infanzia non
è stata bella, per nulla! Da bambino non ho mai avuto una vera famiglia: da
bambino nessuno mi ha mai voluto veramente; da bambino nessuno è mai voluto
realmente stare con me. Fin da bambino ho imparato a tenermi compagnia da solo.
Solo. L’ ho fatto anche da grande. E questo mi ha portato alla condanna
dell’ergastolo.
Quando hai iniziato a lottare
contro l’ergastolo ostativo?
Quando ho acquistato stima di me
stesso e mi sono accorto che i buoni erano più malvagi dei cattivi. Poi, quando
mi sono accorto che i miei governanti, i miei educatori, erano peggiori di me.
E anche quando ho iniziato a pensare che, se sapessi il giorno, il mese e
l’anno che potessi uscire, forse riuscirei a essere una persona migliore; a
essere una persona più buona, a essere una persona più umana e non più una
belva chiusa in gabbia.
Come ti sei sentito di fronte
all’adesione di persone famose che hanno dato il loro apporto alla tua causa?
Cosa ti senti di dire loro ora che qualcosa s’è mosso?
Mi hanno fatto sentire che,
nonostante sia stato condannato a essere maledetto, cattivo e colpevole per
sempre, qualcuno, là fuori, nel mondo dei vivi non è d’accordo. Mi sento di dire che ci vuole tanto coraggio
e grande amore sociale a difendere i diritti, i sogni e le speranze dei cattivi.
Come cambia ora la tua
situazione carceraria? Cosa è cambiato in effetti?
Ora che dopo ventitré anni di
carcere il Ministero di Giustizia mi ha declassificato da un regime di alta
sicurezza, a quello di media sicurezza, la mia vivibilità interna è migliorata.
Sinceramente, però, preferivo che mi dessero un calendario in cella per segnare
i giorni, i mesi e gli anni per poter un giorno sperare di uscire.
Hai ancora l’ergastolo, oppure
adesso sai che un giorno potrai uscire?
Ho ancora l’ergastolo. Continuo a
non avere nessun futuro. Per lo Stato continuo a non esistere, a essere
considerato come morto. Purtroppo continuo a essere considerato carne viva
immagazzinata in una cella, a morire. Eppure, a volte, mi dimentico di essere
un ergastolano, io mi sento ancora vivo. E questo è il dolore più grande per un
uomo condannato a essere morto; a che serve essere vivo se non hai nessuna
possibilità di vivere? Se non sai quando finisce la tua pena? Se sei destinato
a essere colpevole e cattivo per sempre?
Adesso puoi usufruire di
permessi premio?
No!
Vuoi aggiungere qualcosa?
Il mondo ci ha rifiutato, ma noi
non abbiamo del tutto rifiutato il mondo. Molti di noi non hanno più né sogni,
né speranze, ma sperano lo stesso in un mondo migliore per i nostri figli e i
nipoti.
Per molti di noi il mondo non va
oltre il confine della nostra cella, ma non rinunciamo lo stesso a interessarci
del mondo.
Molti di noi si sono piegati, ma
non si sono ancora spezzati e hanno ancora la forza di sperare e di amare il
mondo là fuori.
Io, però, preferisco lottare che
sperare, perché la speranza è un’arma pericolosa e ti si può ritorcere contro.
Musumeci è consapevole dei suoi
errori, entrato in carcere con la sola quinta elementare, ha preso due lauree e
scritto diversi libri. Ha compiuto un percorso di rieducazione e di
consapevolezza.
Lui, con altri ergastolani
ostativi, consapevoli del male fatto, hanno chiesto di avere la possibilità di
pagare i propri errori, anche mettendosi al servizio delle vittime, o facendo
congressi per far comprendere ai giovani di non commettere i loro errori.
Dopo vent’anni e più di carcere,
un essere umano cambia, spetta alla società decidere in quale direzione inviare
questo cambiamento: se verso il bene o il male.
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