Il Duecento letterario nel Norditalia
Piccolo viaggio nella letteratura italiana
Secondo
Francesco De Sanctis il Norditalia letterario del Duecento avrebbe
avuto solo, e di sfuggita, il rimatore veneto Giacomino da Verona;
c'è stato però chi, non senza velata polemica, ha voluto smentire
il grande maestro romantico dedicando una sessantina di buone pagine
sia a Giacomino che agli altri autori settentrionali del XIII secolo.
Onestamente
non me la sento di biasimare chi ha voluto meglio approfondire questa
parte della nostra storia letteraria, la quale merita di essere
sottolineata anche se, ed è questa opinione di quei medesimi
studiosi che l'hanno fatta emergere dall'ombra, si tratta con
evidenza di una letteratura minore, la quale non è riuscita (anche
perché raramente si è sforzata di farlo) ad uscire dal taglio
popolare e didattico che la contraddistingue. Altre parti della
penisola ebbero, contemporaneamente agli autori lombardi e veneti,
una letteratura secondaria: a Bologna e a Firenze però gli autori
minori andarono a costituire una fruttuosa transizione, oppure si
caratterizzarono per un genere (ad esempio quello comico o burlesco),
mentre al nord il Duecento resterà piuttosto piatto, se non per
alcuni spunti non banali che vedremo.
Nella
zona del pavese l'autore popolare più importante del tempo fu Pietro
da Bescapè, che nel 1274 concluse il suo “Sermone” dove
descrisse la storia del mondo.
Più
attiva è Cremona, che all'inizio del secolo vede operare
contemporaneamente il notaio Girardo Patecchio ed il rimatore
Uguccione da Lodi: il primo, dedito ad argomenti morali, è autore
dello “Splanamento de li proverbi di Salomone” e delle “Noie”;
il secondo è invece autore del “Liber”, un poemetto sulla
giustizia divina.
Anche
Genova fa la sua parte con un notaio autore di quasi duecento poesie
in lode della città, l' “Anonimo genovese”, così detto perché,
nonostante sia certa la sua partecipazione alla vita pubblica
dell'urbe, la sua precisa identità ci è ancora oggi sconosciuta.
Non
del tutto trascurabili sono poi alcuni altri componimenti anonimi: la
storia di “Rainaldo e Lesengrino” (una volpe ed un lupo) è ad
esempio il rifacimento italiano del francese “Roman de Renart” di
Pierre de Saint-Cloud; a Bologna uno 'zibaldone' di letteratura (che
contiene anche versi di Dante) fu studiato dal Carducci: è
costituito dai cosiddetti “Memoriali bolognesi” (322 volumi
iniziati nel 1265 ed attualmente custoditi presso l'Archivio di
Stato): si tratta di atti notarili nei quali le rime sono introdotte
per riempire la pagina ed evitare quindi manomissioni, ultimo esempio
quest'ultimo del grandissimo debito contratto, nei secoli, dalla
nostra letteratura nei confronti dell'ordine notarile.
Ancora
un cenno a un testo di autore incerto, sempre studiato dal Carducci,
lo dobbiamo al cosiddetto “Serventese romagnolo” che è ritenuto,
sia pur frammentariamente, una delle fonti storiche e poetiche della
Commedia di Dante.
All'Alighieri
sono poi anche tematicamente legati i due principali poeti del tempo:
lo scaligero Giacomino, di cui abbiamo già detto, ed il milanese
Bonvesin de la Riva, che più degli altri può dare interesse ai
lettori; fra' Giacomino è autore in dialetto veronese del “De
babilonia civitate infernali” (l'inferno di Babilonia) e del
“Jerusalem celesti” (la Gerusalemme celeste), ispirate
all'Apocalisse ed alla letteratura francescana, mentre del Bonvesin
è il “Libro delle tre scritture”, anch'esso poema volgare che
descrive l'oltretomba e che, fatta salva la lezione di Virgilio, può
essere stato uno spunto per Dante, sempre che si possa ammettere per
il poeta fiorentino una adeguata conoscenza del veronese e del
milanese del tempo.
Bonvesin,
che si fregiava del titolo di “doctor in gramatica”, fu quel che
oggi si direbbe un professore privato e merita due parole aggiuntive:
la più interessante delle sue opere in latino è infatti per noi “Le
meraviglie di Milano”, uno sperticato elogio della città, che
secondo l'autore sarebbe stata un tempo custode delle reliquie dei Re
Magi. Tra le acque 'limpidissime' delle periferie del capoluogo
lombardo Bonvesin ricorda anche il “Lago di Bobbiate” e (!) “il
fiume della valle di Marchirolo”.
Antonio
di Biase
Bibliografia:
- “Storia della letteratura italiana” di E. Cecchi e N. Sapegno, Garzanti, 2001).
- “Le meraviglie di Milano” di Bonvesin de la Riva, tradotto da Giuseppe Pontiggia, Bompiani, 2010, Collocazione S.III.9471 della biblioteca di Varese.
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