Profili d'artista: Michelangelo Merisi da Caravaggio
Il
carattere impulsivo, irascibile e violento di Caravaggio
è ciò che più facilmente si ricorda di lui nella sua biografia ed
è forse anche, si può fare questa ipotesi verosimile, ciò che
maggiormente spinse i primi ammiratori della sua arte a proteggerlo e
ad incoraggiarlo come uomo-artista che stava facendo un percorso
particolarmente interessante. Nessuno può infatti portare fuori di
sé, nell'arte come in qualunque attività, ciò che non ha dentro, e
tuttavia per il Merisi
questa corrispondenza tra il tormento dell'uomo ed il forte
chiaroscuro che caratterizzò molti dei suoi dipinti apparve molto
presto evidente.
Nato
a Caravaggio
(nei pressi di Bergamo), o forse a Milano, Michelangelo era figlio di
un architetto ma, morto il padre, era stato avviato all'arte con un
contratto presso la bottega meneghina di Simone
Peterzano;
quest'ultimo
era
un pittore manierista di un certo valore che ci ha lasciato tra
l'altro degli affreschi nella Certosa
di Garegnano
(quella che dà il nome al noto viale milanese) e che si considerava
un allievo del Tiziano.
Molto
poco si sa del Merisi, a parte il praticantato in bottega, fino a
circa i vent'anni, quando lo troviamo a Roma al servizio di due
personaggi di massimo livello, il
cardinale Del Monte
che lo ospitò e, uno dei più importanti mecenati del tempo, il
marchese Vincenzo
Giustiniani,
proprietario dell'omonimo palazzo oggi sede della Presidenza del
Senato.
Fino
a quel momento il giovane Caravaggio era rimaso molto legato all'arte
di maniera che gli era stata insegnata, la quale per la verità
andava per la maggiore anche nella Roma del tempo: è stato fatto
notare che le tele più rappresentative di questo primo periodo
ritraggono spesso soggetti “di pretesto”, sono cioè elaborazioni
di nature morte dove il tema principale del dipinto rimane il liuto,
piuttosto che la canestra di frutta o il calice; non c'è quindi
ancora l'espressività barocca che comincerà di lì a poco con
L'estasi
di San Francesco
o più marcatamente con la Testa
di Medusa e
il
Giuditta e Oloferne.
Altre opere avevano poi destato scandalo perché, anche se il
venticinquenne Merisi era già considerato un maestro di realismo, i
soggetti erano troppo calati nella realtà e nelle situazioni
popolari per poter considerare l'artista adatto dipingere nei palazzi
romani: esempi di queste opere sono Il
baro e
La buona
ventura.
I modelli e le modelle scelti da Caravaggio, inoltre, spesso non
erano esempi di finezza: si è giunti a parlare di omosessualità per
Il
fanciullo morso da un ramarro,
e di prostituzione per Ritratto
di una giovane donna
dove per il Merisi posa il suo soggetto femminile preferito, Fillide
Melandroni,
amica sua e di altri. Si arriverà, qualche anno dopo, a vociferare
sull'utilizzo di un cadavere già rigonfio come modello per La
morte della Vergine.
A
Roma tuttavia, nel 1597, il Merisi riceve per intercessione del Del
Monte il suo primo incarico di rilievo per la decorazione con tre
enormi tele della Cappella
Contarelli
nella chiesa di San Luigi de'Francesi. La vicenda è curiosa perché
come noto esistevano due diverse versioni del San
Matteo e l'Angelo:
la prima versione di questo dipinto era stata rifiutata dai frati
carmelitani perché l'immagine di Matteo era stata giudicata troppo
profana. L'opera era stata allora acquistata, su suggerimento di
Rubens,
dal marchese Giustiniani per la propria collezione: essa, finita
dopo varie vicissitudini a Berlino, è andata purtroppo distrutta in
un incendio nel 1945.
Il
lavoro in San Luigi è comunque quello che consacra il Caravaggio
alla storia: in particolare La
vocazione di San Matteo
è da considerarsi da un lato l'inizio di un nuovo modo di dipingere,
caratterizzato oltre che dal già conosciuto schietto realismo
dell'artista, anche da un utilizzo direzionale della luce in ambienti
tetri che assegna alla medesima un valore di ricerca spirituale (ed a
tratti di misticismo), dall'altro proprio per quanto appena detto le
tele su Matteo rappresentano una sorta di vera e propria iniziazione
spirituale per il Merisi: da questo momento in poi si parlerà di
lui, a seconda dei gusti, di “pittore
delle tenebre”
piuttosto che di “artista
della luce”
ed è ancora oggi piuttosto difficile catalogare la sua maestria,
tanto è vero che si è finito per parlare semplicemente di arte di
Caravaggio per lui che è stato oggettivamente un maestro, nonché
più genericamente di 'caravaggismo'
per i suoi imitatori che, buoni e cattivi, sono stati moltissimi
nella prima metà del Seicento. Con il lavoro alla Contarelli nasce
dunque il genio di Caravaggio, diventato poi mito non tanto per il
lungo lavoro svolto nei circa vent'anni dell'attività matura, quanto
piuttosto per le peripezie di un temperamento singolare ed a tratti
violento: liti, risse ed almeno un omicidio portarono infine il
Merisi a vagabondare, perchè inseguito dalla giustizia, fra Napoli,
Malta e
la Sicilia,
per poi finire i suoi giorni distrutto dalla malaria sulla spiaggia
di Porto
Ercole,
la cittadina toscana che oggi ha voluto intitolare all'artista
bergamasco proprio la strada litoranea.
Il
discorso sul caravaggismo è però interessante perché, a differenza
del suo diretto antagonista nella Roma artistica del tempo, il
classicista Annibale
Carracci,
il Merisi non ebbe una vera e propria scuola, anzi è persino dubbio
che egli abbia mai avuto giovani di bottega ai quali insegnare
direttamente la propria arte. Inoltre, col caratteraccio che aveva,
si può ipotizzare non fosse esattamente semplice averlo come
maestro.
Caravaggio
tuttavia ha fatto scuola e - è stato fatto notare - non ha lasciato
un segno perché insegnava, secondo i costumi manieristi del tempo:
ha fatto invece scuola perché studiava. “La
maniera – diceva il fine intenditore marchese Giustiniani – è
ciò che l'artista ha di suo senza alcun modello di riferimento”.
C'era, alla fine del Cinquecento, un modo per dipingere le spalle, un
modo per fare le mani, un'espressività canonica per ogni situazione:
tutte le spalle, le gambe, i volti, avevano qualcosa in comune per il
modo in cui venivano rappresentate sulla tela; Caravaggio invece non
era così, studiava un suo modo di dipingere e questa cosa,
rivoluzionaria, se non scandalizzava certamente sconcertava
l'osservatore.
Rudolf
Wittkower
ha sostenuto, condividendo nel Novecento il giudizio di molti che “né
Rubens,
né Rembrandt,
Velázquez
e Vermeer
si sarebbero evoluti in tal tenso se non avessero avuto la
trasfusione del sangue di Caravaggio”. In Italia la lista dei
caravaggisti non è poi meno lunga: Jusepe
de Ribera
sarà un caposcuola a Napoli, ma poi ci sono Orazio
Gentileschi
da Pisa, il romano Orazio
Borgianni,
Bartolomeo
Manfredi
da Mantova, Carlo
Saraceni
da Venezia, ancora da Napoli Giovanni
Battista Caracciolo.
Tra i romani adottivi c'è anche il ticinese Giovanni
Serodine,
autore del San
Lorenzo distribuisce le elemosine.
Vanno
infine annoverati gli epigoni minori ed i pittori polemici, come il
più acerrimo nemico del Caravaggio, Giovanni
Baglione,
autore de L'amore
sacro soggioga l'amore profano,
in contrapposizione artistica a l' Amore
terreno
del Merisi.
Per
ultimi citiamo, a titolo di rispetto per la storia dell'arte più
ancora che per la critica, gli studi sul Merisi di inizio Novecento
dovuti a W. Kallab e V. Saccà, quelli di L. Venturi e soprattutto la
figura di Roberto
Longhi,
lo studioso che ha ridato Caravaggio al grande pubblico dopo tre
secoli di oblio, fortemente volendo la mostra a lui dedicata a Milano
nel 1951.
Il
catalogo di Caravaggio secondo L. Venturi (1963)
Dove
possibile sono stati utilizzati i link alle gallerie che attualmente
possiedono i dipinti, sono stati escluse le copie di originali
perduti: Ragazzo
con caraffa di fiori, Il fanciullo che monda una pera, L'incredulità
di San Tommaso, La cattura di Cristo.
Anche
se una cernita dei siti web è stata fatta, si lascia al lettore la
verifica dei testi associati alle immagini.
L'ultimo
controllo dei link è avvenuto il 30 luglio 2013.
- Ritratto di una giovane donna (tela – m. 0,66 x 0,53) – opera distrutta
- Amore terreno (tela – m. 1,30 x 0,97) – L.Venturi,“Il Caravaggio”, tav. 20
- San Matteo e l'Angelo (tela – m. 2,23 x 1,83) – opera distrutta
Antonio
di Biase
Bibliografia:
- Lionello Venturi – "Il Caravaggio" – De Agostini - 1963 – Coll. B.VI.5792 – Biblioteca Civica Varese.
- Rudolf Wittkower – "Arte e architettura in Italia, 1600-1750" – Einaudi – 1972 – Coll. A.III.6893 – Biblioteca Civica Varese.
- Stefano Zuffi – "Caravaggio" – Electa – 1994 – Coll. D.III.5544 – Biblioteca Civica di Varese.
- Gilles Lambert – "Caravaggio" – Taschen – 2001 – Coll. A.III.8707 – Biblioteca Civica di Varese.
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