Profili d'artista: Tommaso Rodari da Maroggia
Cattedrale di Como - Porta della Rana, particolare
Maroggia,
il borgo lacustre ticinese a due passi da Campione d'Italia ed oggi
forse noto soprattutto per l'omonimo mulino, ha un antico passato
degno di nota, sebbene molto poco conosciuto ai più, per aver dato i
natali ad una delle più importati famiglie di scultori ed architetti
lombardi a cavallo tra Quattro e Cinquecento.
I
Rodari,
il cui capostipite fu il tagliapietra Giovanni, ebbero i loro massimi
esponenti in Giacomo e soprattutto in Tommaso,
che fu con ogni probabilità uno dei migliori allievi di Giovanni
Antonio Amadeo
nel cantiere della Certosa
di Pavia.
Proprio
il nome altisonante dell'Amadeo, illustre maestro dal quale ad un
certo punto l'allievo si discosta, sarà destinato ad essere usato un
po' da tutta la critica come pietra di paragone per il valore
architettonico e scultoreo dell'opera lasciata nella cattedrale di
Como (e non lì solo) dal Magister
Thomas da Maroxia,
come si legge nei libri paga della fabbrica del duomo, compilati dal
gennaio 1484 al giugno 1526 e riportati dal Monti nel suo volume
pubblicato nel 1922, per la diocesi lariana. Non è certamente
sbagliato confrontare l'allievo col maestro, anzi, è stato proprio
questo primitivo studio a far comprendere che la tecnica scultorea di
Tommaso e dei suoi fratelli, per i quali gli elementi biografici sono
pochi, è figlia del cantiere pavese; tuttavia, ricorda nel 1952 la
Perer
nel suo saggio per l'Università di Milano, è pericoloso ed
addirittura fuorviante confrontare l'opera di un finissimo decoratore
come l'autore della Cappella
Colleoni
con quella del suo figlioccio d'arte Tommaso
Rodari,
scultore certamente più tozzo, ma architetto valente ed alla
continua ricerca di una forma compiuta nello spazio per i vari
elementi della costruzione.
Si
diceva del Duomo di Como: qui Tommaso entra come 'statuario' nel
1484, nell'85 è indicato già con il titolo di maestro e nell'87
viene nominato “architetto ed ingegnere generale della fabbrica”,
prendendo dunque a cuore un'opera che lo terrà impegnato, non senza
diverse parentesi, per oltre quarant'anni.
Qui,
a Como, gli sono attribuiti in particolare, oltre ai disegni generali
e la direzione dei lavori nel tempio, le cinque
statue entro nicchie cuspidate
che sovrastano l'ingresso e le
statue dei Plinii
ai lati della facciata. Pure di Tommaso e Giacomo sono le porte
laterali della cattedrale, in particolare le decorazioni della porta
meridionale, nonché della più maestosa porta settentrionale, detta
“Porta
della rana”,
firmata dai fratelli di Maroggia con i nomi “Thomas” e “Ja”,
presumibilmente nel 1509.
Sempre
nel tempio lariano i Rodari avevano precedentemente eretto e decorato
gli
altari dell'Addolorata, di Santa Lucia e di Santa Apollonia,
tra il 1489 ed il 1493.
Il
tempio di Como è importante, tornando al discorso del confronto con
l'opera del maestro pavese, perché – ricorda la Perer - “l'Amadeo
fu soprattutto ed anzitutto decoratore
[…] La prima impressione che si prova entrando nel Duomo di Como è
invece che tutto sia teso verso una ricerca di organicità ed unità,
che
scultura ed architettura siano potenziate nei loro singoli mezzi
espressivi e formali”.
A
questo proposito può essere interessante visitare, a Busto Arsizio,
in provincia di Varese, la Chiesa
di Santa Maria di Piazza:
qui a Tommaso da Maroggia vengono attribuiti almeno i due portali,
come ricorda il Bondioli nell'opuscolo del 1929 gelosamente custodito
dalla Biblioteca comunale, il quale opuscolo contiene anche delle
belle foto a banco ottico dei portali medesimi, con le decorazioni
pittoriche ancora presenti in quegli anni.
In
Santa Maria di Piazza, inoltre, è visibile la scultura che (complice
la chiesa più piccola) a mio giudizio caratterizza meglio il Rodari
nel suo rapporto con lo spazio: si tratta di un' “Annunciazione”,
opera
in pietra stimata al 1522.
L' “Annunciazione” fa comprendere, e la Perer sarebbe d'accordo
con noi, che a
Tommaso Rodari manca completamente l'ansia del vuoto decorativo che
caratterizzava l'Amadeo,
il quale non si sarebbe mai sognato di realizzare una scultura come
questa: lineare nell'unione dei suoi elementi protagonisti (la
Vergine e l'Angelo), ma anche in una qualche misura 'monca' se non
messa in relazione all'ambiente in cui è posta, poiché l'elemento
architettonico del rosone che la sovrasta (quello del portale
meridionale del tempio) la condiziona. In questo Tommaso è maestro,
nel dare all'opera un significato ambientale, una “forma” che la
contiene e la esprime pienamente nello spazio.
Tra
le opere maggiori di Tommaso va certamente annoverato anche il
progetto della Chiesa Collegiata di Bellinzona (1513-14),
tra le minori invece ricordiamo la Porta
dietro il Battistero a Mazzo
(alta Valtellina, 1508) ed il Portale
della Chiesa di San Lorenzo e dell'Assunta a Morbegno
(1515).
Dubbia
infine, perché citata da fonti serie ma non avvalorata da
riferimenti accademici, e sopratutto perché sembra proprio un'altra
mano, è l'attribuzione a Tommaso di un lavoro in squadra per la
facciata della Cattedrale di San Lorenzo a Lugano.
Più facile credere a coloro che attribuiscono il lavoro all'Amadeo o
comunque alla scuola a lui più vicina nei primi anni del
Cinquecento.
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Antonio di Biase
Bibliografia:
- M.L. Perer - “Aspetti della scultura lombarda – Tommaso Rodari” - Università degli studi di Milano – 1953. Sola consultazione OP.D.2837 – Civica Biblioteca d'Arte del Castello Sforzesco – Milano.
- Pio Bondioli – “Tommaso Rodari a Busto Arsizio” - opuscolo in sola consultazione presso la Biblioteca comunale di Busto Arsizio – 1929.
- La voce 'Rodari' in Enciclopedia Italiana (1936).
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