15 luglio 2013

Cinque minuti di rumoroso silenzio fra le sbarre

Il caso di Stefano Cucchi resterà nella nostra memoria, perché quando un ragazzo, anche giustamente condannato, finisce nelle nostre carceri, deve avere la certezza, lui e la famiglia, di essere comunque trattato equamente dalle istituzioni, in modo che possa scontare la propria pena.
Per Stefano non è stato così.
Un esempio di civiltà e profonda coscienza esce da questo articolo scritto dalla Redazione di Ristretti Orizzonti.
Miriam Ballerini
 

Cinque minuti di rumoroso silenzio fra le sbarre
In questi giorni nella Redazione di Ristretti Orizzonti abbiamo scelto di non commentare a caldo la sentenza su Stefano Cucchi perché abbiamo preferito discutere insieme al nostro Direttore Ornella Favero sulla morte tragica di quel ragazzo.
E ne è venuto fuori che nessuno di noi voleva la vendetta, la condanna e il carcere per i medici, gli infermieri, gli agenti della polizia penitenziaria o i carabinieri, ma tutti volevamo la verità e la giustizia per Stefano, la sua famiglia e per le numerose morti che accadono nelle nostre carcere.
Poi la discussione è proseguita e abbiamo parlato delle negligenze, delle omissioni e delle rigidità di alcuni politici e funzionari ministeriali che hanno trasformato le carceri italiane in luoghi dove si muore facilmente.
Dove, purtroppo, accade che un ragazzo entri sano in carcere e muoia senza che nessuno se ne accorga.
E non è di nessuna consolazione che non si sappia se è morto di botte, di fame o di sete o se è colpa dei carabinieri, degli infermieri, dei medici o della polizia penitenziaria.
Ci basta sapere che Stefano non c’è più e non doveva morire e che nelle nostre patrie galere si muore facilmente come in guerra.
E si muore di suicidio, di malattie a volte curate male e tardi, a volte di morte “non chiara”.
La Redazione di “Ristretti Orizzonti” crede che le garanzie e l’umanità del mondo esterno non si dovrebbero fermare davanti alle porte e alle sbarre di un carcere.
E per questo propone a tutti i prigionieri in Italia, per il giorno 15 luglio 2013 alle ore 13.00, di fare cinque minuti di silenzio per ricordare Stefano Cucchi e tutti i morti di carcere.
Spesso nelle nostre galere non hai una scelta, o speri o muori, ma alcuni, come gli ergastolani ostativi a qualsiasi possibilità di libertà, non possono fare nessuna delle due cose, e allora sognano. Sognano che qualcosa, finalmente, possa cambiare.
Carmelo Musumeci
Redazione di Ristretti Orizzonti
Carcere di Padova

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