03 aprile 2013

Giovanna d'Arco


Eroina e bandiera di Francia, vittima di un fatale rogo di stato, che sugella il suo dramma

 
Giovanna D’Arco nasce a Domrémy il 6 gennaio del 1412. Da bambina pascolava le greggi lungo le sponde della Mosa. Delle voci misteriose spesso risuonano nel suo nobile e giovane cuore. La invitano a muoversi, a parlare, affinché Orleans fosse liberata dagli inglesi, lo straniero cacciato dal suolo francese e che il Delfino venisse incoronato. La Francia, durante la lunga e sanguinosa Guerra dei Cento Anni, più volte corre il rischio di essere cancellata dal numero delle nazioni europee e di diventare una colonia inglese. Enrico VI d’Inghilterra è già stato proclamato re di Francia. Carlo, il Delfino, non aveva che Orleans e qualche altra città.  Dopo aver prudentemente ascoltato i consigli di sagge persone che avevano preso a cuore le sue visioni, Giovanna si fa coraggio e si presenta al Delfino, gli dichiara che egli è il legittimo sovrano di Francia e che è giunta l’ora di agire. Prende subito posto nell’esercito come guerriera, indossa l’armatura militare e si cinge di una spada. Sale a cavallo, agitando una candida bandiera dai gigli d’oro, si pone in testa alle truppe, comunicando loro una fortissima onda di ardore e di entusiasmo. Libera Orleans e mette in fuga l’avversario. È il 7 maggio del 1429. Poi viene espugnata Reims. La città apre festante le porte all’eroica giovane. La Pulzella d’Orleans vi entra trionfalmente tra schiere di soldati in delirio e tra i cittadini che acclamano alla salvatrice. Il Delfino viene accompagnato nella cattedrale, dove è proclamato ed incoronato re di Francia, col nome di Carolo VII, il 17 luglio del 1429. Il compito di Giovanna d’Arco non è finito. Mira alla cacciata degli Inglesi dalla Francia. Appena fatta l’incoronazione, grida: «A Parigi! A Parigi!». Ma il suo richiamo non trova eco nel cuore del re, che subito viene raggirato da cortigiani fedifraghi. Vani sono i suoi tentativi di convincerlo a prendere il nemico in fuga dalla Senna alla Manica. Giovanna è ferita presso Compiègne, è fatta prigioniera dai Borgognoni, alleati degli Inglesi. Il vescovo di Beauvois, Chauchon, compera Giovanna dai Borgognoni per una cospicua somma di danaro sonante e la fa condurre incatenata a Rouen, tra il tripudio dei nemici. Carlo VII non se ne importa. La Sorbona dichiara «menzognere e suggerite da Satana» le rivelazioni di Giovanna d’Arco e lei «causa di offesa a Dio, di ferite alla fede, di disonore alla Chiesa». Si apre il processo che poi la condurrà al rogo. Così ci descrive il suo olocausto il Monsabré nel Panegirico dell’8 maggio 1877: la campana della torre ha suonato le ore nove. Il Mercato vecchio di Rouen si popola di una folla agitata, che vuol vedere un’ultima volta la giovane bella e santa condannata. Vi sono là 800 uomini armati per custodire quell’agnello, tanto l’Inglese ha paura del pentimento e della pietà. Giovanna è in piedi presso il suo rogo. Un cartello insolente la calunnia ancora. Chiamano mentitrice colei che fu sempre la sincerità medesima; pericolosa colei che ha salvato la Francia; indovina e superstiziosa colei che aveva orrore delle magie e delle pratiche tenebrose; bestemmiatrice e presuntuosa colei che si rimetteva in tutto al giudizio di Dio; millantatrice colei che rinviava umilmente al cielo gli omaggi del popolo; crudele colei che non ha colpito alcuno; dissoluta colei la cui bellezza casta ispirava il rispetto e l’amore alla virtù; apostata, scismatica ed eretica colei che si è rimessa al giudizio della chiesa e del papa; scomunicata colei a cui poco prima si era dato il corpo del Salvatore. O menzogne dell’iniquità! Giudici perversi: voi vorreste ancora una debolezza ed un’abiura per coprire il vostro delitto? l’attendete invano! Ascoltate e guardate: Giovanna invia un ricordo alla patria. Giovanna benedice il suo re. Giovanna afferma la sua missione divina. Giovanna prega per la sua anima. Giovanna perdona i suoi nemici ed i suoi carnefici. Giovanna copre di baci e di lacrime la croce del suo Salvatore. Giovanna invoca Dio, gli angeli e i santi. Giovanna piange sulla sua città disonorata, dove è per lasciare la vita.  «Rouen, Rouen,» dice «ahimè! Io ho una grande paura che tu non soffra per la mia morte!». È l’ultimo grido del suo dolore e della sua carità. Il fuoco sale verso di lei e la tocca, ma ella non è più in terra. Le gesta della Pulzella d’Orleans sono state cantate e musicate eternamente dagli artisti, tra cui gli italiani Verdi, Andreozzi, Carafa, Pacini; l’inglese Balfe; i tedeschi Romberg, Langert, Resnicek; i francesi Mermet, Poisot, Duprez e Gounod. È un’immensa sinfonia di nazioni che si innalza verso il radioso ideale personificato dall’eroina di Orleans: Bella in arcione, eretta la persona/ su la vittoria sorridendo passa/ fra l’acclamante popolo Giovanna. Il papa Benedetto XV l’ha innalzata agli onori degli altari. L’anniversario della shoah di Giovanna d’Arco è il 30 maggio, quando la Francia compie il pellegrinaggio nazionale a Rouen.

Vincenzo Capodiferro

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