La letteratura religiosa del Duecento
Piccolo viaggio nella letteratura italiana
Secondo
Giorgio Petrocchi, che fu uno dei più autorevoli studiosi
dell'argomento, la letteratura religiosa è quella che maggiormente
caratterizza il XIII secolo; io sono d'accordo anche se la eccessiva
componente devozionale di questi scritti spesso ne annacqua il non
indifferente valore artistico.
Per
dare risalto al tema occorre considerare, sul
piano storico,
da una parte il grande slancio mistico di quella età e dall'altra le
forti tensioni che nell'Italia di allora videro contrapporsi
il
potere temporale dei pontefici a quello imperiale, tensioni che
all'inizio del secolo successivo porteranno alla “cattività
avignonese”, cioè a quel discusso periodo che vide lo spostamento
del soglio pontificio da Roma ad Avignone.
Sul
piano più squisitamente letterario si può invece osservare, a mio
personale giudizio, che la letteratura religiosa fu la prima a
scendere per così dire 'dall'alto', operando il passaggio, sia per
l'esigenza di farsi comprendere dai più, sia per una più sottile
ricerca di intimità, dal latino alla lingua parlata, la quale venne
fissata su carta anche per soddisfare un bisogno liturgico e
recitativo. A differenza di molti scrittori cortesi, i religiosi del
tempo avevano infatti meno incertezze sul piano culturale, non
dovevano emanciparsi né emancipare alcuno, quindi usarono il volgare
eminentemente per ragioni espressive, tanto è vero che nel curricolo
dei maggiori di essi non mancarono pregevoli e talora fondamentali
scritti in latino.
Nel
1198 era salito al trono pontificio Giovanni Lotario, papa Innocenzo
III, il quale era anche uno scrittore impegnato ed autore del
trattato morale “De contemptu mundi”, il disprezzo del mondo.
Questi si
distinse immediatamente come riformatore oltre che come teorico della
superiorità del potere spirituale su quello temporale, innescando
così per primo le tensioni di cui si è detto.
Nel
1202 era poi morto un personaggio davvero singolare, il monaco
calabrese Gioacchino da Fiore, che si era messo in luce per alcuni
scritti nei quali profetizzava la venuta della cosiddetta “Era
dello Spirito Santo”, annunciata per il 1260. Ognuno può farsi
un'opinione sul valore di queste idee, confutate anche nella “Summa
Theologiae” di Tommaso d'Aquino, ma ciò che conta è che esse
ebbero
un’eco straordinaria per tutto il secolo, al punto che ancora agli
inizi del Trecento Dante dedicò due versi al “calavrese abate
Giovacchino, di spirito profetico dotato” (Paradiso, XII, vv.
140-141). Tensione mistica, dunque, contrapposta alla simonia ed allo
svilimento delle istituzioni ecclesiastiche impegnate
nello scontro con l’impero: ecco
il XIII secolo.
È
da questa tensione che nasceranno i movimenti ereticali ai quali la
Chiesa cercherà di porre freno con l'istituzione degli ordini
mendicanti, quello francescano e quello domenicano.
Al
poverello di Assisi la nostra letteratura deve alcuni scritti
devozionali ed il primo grande testo in volgare, il
“Cantico
di frate Sole”; ma i testi francescani successivi non gli sono da
meno, sia che
si considerino tre belle
biografie sullo stesso Francesco (la prima e la seconda dovute a
Tommaso da Celano, la terza, invece, la cosiddetta “Legenda maior”,
redatta da San Bonaventura), sia che
si valuti la
produzione volgare che del santo maggiormente vorrà farsi erede:
quella in particolare del francescano spirituale Iacopone da Todi, un
notaio convertito, nonché poeta originale ed intenso, ma angosciato
e quasi delirante. Quest'ultimo sarà però capace di lasciare il
segno, attraverso novantatrè componimenti, su un intero genere
letterario destinato a lunga vita, quello della 'lauda' (celeberrima
sarà quella
intitolata alla “Donna
de Paradiso”). A Iacopone è anche attribuita la struggente e
celebre preghiera “Stabat mater dolorosa”.
Per
quel che riguarda i domenicani, ebbero anch'essi una loro letteratura
ma, forse per il più marcato ruolo di custodi della dottrina di
Cristo, ruolo che venne ad essi attribuito e raccomandato in chiave
razionalista, e che si può essere tentati di contrapporre allo
slancio mistico francescano, nel XIII secolo la
loro produzione fu
di minor pregio. Non mancarono però le vette: Iacopo da Varazze
sarà infatti autore della “Legenda aurea”, considerata la più
bella raccolta di vite dei santi di tutto il Medio Evo.
Antonio
di Biase
Bibliografia:
- “Il sentimento religioso”, da pag. 102 a 130 de “La letteratura”, Vol 1, Baldi Giusso Razetti Zaccaria , Paravia, 2006 .
- “Storia della letteratura italiana” di E. Cecchi e N. Sapegno, Garzanti, 2001 (vol I dell'edizione per Corsera).
- Francesco da Assisi, gli scritti e la leggenda – a cura di G. Petrocchi – Rusconi 1983 – collocazione B.III.6627 biblioteca di Varese.
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