10 marzo 2012

Lo spread: il nostro incubo quotidiano



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LO SPREAD : IL NOSTRO INCUBO QUOTIDIANO
Il conflitto valutario e le politiche macroeconomiche - I misteri della finanza internazionale.

di Antonio Laurenzano


“Operazione verità: per non morire tra le macerie di un’Europa tedesca”. Interessante e ricco di spunti il recente saggio di Renato Brunetta sulla crisi dell’euro e del processo d’integrazione politica, economica e sociale del Vecchio Continente. Sul tappeto, a tre anni dall’inizio della crisi finanziaria che ha sconvolto i precari equilibri finanziari nel mondo, restano alcune questioni irrisolte: a)il coordinamento delle politiche macroeconomiche tra le tre grandi potenze economiche mondiali: Stati Uniti, Europa e “Paesi emergenti” (Cina, Brasile, India) ;b)la crisi dei debiti sovrani di molti paesi europei avanzati; 3)il permanere degli squilibri globali che sono all’origine della crisi in un contesto di sostegno alla crescita.

La soluzione di queste questioni, secondo l’economista, richiede una convergenza nelle politiche di tutti i paesi coinvolti, nella consapevolezza che il quadro macroeconomico internazionale, che condiziona ogni accordo, rimane caratterizzato da una ripresa economica a due velocità. In particolare, si registra una crescente divergenza tra le politiche di austerità dell’Europa, alle prese con la crisi dei debiti sovrani, e quelle anti-deflattive degli Stati Uniti, decisi a non far mancare il sostegno macroeconomico alla ripresa, soprattutto attraverso la creazione illimitata di moneta impiegata per l’acquisto di titoli del debito pubblico da parte della Federal Reserve. Nel frattempo prosegue la crescita più rapida nei paesi emergenti.
Il conflitto valutario in atto è dunque una conseguenza della mancanza di meccanismi di aggiustamento degli squilibri globali in presenza di un sistema monetario internazionale e di un sistema di tassi di cambio disordinati. E l’Europa, con effetti dirompenti, ha palesato nel corso della crisi le sue debolezze strutturali con una moneta unica che non ha alle spalle una vera e propria banca centrale. La globalizzazione degli ultimi anni ha stravolto le regole del gioco e messo a nudo la fragilità dell’euro. Una moneta che aspira ad essere una valuta di riserva internazionale ma che non dispone di una banca centrale in grado di fissare il cambio o di agire come prestatore di ultima istanza per evitare la crisi di liquidità del sistema, è una valuta … sacrificale nello scontro di potere mondiale. Una moneta chiamata a convivere con una moltitudine di curve di tassi di interesse a scadenza. Praticamente una per ogni paese membro.
Fin quando i differenziali, cioè gli spread, tra i vari tassi nazionali erano “fisiologici” l’essere una “moneta artificiosa” non appariva in tutta la sua criticità. Poi è scoppiata la crisi da sostenibilità dei debiti pubblici europei e i differenziali si sono sempre più allargati! Sono diventati talmente ampi da rendere davvero eccezionale la situazione prodotta dall’euro: una moneta unica che esprime tante curve di rendimento sui titoli emessi in quella stessa valuta dai vari emittenti. Si passa dal 2% dei Bund tedeschi al 3,7% degli OAT francesi, al 7% dei Btp italiani!
E’ dallo scorso luglio che i cittadini italiani vivono in una sorta di grande fratello della finanza, dove le news sullo spread e l’andamento degli indici di borsa vengono pubblicate senza soluzione di continuità. Lo spread, premio per un rischio specifico, dovrebbe sintetizzare la probabilità di fallimento della controparte. Nel caso italiano, lo spread non ha, né può averlo, tutto il significato che gli si attribuisce. Il suo valore complessivo è meno importante di quanto non si creda per decifrare i rischi futuri. Nel caso degli Stati sovrani, infatti, gli stessi possono imporre nuove imposte, nazionalizzare beni privati, privatizzare società pubbliche, vendere o dare in concessione in blocco asset di cui hanno la proprietà, inclusi i beni culturali, creare inflazione monetizzando parte del debito. Tutti elementi difficilmente quantificabili da uno spread perché senza una effettiva serie storica di prezzi ed eventi passati.
Nel caso dell’Italia, poi, lo spread sul debito dovrebbe tenere conto anche della capacità di generare cash flow. L’avanzo primario, la “cassa” generata dalla gestione caratteristica dell’economia pubblica italiana, è positivo. Un taglio gestibile della spesa corrente ed opportune dismissioni renderebbero positivo anche la “cassa” al netto degli oneri sul debito pubblico tale da rendere poco razionale e credibile il valore dello spread che i mercati, con convenzioni che prescindono dalla considerazione degli effettivi margini comportamentali del Paese, assegnano ai Btp.
E’ giunta l’ora di scoprire le carte! Chi è il… grande burattinaio che muove i fili della finanza internazionale? Chi si nasconde dietro le società di rating? A chi dà fastidio un euro forte? A chi fa paura un’Europa politicamente unita e, finalmente, padrona del proprio destino? Perché, dopo la Grecia, nel mirino della speculazione, è caduta l’Italia? Interrogativi inquietanti alle cui risposte è legato il futuro economico e finanziario dell’Europa.

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