29 ottobre 2011

Teatro Petruzzelli, scintilla di rinascimento

TEATRO PETRUZZELLI, SCINTILLA DI RINASCIMENTO
di Antonio V. Gelormini

Alzare gli occhi al cielo e girare su stessi per farsi avvolgere dal vortice di ricordi, di immagini, di luci, di personaggi e di marcate emozioni. E’ il primo e spontaneo movimento che prende il sopravvento, per chiunque varchi la soglia della platea, prima di appoggiarsi alle poltrone del Nuovo Teatro Petruzzelli.
Ti accorgi subito che il tempo non si è fermato. Che il vecchio Politeama resterà fissato nella memoria di ognuno, nelle inquadrature di Enzo Lattanzio, negli impareggiabili cartelloni del Teatrodanza, e nelle drammatiche sequenze di una notte sciagurata, avvolta dai bagliori infausti di una tragedia irripetibile. Il luogo è lo stesso, ma l’atmosfera è più moderna. Perché il teatro non è un museo, dove il passato può essere “visitato” e “ricostruito”. Al contrario, il teatro è azione, che si rinnova incessantemente su quell’altare laico rappresentato dal suo palcoscenico e attraverso quella rituale liturgia codificata nei suoi copioni.
Il costume di scena è il solito, ma questo è un altro Teatro. Determinato a muoversi con ritmi decisamente più contemporanei. Te ne accorgi guardando come sono state disposte le poltrone in platea, per favorire un’acustica ottimale. Lo rilevi guardando la cupola spoglia, dove gli affreschi perduti possono essere proiettati da moderni sistemi digitali. Lo percepisci dalla freschezza degli stucchi, dalla leggerezza dei decori e dal dedalo futurista della torre scenica. Lo sigilla quel “MMVIII” sul frontone del nuovo palcoscenico, al di sopra del grande arlecchino del Petruzzelli.
E’ anche un’altra Bari quella che ha abbracciato la rinascita di uno scrigno di tale bellezza, che a sua volta si fa marchio cittadino di rinnovata sensibilità. Una Bari diversa da quella commossa, impaurita e smarrita davanti alle fiamme di venti anni fa. Una Bari più orgogliosa che superba. Più matura e responsabile, che furba e disordinata. Più solare, più legale e più moderna, che impigrita, distratta e fuligginosa.
Una città e un Teatro che, con la riproposta di “Norma” (la stessa opera in scena prima del rogo), hanno visto venir via, dalla ferita rimarginata, anche l’ultima crosta di uno sfregio lungo circa vent’anni. E che si ritrovano nel racconto del medesimo, e allora giovane, direttore d’orchestra, Roberto Abbado: “Partii da Bari allibito, avendo negli occhi pieni di lacrime l’immagine di un cratere fumante e nelle orecchie la sentenza senza appello del portiere d’albergo: lei è stato l’ultimo direttore al Petruzzelli”, ricorda con evidente emozione il Maestro. “Per fortuna non è stato così. Sono tornato a Bari e mi è mancato il respiro, nel rivedere l’imponenza della grande cupola del Teatro, su cui ora sventola rassicurante un vivace tricolore”.
Il Teatro per tutti dei fratelli Petruzzelli, inteso come proposta di generi vari (politeama), destatosi dal lungo coma fattosi incubo, è ora Teatro di tutti. Palcoscenico popolare di speranze ed ambizioni della città e del territorio circostante. Santuario laico della bellezza comunque declinata: l’antidoto, oggigiorno, più efficace alla pericolosa fragilità culturale delle nuove generazioni.
Una testimonianza che, nel linguaggio universale della musica e in quello suggestivo del movimento teatrale, diventa sintesi raffinata nelle scelte programmatiche della giovane Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e del suo Sovrintendente, Giandomenico Vaccari. A cominciare dalla “Prima” del Nuovo Petruzzelli, affidata al “Sogno di una notte di mezza estate” di Banjamin Britten. Per un Petruzzelli grande vetrina anche della musica contemporanea italiana ed internazionale, secondo il programma che si delinea lungo un itinerario teso a “raccontare il presente”, sui sentieri della cultura, della musica e della spiritualità.
L’intero progetto, culminato con la prima mondiale de “Lo stesso mare” del maestro Fabio Vacchi, (ora “Composer in residence” al Petruzzelli), e tratto dall’omonimo romanzo di Amos Oz, con la regia di Federico Tiezzi, la direzione d’orchestra di Alberto Veronesi e le scenografie di Gae Aulenti, corona un percorso impervio e proietta il Teatro, la sua Orchestra, il Coro e la stessa Fondazione in una dimensione internazionale insperata solo qualche anno fa.
Proprio l’Orchestra della Fondazione Petruzzelli, per qualità professionali, individuali ed orchestrali, metafora di quell’entusiasmo ricco di bravura e di nobile umiltà d’animo dei giovani di questa città, può sentirsi orgogliosamente gratificata nel raccogliere unanimi consensi e apprezzamenti. Nonché il plauso accorato anche di un Grande Signore della Musica, come il Maestro Lorin Maazel. Con lui l’Orchestra, a marzo, è stata protagonista a Washington delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia. E col Maestro Veronesi ha poi bissato l’evento, qualche settimana fa, al Lincoln Center di New York. Grazie a questo gruppo di musicisti, Maazel ha accettato di essere il consulente musicale della Fondazione barese. Un gesto d’amore verso l’Italia, verso questa città e verso il suo Teatro rinato e rinnovato.
I palchi, le poltrone, le balconate e il loggione sono tornati a riempirsi. Le luci più brillanti del nuovo teatro, moltiplicate dai marmi e dai decori rinnovati, mettono in risalto qualche bastone e qualche capello bianco in più. Ma anche i colori di tanti giovani sorrisi, entusiasti e ansiosi di colmare il vuoto di un’adolescenza trascorsa in regime di una tale privazione. I suoi specchi sono  tornati a riflettere la caleidoscopica galleria di sguardi tipicamente baresi. E’ una nuova antologia. E’ quella di una città che cambia e che vuole cantare al mondo il suo tesoro ritrovato.









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