17 settembre 2008

"Gli Indifferenti" di Alberto Moravia (1929)

di Roberta de Marco.

Il romanzo d’esordio di Moravia tratteggia in maniera impeccabile la parabola discendente della famiglia Ardengo, colpita dalla morte del capostipite e dal conseguente fallimento economico, in un periodo della storia di Italia dilaniato dal moralismo fascista. È un dardo che fa breccia nel cuore del problema sociale più preoccupante del momento: la decadenza morale dei ceti altolocati, in cui sembra non vigere più alcun tipo di legame affettuoso ma solo noia e distacco. Problema questo, che in altre nazioni, come l’Inghilterra, era stata riveduto e superato da cent’anni almeno.
La famiglia Ardengo consta di tre elementi, madre e due figli di sesso opposto, l’introverso Michele e la voluttuosa Carla. La signora di casa, Mariagrazia, non riesce a tenere salde le redini di una famiglia ormai allo sbaraglio, ossessionata com’è dall’essere impeccabile per il “cattivo” Leo Merumeci, che si fionderà nella gracile situazione di famiglia sfruttandone i punti deboli, come la brama di successo dei due rampolli e l’ingenuità della mamma. Approfitterà, infatti, dell’amore che la signora prova per lui al fine di procacciarsi le sue ultime proprietà, essendone creditore e inoltre si servirà dell'ingenuità di Carla per possederla fisicamente. Dopo aver saziato i suoi istinti, scomparirà, lasciando alla famiglia nient’altro che la sua ombra.
Lo stile è fluido e accattivante, la narrazione riesce a mantenere salda l’attenzione del lettore dall’inizio alla fine, merito di un’intercambiabilità continua di soggetti e punti di vista .
Moravia resta lì a spiare la situazione guardandola in un momento dalla toppa, poi da dietro le tende a un respiro dai due amanti, accompagnando come un regista, l’azione dei personaggi in ogni loro respiro. Vuole regalarci la verità, niente di più. E ci riesce. Il finale è quantomeno scontato e amarognolo un po’ alla Thakeray, quando in Vanity Fair ci dice tutto e niente di quel finale ricucito dalla perfida Becky Sharp.
In verità, gli indifferenti lasciano ben più che dei punti di sospensione; ci dicono che la realtà è malignamente scontata, che anzi, un giorno lo sarà a tal punto che lascerà in noi niente di più che l’indifferenza.

*Roberta de Marco ha vent'anni e studia lettere all'Università di Bari.
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