25 gennaio 2008

Tristano e Isotta: amore, musica e morte

di Augusto da San Buono
1. Mare amaro
Gli ultimi istanti della “Santina di Gallipoli”, al secolo Lucia Solidoro, portata sulla scena dall’attrice Anita Boellis, vengono accompagnati dalla musica della morte di Isotta nell’opera di Wagner “Tristano e Isotta”. Ed è una cosa davvero struggente, che ti prende alle “frattaglie” come diceva il mio amico loggionista Angelino Amendolagine da Terlizzi. Donne e uomini si commuovono fino alle lacrime, fino a star male. Ricordo, a Sannicola, quindici anni fa, presso il piccolo teatro del “Centro Insieme”, una signora, che dovette uscire dal teatro ed essere assistita da un medico (il dottor Schirinzi, cardiologo) che si trovava lì da spettatore. A Gallipoli, una ragazza cominciò ad avere crisi isteriche per gli effetti combinatori della musica (l’amore stregone di De Falla), della voce demoniaca fuori campo (per la cronaca era la mia), e della luce stroboscopica. Abbiamo dovuto tagliare la scena, per non creare una situazione di panico. Come qualcuno sa, la Santina muore guardando il mare, “l’Jonio che ha la forma del vento”, dalla finestra della sua casa di calce e salnitro di poveri pescatori, sita sulla Riviera Bartolomeo Diaz, muore invocando il suo Dio crocifisso (“Gesù mio, ti amo, ti amo…”). Anche Isotta la bionda muore su un alto pianoro che guarda il mare, anche lei muore d’amore davanti al mare amaro del Nord, ma non ha nessun Dio da invocare. Muore per il suo Tristano, muore adagiata sul corpo caro dell’amato, che l’ha preceduta nel lungo viaggio nella tenebra. Quella di Wagner non è l’Isotta cristiana della leggenda di Chretien dei Troyes, con il sentimento del peccato e della espiazione per un amore proibito, ma tutto il contrario. Nell’opera di Wagner – scrive Th. Mann - non c’è cielo né inferno, non c’è nessuna religione, non vi è Dio. Nessuno lo nomina, nessuno lo invoca, vi è soltanto una filosofia erotica, una metafisica atea, il mito cosmogonico nel quale il motivo del desiderio fa nascere il mondo”. E’ un poema filosofico d’amore e morte, dove Wagner, il rivoluzionario del teatro, il grande dilettante della musica (non imparerà mai a suonare decentemente il pianoforte) , l’anti-italiano, l’antisemita, a quel tempo innamorato folle della contessa Mathilde Wesendonck (la sua Isotta), più che mai nietzschiano e dominato dalla più alta concezione di sé, dice che è ora di cambiare musica, e trasmette il suo messaggio messianico:“ Solo nella morte, estrema rinuncia all’Io, l’amore trova la propria compiutezza”.
Il suo “Tristano e Isotta” è il massimo del romanticismo, l’infinito lunare, l’inconoscibile, la notte, l’amore assoluto, l’ebbrezza di annullarsi, la morte come momento erotico più alto e assoluto. “Il nostro amore è ogni tempo / e oltre il tempo… Oh dolce morte/ fuga le nostre angosce/ oh morte d’amore/ tra le tue braccia / riscaldati da te / liberati dal pericolo di svegliarsi”.

2. Barenboim
Ma è anche la fine del romanticismo, dice Daniel Barenboim, grande pianista e grande direttore d’orchestra argentino, di origine ebraica, che ha preso la cittadinanza israeliana, e ora sta scompaginando tutti gli “equilibri” dell’odio atavico tra palestinesi ed ebrei, accettando anche la cittadinanza palestinese. «È un grande onore ricevere l’offerta di un passaporto», ha detto dopo un recital di piano dedicato a Beethoven, a Ramallah, città della Cisgiordania dove è attivo da qualche anno nel promuovere i contatti tra giovani musicisti arabi e israeliani. «Ho accettato anche perché credo che i destini del popolo israeliano e del popolo palestinese siano collegati in modo inestricabile Abbiamo la benedizione, o maledizione, di dover vivere assieme. E preferisco la prima delle due. Il fatto che un cittadino possa essere premiato col passaporto palestinese sia un segno che ciò è possibile… La mia convinzione è che tramite la musica noi possiamo imparare molte cose su noi stessi, sulla nostra società, sulla politica – in breve, sull´essere umano. La musica non come luogo di dorata ed edulcorata quiescenza, ma di fondamentali verità e quindi di ineludibili responsabilità. La musica è la cornice comune; è un linguaggio astratto di armonia. In musica nulla è indipendente. Richiede un perfetto equilibrio tra intelletto, emozione e temperamento. Quindi, tramite la musica possiamo immaginare un modello sociale alternativo, dove l'utopia e la praticità uniscono le forze, permettendoci di esprimere noi stessi liberamente e di ascoltare ciascuno le preoccupazioni dell'altro. Questo processo ci offre un importante insight sul modo attraverso il quale il mondo può e deve funzionare, e talvolta in effetti funziona».

3. Wagner
Ma oggi, purtroppo, non si sente altro che sirene o spari, e la tristezza che siamo diventati, dice ancora Barenboim, grande artista, ma anche grande uomo, un sessantenne alto, grosso, pieno di energia, di passione, di umanità, che parla benissimo l’italiano, è veloce, è perfetto, è cantilenante, come i sudamericani, è tutto un bzzz bzz da insetto ronzante, - oggi la musica che si ascolta per le strade è un insulto all’orecchio… e l’orecchio è l’organo più intelligente del corpo umano… l’orecchio registra la memoria … bisogna educare a sentire… invece oggi è tutto visuale … bzz bzz, Bar è uno che ha diretto il Tristano un centinaio di volte, opera con cui il 7 dicembre scorso è stata inaugurata l’apertura della stagione della Scala di Milano, di cui è direttore. Gli mettono il microfono sotto il naso. “Maestro, è vero che lei aveva sempre sognato fin da bambino di dirigere il Tristano alla Scala di
Milano?” Assolutamente no. Io veramente sognavo di fare il marinaio, o il pescatore, oppure il presidente degli Stati Uniti, a seconda di come mi alzavo dal letto al mattino. Lei sa come sono fatti i bambini… Poi un giorno mi sveglio, mi alzo e dico …bzzz…bzzz…bzzz, oggi voglio fare il musicista, voglio dirigere il Don Giovanni di Mozart, o magari l’Otello di Verdi, o la Carmen di Bizet . E tante altre opere ancora. Ma al Tristano non ci avevo mai pensato. Non solo quando ho cominciato a suonare nelle orchestre (avevo appena sette anni), ma anche dopo, da direttore, non pensavo al Tristano, anche perché onestamente non lo conoscevo affatto. Sa, noi argentini conosciamo solo i tanghi e le mazurche, bzz bzz. Ma un giorno che suonavo il pianoforte nella buca con Wilhelm Furtwängler, lui mi fa, Senti Bar perché non vieni con me che ti faccio suonare il Don Giovanni, e così ti levi la voglia. E così mi rimetto nella buca, seduto al clavicembalo e mi faccio una ventina d’anni di Mozart. Ora pero fai il Tristano, mi disse il mio maestro e mentore Furtwängler. Ed io, no, Furt, ora c’è Verdi, c’è l’Otello, ma devo ammettere che alla fine non è che mi entusiasmasse molto fare l’Otello. Ho subito invece il fascino di Anton Brckner e me lo sono fatto tutto, ma proprio tutto. Mi piaceva assai uno come lui, un romantico convinto. Mi piaceva conoscerlo musicalmente, ma mi resi conto che non aveva praticamente scritto nulla per pianoforte, e io avevo bisogno di pezzi forte al piano, allora mi sono buttato a capofitto su Lizst, e l’ho suonato come un pazzo, e si sa che chi suona Liszt stabilisce un vincolo, un contatto con Wagner, anche se non mi spiego come facesse un grande come Lizst a sopportare l’arroganza e l’atteggiamento da superuomo di un genero come Wagner, che stava sempre a rimirare il proprio genio, come Narciso la sua immagine, sempre pronto a servirsi con cinismo dei propri ammiratori per ottenere prestiti in danaro e favori di ogni genere. Lui – diceva - era venuto al mondo per una missione da compiere. Doveva avere splendore, bellezza, luce , ricchezza, e il mondo gli doveva tutto ciò di cui aveva bisogno. “Io non posso vivere con una miserabile elemosina da organista come il vostro Bach”.

Ma se l’uomo è discutibile, l’artista è davvero grande, mostruoso, titanico, inventore della nuova opera lirica, del grande teatro, dell’opera d’arte totale, colui che più di altri ha segnato un’epoca e ha costituito un punto di partenza per le ricerche successive.

4. Il Tristano

Poi forse venne il tempo in cui ero pronto anche per il Tristano, ma mi trovavo a Parigi e ritenni che fosse il caso di omaggiare Hector Berlioz , anche lui è uno che ruota intorno a Wagner. Arriviamo così al 1977 , ho trentaquattro anni e mi trovo a Berlino Ovest per dirigere la Carmen, io adoravo la Carmen , soprattutto con la regia di Ponnelle. Si doveva fare la Carmen con dialoghi cantati secondo l’originale , ma la cantante francese s’ammalò e non ce n’era un’altra . Di cantanti che conoscono la lingua italiana ne trovi quante ne vuoi, di lingua tedesca ne trovi ancora , ma che cantino il francese trovi solo i francesi. Ponnelle era uno che comunque sapeva sempre trovare il rimedio, e mi disse, non ti preoccupare Bar, ho anche la versione in tedesco , e una Carmen tedesca la troviamo di certo. Ma la produzione non so perché decise di cancellare il progetto, con gran discorno di Ponnelle che se ne andò superincazzato. Non c’erano altri titoli liberi in programma se non il Tristano . Ma chi lo dirige? , chiesi a Palmhorststein , che aveva diretto Wagner un miliardo di volte. Lo fai tu, vero? . E lui di rimando, No , fallo tu, Bar, è una buona occasione, disse, e mi sembrò che avesse un risolino ironico sulle labbra. Accettati la sfida. Minchia!, dissi dentro di me , questa è una provocazione bella e buona. E fu così che ebbe inizio la mia vera e propria carriera di direttore d’orchestra, fino allora occasionale ( facevo più il pianista) con il mio primo Tristano, a Berlino , nella madre patria. Poi lo feci anche a Bayreuth , nel 1981, e fui il primo direttore ebreo a farlo lì, nel tempio di Wagner. Ma poi feci anche di peggio. Portai la musica dell’antisemita Wagner in Israele , e mi feci un mucchio di nemici. Sai quante pietre da parte dei buoni ebrei!, metaforiche e no. Ma grazie a Dio ho avuto la fortuna di prendere coscienza presto che fare musica non è un'affermazione dell'essere ma del divenire…Dicevamo del Tristano, vero? … Con la regia di Gotz ne ho fatti tanti , uno , due , sessanta , ottanta bzzz bzzz . Venticinque anni di Tristano e Isotta in ogni parte del mondo …bzzz…bzzz…. Tanti fans, dei veri e propri adoratori del Tristano, ma anche qualche nemico…Quando suoni Wagner è così… Del resto se nella vita non hai nemici significa che hai sbagliato tutto, significa che non hai fatto niente. E un’altra cosa vuol dire Tristano , che se uno vuole bene veramente , è disposto a morire per la persona amata. Ma il Tristano è anche altre cose. Questa musica di Wagner ha uno slancio sensuale, direi sessuale, in sé. Ascolti la musica ed è come se ti facessi una scopata, è un vera e propria sublimazione del coito. Per questo è inutile caricarla di pathos. E così ha fatto Patrice Chereau, che tiene una classe unica , è pulito e senza orpelli , fa le cose semplici, le cose essenziali, ha capito che Tristano non è solo, quando il suo re Marke lo manda con il vascello a prendere Isotta , principessa d’Irlanda, perché divenga sua sposa e regina di Cornovaglia , come pegno del trattato di riconciliazione fra la Cornovaglia e l’Irlanda. Non c’è solo l’equipaggio con lui , ma c’è tutto il pubblico che fa il viaggio con Tristano , che partecipa alla vicenda , che è storia pubblica, a cielo aperto, sul mare , come sempre capita quando si viaggia su una nave e non ci sono dei camerini singoli. La bella Isotta dalle trecce bionde, la maga Isotta, che ha già curato e guarito Tristano sotto mentite spoglie , nonostante questi avesse ucciso il suo fidanzato Morold , è ancora innamorata del suo eroico “traditore”, e la loro storia d’amore è irreversibile e tragica fin dalle prime battute. Ora dal vascello si vedono le coste della Cornovaglia , e Isotta è furente , maledice Tristano e tutti i suoi avi. (“Razza bastarda !”), e ha ordinato segretamente alla sua ancella Brangane di aprire il filtro magico della morte e versarlo nel vino, che offrirà a Tristano. Lo invita a bere nella coppa ( “Brinda con me , amato traditore!”) ma prima le deve chiedere perdono. E Tristano non si lascia pregare ( “Mia regina e donna adorata!”) . Il torneo , la schermaglia tra i due innamorati si apre già prima di bere entrambi nella stessa coppa. Musica e parole li legano pericolosamente. E l’ancella Brangane non ha versato il filtro di morte, ma quello d’amore. Restano in muto abbraccio. La nave arriva in porto. Suono di trombe. Urrah! Urrah per il re Marke!, gridano le voci, ma tutti sono attenti ai due innamorati fatali : “I nostri cuori traboccano d’ebbrezza/ i nostri sensi fremono di gioia/ fiore rigoglioso di ardente desiderio/ suprema fiamma di struggimento amoroso/…meravigliosa estasi d’amore”.
Una delizia piena di perfidia, una gioia votata alla menzogna, conclude Tristano, mentre l’atto si chiude con “Gloria al re!”, che è già tragicamente becco ancora prima di conoscere la sua sposa. Da quel momento della bevanda o filtro d’amore è tutto un annegare, affondare, nella catastrofe tragica del mito , fino al canto finale di Isotta accanto al cadavere di Tristano , con lievi invisibili affinità leopardiane dell’infinito : annegare nell’immensità , “dolcezza suprema”. E’ l’ultima parola cantata da Isotta che cade . come trasfigurata , sul cadavere di Tristano , con re Marke che sopraggiunge e benedice i cadaveri. E il sipario che cala lentamente. Voluttà , piacere, anche gioia, anche sensualità trasfigurata , ma soprattutto la voluttà intellettuale che filtra attraverso Schopenahuer e i lampi di poesia, è quello il piacere supremo di Wagner , veder coincidere, come in Novalis , la bellezza e la verità… e il Nulla.
«L'impossibile mi ha sempre attratto più del difficile, perché l'impossibile desta non solo un'impressione di avventura, ma un'impressione di attività che trovo altamente attraente. Ha il vantaggio aggiunto che il fallimento non solo è tollerato ma anche atteso».
Anche per Tristano quest’amore era impossibile. E così anche nel terzo atto Tristano non può essere solo, sotto un tiglio , sull’altura rocciosa affacciata sul mare , a morire. Ha intorno a sé tutta la gente possibile, gli stessi spettatori . E lui lo sa. Sta morendo per amore , ed è la morte perfetta. Nel duello contro Von Melot si e lasciato volutamente ferire , ed ora canta la sua totale appartenenza alla notte , attende Isotta . C’è un pastore, di vedetta, che scruta l’orizzonte in cerca della nave che porti la salvifica giovane . Vicino a lui c’è il fedele amico Kurwenal , che gli che dice, Tristano hai fatto la più dolce follia del mondo. Guarda cosa hai fatto di te…Un’opera morta. E Tristano, di rimando, Non è il massimo possibile per un mortale, morire d’amore?

5. Musica e morte
Maestro, ma il Tristano è solo una storia d’amore?
No, è una storia di musica e morte , soprattutto , e la morte si fonda sull’amore , anche sull’amore . Ma la morte è centrale in quest’opera , la morte influenza tutto, è come nel don Giovanni di Mozart , che inizia con una morte che segna poi tutta l’opera. La musica esce dal silenzio e va nel silenzio, come diceva Schopenhauer , tanto amato da Wagner, il grande genio rivoluzionario dell’arte che ha trovato la musica in età tardissima , pensi che fino a diciotto anni non conosceva una nota , grazie a Beethoven… Ma la musica ha sempre qualcosa in sé di sovversivo, che ti può incantare e travolgere….
Perchè i personaggi di Wagner hanno queste ferite, come Tristano, ferite che non guariscono mai?
E’ ovvio che le ferite non sono quelle della carne , ma soprattutto dell’anima , ma sono ferite anche delle civiltà , sono ferite della musica stessa. Dopo Tristano la musica non è più la stessa. Tristano è un’opera chiave per lo sviluppo della musica . Ci sono compositori grandi , dalla scrittura e dalla compositura perfetta, come ad esempio Mendelssohn , col suo ottetto , ma anche col concerto di violino, con le romanze senza parole, tutte cose eccezionali, che però non hanno cambiato il corso della musica . Anche senza questi capolavori la musica si sarebbe sviluppata lo stesso. Poi ci sono altri compositori magari meno perfetti di Mendelssohn , prendi Berlioz , o Lizst , ad esempio, compositori che non hanno lo stesso grado di arte , ma hanno radicalmente fatto svoltare il mondo.

Dopo di loro, solo tre o quattro hanno raggiunto l’apice , sommando la perfezione della scrittura con l’importanza della sostanza. Ma Bach e Wagner , loro hanno incarnato e insieme la conclusione del loro tempo simultaneamente hanno mostrato il cammino del futuro. Ma fra tutte le creature di Wagner , il Tristano è il pezzo chiave , perché qui il cromatismo è portato al massimo e il cromatismo significa ambiguità , per questo l’opera “Tristano e Isotta” , è perfetta , perché è pura e totale ambiguità , sia dei personaggi che della musica . Ed è per questo che la sentiamo così parte di noi e del nostro tempo.

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