Fabrizio Moro
DELLA POESIA
di Antonio V. GELORMINI
Ha bucato il video, ha conquistato attenzione, ha suscitato entusiasmo ed emozione.
Finalmente un esempio positivo. Finalmente qualcuno da stimare e indicare ai nostri ragazzi, con la consapevolezza di un segno non banale. Finalmente una rabbia che costruisce, non condanna e non denuncia, ma invita nientemeno che a “pensare”.
Un nome e un cognome che accendono ricordi diversi, impegnati e drammatici, e ti caricano una tremenda responsabilità. Fabrizio Moro, il fattorino cantante ed autore, vola radente. Si prende la sua rivincita a Sanremo, vince il Festival dei Giovani e il Premio della Critica. Un riscatto pulito di periferia. L’orgoglio vivo delle borgate romane. E Dio sa quanto ce ne sia bisogno di questi tempi.
“Non mi sento un autore o un cantante impegnato. Ho scritto questa canzone dopo aver visto un film che mi ha colpito. Ho voluto rendere omaggio alle tante persone per bene, che si sono o sono state sacrificate per la libertà e per la giustizia”.
Un concentrato di umiltà, che nella sua semplicità e nella sua autenticità, senza accorgersene, vola alto sulle ali della poesia. Non si riesce a definire altrimenti chi ci racconta: “Dedico questa vittoria a mio padre, perché è cinquant’anni che si sveglia alle 6 del mattino e i sogni non li ha mai finiti”.
Grazie Fabrizio, per quell’essere un trattino tra due generazioni.
(gelormini@katamail.com)
di Antonio V. GELORMINI
Ha bucato il video, ha conquistato attenzione, ha suscitato entusiasmo ed emozione.
Finalmente un esempio positivo. Finalmente qualcuno da stimare e indicare ai nostri ragazzi, con la consapevolezza di un segno non banale. Finalmente una rabbia che costruisce, non condanna e non denuncia, ma invita nientemeno che a “pensare”.
Un nome e un cognome che accendono ricordi diversi, impegnati e drammatici, e ti caricano una tremenda responsabilità. Fabrizio Moro, il fattorino cantante ed autore, vola radente. Si prende la sua rivincita a Sanremo, vince il Festival dei Giovani e il Premio della Critica. Un riscatto pulito di periferia. L’orgoglio vivo delle borgate romane. E Dio sa quanto ce ne sia bisogno di questi tempi.
“Non mi sento un autore o un cantante impegnato. Ho scritto questa canzone dopo aver visto un film che mi ha colpito. Ho voluto rendere omaggio alle tante persone per bene, che si sono o sono state sacrificate per la libertà e per la giustizia”.
Un concentrato di umiltà, che nella sua semplicità e nella sua autenticità, senza accorgersene, vola alto sulle ali della poesia. Non si riesce a definire altrimenti chi ci racconta: “Dedico questa vittoria a mio padre, perché è cinquant’anni che si sveglia alle 6 del mattino e i sogni non li ha mai finiti”.
Grazie Fabrizio, per quell’essere un trattino tra due generazioni.
(gelormini@katamail.com)
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