04 marzo 2007

Fabrizio Moro

FABRIZIO MORO,
LA RABBIA
DELLA POESIA
di Antonio V. GELORMINI


Ha bucato il video, ha conquistato attenzione, ha suscitato entusiasmo ed emozione.

Finalmente un esempio positivo. Finalmente qualcuno da stimare e indicare ai nostri ragazzi, con la consapevolezza di un segno non banale. Finalmente una rabbia che costruisce, non condanna e non denuncia, ma invita nientemeno che a “pensare”.

Un nome e un cognome che accendono ricordi diversi, impegnati e drammatici, e ti caricano una tremenda responsabilità. Fabrizio Moro, il fattorino cantante ed autore, vola radente. Si prende la sua rivincita a Sanremo, vince il Festival dei Giovani e il Premio della Critica. Un riscatto pulito di periferia. L’orgoglio vivo delle borgate romane. E Dio sa quanto ce ne sia bisogno di questi tempi.

“Non mi sento un autore o un cantante impegnato. Ho scritto questa canzone dopo aver visto un film che mi ha colpito. Ho voluto rendere omaggio alle tante persone per bene, che si sono o sono state sacrificate per la libertà e per la giustizia”.

Un concentrato di umiltà, che nella sua semplicità e nella sua autenticità, senza accorgersene, vola alto sulle ali della poesia. Non si riesce a definire altrimenti chi ci racconta: “Dedico questa vittoria a mio padre, perché è cinquant’anni che si sveglia alle 6 del mattino e i sogni non li ha mai finiti”.

Grazie Fabrizio, per quell’essere un trattino tra due generazioni.

(
gelormini@katamail.com)

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