22 novembre 2006

"Liquidazione" di Imre Kertész

Recensione di Augusto da San Buono

“La nostra non è un’apocalisse quotidiana, ma piuttosto un ’epoca di banalità ininterrotta, dove il terrore esplode inconcepibile. Viviamo – aveva detto Susan Sontag - un tempo penultimo, una fine che non finisce di finire”, un tempo, un’epoca di “liquidazione”, precisa oggi Imre Kertèsz, premio Nobel per la letteratura, con il suo ultimo romanzo che ha appunto quel lapidario simbolico titolo, “Liquidazione”, Feltrinelli, 2005. Kertèsz ci dice che la vita è un sogno lontanissimo e assurdo, ma non lo dice alla maniera di Calderon della Barca, né di Primo Levi, bensì della realtà delle cose di oggi, delle cose del nostro vecchio mondo occidentale che è in disfacimento, in liquidazione, appunto. Dopo l' Olocausto, dopo i Lager e dopo la caduta dei regimi del socialismo reale, questo vecchio mondo sta cadendoci addosso con tutti i suoi feticci, obelischi, monumenti, altari, patria, famiglia, dovere, amicizia, ecc., antichi valori che crollano giorno dopo giorno.

Tutto ormai è in “liquidazione”, come del resto la scrittura, incapace di dire le cose reali, quelle che contano per noi. “Che significa buon romanzo o cattivo romanzo”, si chiede, alla fine, il protagonista del romanzo, Keserù, se alla fine quel che conta è la vita, e ti rendi conto che la tua è una vita senza memorie ( i ricordi sono stati perduti, rimossi o liquidati), una vita senza storia, che non potrai mai raccontare. Forse l’ultima forma possibile di sopravvivenza è vivere come i barboni, senza passato e senza futuro. Ed è questo l’ultimo smacco dello scrittore ungherese, che ha fondato tutta la sua esistenza sulla scrittura, l’amore e la passione per la letteratura, un vero e proprio atto di fede nella capacità della scrittura, questa "ragnatela invisibile che tiene insieme la nostra vita", nella possibilità (forse ultima) della stessa di metterci in comunicazione con “l’altro”, di penetrare attraverso essa nel buio misterioso della sofferenza. La scrittura sembrava essere l ‘unica possibile via d’uscita rispetto all’annientamento totale: “l'uomo vive come un verme, ma scrive come gli dei”, dice all’inizio del romanzo Keserù, l’alter ego di Kertèsz, che è innanzi tutto, anche in questo libro, alla costante ricerca del senso del dolore, il senso della vita dopo Auschwitz e la Shoa, che non è una questione tra ebrei e tedeschi, niente affatto. E’ una cosa che ci riguarda tutti. “Ad Auschwitz – dice Kertèsz - sono crollalati in modo spettacolare i valori europei. L'Olocausto non è un unicum, un infortunio inspiegabile, che è successo senza una storia che l'abbia preceduto e l'abbia seguito. Se si studia questa pre-storia si capisce che non è un evento inaspettato. Le sue radici sono nel nostro modo di vivere, come le dittature del ventesimo secolo. Nessuno è innocente”. .

Nessuno è innocente, neppure Keserü, che vuol dire “amaro”, amaro come un caffè o il sapore che resta in bocca guardando disorientati la Storia umana. ”Liquidazione” fa seguito a “Essere senza destino”, “Kaddish per un bambino non nato”, “Fiasco”, un unico grande mosaico sull'inferno della modernità, sul kistsch che impesta tutto, non risparmia niente e nessuno, neppure Auschiwitz.

Il bisogno di autenticità che Kertesz ha invocato in una recente intervista si rispecchia nella scelta di Bi, lo scrittore dissidente suicida della vicenda , di non scrivere la sua impossibile storia perché "non si può”. "In Occidente si è sviluppato un conformismo dell'Olocausto, un canone, come un corrispondente linguaggio cerimoniale. Un kitsch alla Spielberg".

E’ “anche” un romanzo alla ricerca di parole, costruito a incastri, per frammenti, una specie di scatole cinesi, che mescola finzione, autobiografia, registri narrativi diversi (dall'epistola al dialogo teatrale, ai versi ), che frantuma i personaggi come fossero luci di un prisma, mettendo in discussione il concetto stesso di realtà, una realtà in cui tutto è in “Liquidazione”: la fine di una casa editrice, la fine di un regime, la fine della vita di uno scrittore. E si procede per flashes back, come un giallo, che non ha per scopo la ricerca di un colpevole, ma le colpe metafisiche dell'umanità. E’ una metafora del nostro tempo fatto di “crolli” di valori, crolli continui e incessanti. Ma a ben vedere, è anche un atto di coraggio ad occhi aperti e asciutti, nell’accettazione della realtà – nuda e cruda – della nostra società, della nostra incapacità di fraternità, della nostra “amarezza del vivere”. L’amaro Keserù, è un redattore editoriale investigatore, una sorta di Sherlock Holmes che deve scoprire il perché dell’atto definitivo del suo amico Bi, scrittore dissidente reduce da Auschwitz, che si e' suicidato dopo aver scritto un dramma con lo stesso titolo, “Liquidazione”, i cui personaggi sono lo stesso Keserù, Sara, Kurti e Oblath, tutti intellettuali e amici di Bi, le cui storie s’intrecciano fra loro in modo trasversale.

Keserù è convinto, anzi ne è certo, che Bi abbia lasciato, oltre il testo teatrale, anche un “romanzo” inedito, l’opera più importante della sua esistenza, l’opera che dovrebbe far luce sulla sua morte, ma che non si trova tra le poche carte rimaste, che Keserù e' riuscito a sottrarre prima dell'arrivo della polizia. Il romanzo, sapremo alla fine, effettivamente c’era, ma e' stato bruciato dalla ex moglie di B., Judit, secondo i suoi ultimi desideri, è stato ridotto in cenere come le persone che entravano nei campi di sterminio, dove lui stesso era rimasto segnato per sempre e dove ora – constata la stessa Judit prima di bruciare il manoscritto – i turisti vengono scippati da abili borseggiatori che approfittano della loro commozione. Il mondo, dunque, è talmente crudele che può essere comico, grottesco, irredimibile. Tutti i personaggi della commedia sembrano vivere in un mondo immobile, le loro esistenze sono sospese, senza passato e senza avvenire. “Conservano soltanto il ricordo nebuloso della lotta, di come si sono slanciati ogni giorno per arrampicarsi vanamente sulle mura ritenute insuperabili, a quattro zampe come i cani; fino a che un giorno improvvisamente - chissa' come - la resistenza e' cessata, e loro si sono improvvisamente trovati nel nulla, in un nulla che, nel loro primo stupore, hanno immaginato fosse liberta' “.

Kertesz con coscienza lucidamente disperata ci parla della vanità, ossia delle fondamenta della nostra esistenza attuale e della inutilità dei valori più autentici, ai quali alcuni di noi tentano ancora di afferrarsi; la coscienza quindi di quel nucleo originario di angoscia, connesso al fatto stesso di esistere, che non può essere storicizzato, che non può essere attenuato e che è alla base della inevitabile infelicità dell’uomo. «La vita – lascia scritto Bi. nelle sue carte, - è un immenso campo di concentramento / che Dio ha messo su per gli uomini sulla terra / e che l’uomo ha poi sviluppato / sino a farlo divenire un campo di sterminio per l’uomo./ Suicidarsi corrisponde / a fregare quelli che stanno di guardia /...La conclusione è la solitudine, abissale, insuperabile, disperata e il senso di una stanchezza infinita pietà verso se stessi, un attesa rassegnata della morte. “La mia gloria non importa a nessuno”. Si può imparare che morire è una cosa difficile, ma forse vivere è ancora più difficile.
Il romanzo, scritto in modo mirabile, è tragico e ironico, comico e irriverente al tempo stesso. Non si conclude con una resa al pessimismo. “È la scelta orgogliosa del nulla, al cospetto della ridondanza troppo becera della modernità."

Levi aveva detto che l’umanità, il mondo si stavano disfacendo e che dopo i lager l’uomo non poteva essere altro che ectoplasma, anzi che nulla è vero all’infuori del lager, Kertèsz va oltre e ci dice che la vita stessa è diventata un immenso lager che riguarda tutti. “Questo libro – scrive il “Suddeutsche Zeitung” – non tratta tanto della vita, quanto, piuttosto, di come si rimane in vita “.

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti sono moderati e controllati quotidianamente.
Tutte le opinioni sono benvenute. E' gradita la pacatezza.

Vicenza Jazz XXVIII Edizione 13-19 maggio 2024

                                        Vicenza Jazz                                          XXVIII Edizione 13-19 maggio 2024     ...