Le mille maschere di Gioacchino Rossini
di Augusto da San Buono “Il fatto è, caro amico, che Rossini era un bipolare, come tanti altri geni “- mi dice il maestro Luigi Solidoro, che si è appena esibito al pianoforte con alcune ouvertures rossiniane. “Ma , in fondo, - ammicca sorridente - non siamo un po’ tutti bipolari?”. Beh, in effetti viviamo un po’ tutti costantemente “in bilico”, come il protagonista di un celebre romanzo di Saul Bellow, tra euforia e apatia, tra gioia e disperazione, siamo il giorno e la notte, l’estate e l’inverno, l’infanzia e la vecchiaia, l’esaltazione e l’abbattimento, con tutte le infinite gradazioni. Poi un giorno il cervello fa clic e tu cominci a sprofondare verso il nulla. Come capitò a Rossini, probabilmente dopo la morte della madre, Anna, che adorava. Il suo Mosè trionfava a Parigi, il pubblico lo reclamava con un uragano di applausi e lui, nell’inchinarsi, piangeva e mormorava: “Ma lei è morta”. Una sofferenza devastante che lo condusse sull’orlo della demenza. A distanza di un anno Rossi...