05 novembre 2013

Il Duecento letterario nel Norditalia


Piccolo viaggio nella letteratura italiana

Secondo Francesco De Sanctis il Norditalia letterario del Duecento avrebbe avuto solo, e di sfuggita, il rimatore veneto Giacomino da Verona; c'è stato però chi, non senza velata polemica, ha voluto smentire il grande maestro romantico dedicando una sessantina di buone pagine sia a Giacomino che agli altri autori settentrionali del XIII secolo.

Onestamente non me la sento di biasimare chi ha voluto meglio approfondire questa parte della nostra storia letteraria, la quale merita di essere sottolineata anche se, ed è questa opinione di quei medesimi studiosi che l'hanno fatta emergere dall'ombra, si tratta con evidenza di una letteratura minore, la quale non è riuscita (anche perché raramente si è sforzata di farlo) ad uscire dal taglio popolare e didattico che la contraddistingue. Altre parti della penisola ebbero, contemporaneamente agli autori lombardi e veneti, una letteratura secondaria: a Bologna e a Firenze però gli autori minori andarono a costituire una fruttuosa transizione, oppure si caratterizzarono per un genere (ad esempio quello comico o burlesco), mentre al nord il Duecento resterà piuttosto piatto, se non per alcuni spunti non banali che vedremo.

Nella zona del pavese l'autore popolare più importante del tempo fu Pietro da Bescapè, che nel 1274 concluse il suo “Sermone” dove descrisse la storia del mondo.

Più attiva è Cremona, che all'inizio del secolo vede operare contemporaneamente il notaio Girardo Patecchio ed il rimatore Uguccione da Lodi: il primo, dedito ad argomenti morali, è autore dello “Splanamento de li proverbi di Salomone” e delle “Noie”; il secondo è invece autore del “Liber”, un poemetto sulla giustizia divina.

Anche Genova fa la sua parte con un notaio autore di quasi duecento poesie in lode della città, l' “Anonimo genovese”, così detto perché, nonostante sia certa la sua partecipazione alla vita pubblica dell'urbe, la sua precisa identità ci è ancora oggi sconosciuta.

Non del tutto trascurabili sono poi alcuni altri componimenti anonimi: la storia di “Rainaldo e Lesengrino” (una volpe ed un lupo) è ad esempio il rifacimento italiano del francese “Roman de Renart” di Pierre de Saint-Cloud; a Bologna uno 'zibaldone' di letteratura (che contiene anche versi di Dante) fu studiato dal Carducci: è costituito dai cosiddetti “Memoriali bolognesi” (322 volumi iniziati nel 1265 ed attualmente custoditi presso l'Archivio di Stato): si tratta di atti notarili nei quali le rime sono introdotte per riempire la pagina ed evitare quindi manomissioni, ultimo esempio quest'ultimo del grandissimo debito contratto, nei secoli, dalla nostra letteratura nei confronti dell'ordine notarile.

Ancora un cenno a un testo di autore incerto, sempre studiato dal Carducci, lo dobbiamo al cosiddetto “Serventese romagnolo” che è ritenuto, sia pur frammentariamente, una delle fonti storiche e poetiche della Commedia di Dante.

All'Alighieri sono poi anche tematicamente legati i due principali poeti del tempo: lo scaligero Giacomino, di cui abbiamo già detto, ed il milanese Bonvesin de la Riva, che più degli altri può dare interesse ai lettori; fra' Giacomino è autore in dialetto veronese del “De babilonia civitate infernali” (l'inferno di Babilonia) e del “Jerusalem celesti” (la Gerusalemme celeste), ispirate all'Apocalisse ed alla letteratura francescana, mentre del Bonvesin è il “Libro delle tre scritture”, anch'esso poema volgare che descrive l'oltretomba e che, fatta salva la lezione di Virgilio, può essere stato uno spunto per Dante, sempre che si possa ammettere per il poeta fiorentino una adeguata conoscenza del veronese e del milanese del tempo.

Bonvesin, che si fregiava del titolo di “doctor in gramatica”, fu quel che oggi si direbbe un professore privato e merita due parole aggiuntive: la più interessante delle sue opere in latino è infatti per noi “Le meraviglie di Milano”, uno sperticato elogio della città, che secondo l'autore sarebbe stata un tempo custode delle reliquie dei Re Magi. Tra le acque 'limpidissime' delle periferie del capoluogo lombardo Bonvesin ricorda anche il “Lago di Bobbiate” e (!) “il fiume della valle di Marchirolo”.

 
Antonio di Biase

Bibliografia:
  • Storia della letteratura italiana” di E. Cecchi e N. Sapegno, Garzanti, 2001).
  • Le meraviglie di Milano” di Bonvesin de la Riva, tradotto da Giuseppe Pontiggia, Bompiani, 2010, Collocazione S.III.9471 della biblioteca di Varese.

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