02 agosto 2013

Profili d'artista: Michelangelo Merisi da Caravaggio

Il carattere impulsivo, irascibile e violento di Caravaggio è ciò che più facilmente si ricorda di lui nella sua biografia ed è forse anche, si può fare questa ipotesi verosimile, ciò che maggiormente spinse i primi ammiratori della sua arte a proteggerlo e ad incoraggiarlo come uomo-artista che stava facendo un percorso particolarmente interessante. Nessuno può infatti portare fuori di sé, nell'arte come in qualunque attività, ciò che non ha dentro, e tuttavia per il Merisi questa corrispondenza tra il tormento dell'uomo ed il forte chiaroscuro che caratterizzò molti dei suoi dipinti apparve molto presto evidente.

Nato a Caravaggio (nei pressi di Bergamo), o forse a Milano, Michelangelo era figlio di un architetto ma, morto il padre, era stato avviato all'arte con un contratto presso la bottega meneghina di Simone Peterzano; quest'ultimo era un pittore manierista di un certo valore che ci ha lasciato tra l'altro degli affreschi nella Certosa di Garegnano (quella che dà il nome al noto viale milanese) e che si considerava un allievo del Tiziano.

Molto poco si sa del Merisi, a parte il praticantato in bottega, fino a circa i vent'anni, quando lo troviamo a Roma al servizio di due personaggi di massimo livello, il cardinale Del Monte che lo ospitò e, uno dei più importanti mecenati del tempo, il marchese Vincenzo Giustiniani, proprietario dell'omonimo palazzo oggi sede della Presidenza del Senato.

Fino a quel momento il giovane Caravaggio era rimaso molto legato all'arte di maniera che gli era stata insegnata, la quale per la verità andava per la maggiore anche nella Roma del tempo: è stato fatto notare che le tele più rappresentative di questo primo periodo ritraggono spesso soggetti “di pretesto”, sono cioè elaborazioni di nature morte dove il tema principale del dipinto rimane il liuto, piuttosto che la canestra di frutta o il calice; non c'è quindi ancora l'espressività barocca che comincerà di lì a poco con L'estasi di San Francesco o più marcatamente con la Testa di Medusa e il Giuditta e Oloferne. Altre opere avevano poi destato scandalo perché, anche se il venticinquenne Merisi era già considerato un maestro di realismo, i soggetti erano troppo calati nella realtà e nelle situazioni popolari per poter considerare l'artista adatto dipingere nei palazzi romani: esempi di queste opere sono Il baro e La buona ventura. I modelli e le modelle scelti da Caravaggio, inoltre, spesso non erano esempi di finezza: si è giunti a parlare di omosessualità per Il fanciullo morso da un ramarro, e di prostituzione per Ritratto di una giovane donna dove per il Merisi posa il suo soggetto femminile preferito, Fillide Melandroni, amica sua e di altri. Si arriverà, qualche anno dopo, a vociferare sull'utilizzo di un cadavere già rigonfio come modello per La morte della Vergine.

A Roma tuttavia, nel 1597, il Merisi riceve per intercessione del Del Monte il suo primo incarico di rilievo per la decorazione con tre enormi tele della Cappella Contarelli nella chiesa di San Luigi de'Francesi. La vicenda è curiosa perché come noto esistevano due diverse versioni del San Matteo e l'Angelo: la prima versione di questo dipinto era stata rifiutata dai frati carmelitani perché l'immagine di Matteo era stata giudicata troppo profana. L'opera era stata allora acquistata, su suggerimento di Rubens, dal marchese Giustiniani per la propria collezione: essa, finita dopo varie vicissitudini a Berlino, è andata purtroppo distrutta in un incendio nel 1945.

Il lavoro in San Luigi è comunque quello che consacra il Caravaggio alla storia: in particolare La vocazione di San Matteo è da considerarsi da un lato l'inizio di un nuovo modo di dipingere, caratterizzato oltre che dal già conosciuto schietto realismo dell'artista, anche da un utilizzo direzionale della luce in ambienti tetri che assegna alla medesima un valore di ricerca spirituale (ed a tratti di misticismo), dall'altro proprio per quanto appena detto le tele su Matteo rappresentano una sorta di vera e propria iniziazione spirituale per il Merisi: da questo momento in poi si parlerà di lui, a seconda dei gusti, di “pittore delle tenebre” piuttosto che di “artista della luce” ed è ancora oggi piuttosto difficile catalogare la sua maestria, tanto è vero che si è finito per parlare semplicemente di arte di Caravaggio per lui che è stato oggettivamente un maestro, nonché più genericamente di 'caravaggismo' per i suoi imitatori che, buoni e cattivi, sono stati moltissimi nella prima metà del Seicento. Con il lavoro alla Contarelli nasce dunque il genio di Caravaggio, diventato poi mito non tanto per il lungo lavoro svolto nei circa vent'anni dell'attività matura, quanto piuttosto per le peripezie di un temperamento singolare ed a tratti violento: liti, risse ed almeno un omicidio portarono infine il Merisi a vagabondare, perchè inseguito dalla giustizia, fra Napoli, Malta e la Sicilia, per poi finire i suoi giorni distrutto dalla malaria sulla spiaggia di Porto Ercole, la cittadina toscana che oggi ha voluto intitolare all'artista bergamasco proprio la strada litoranea.

Il discorso sul caravaggismo è però interessante perché, a differenza del suo diretto antagonista nella Roma artistica del tempo, il classicista Annibale Carracci, il Merisi non ebbe una vera e propria scuola, anzi è persino dubbio che egli abbia mai avuto giovani di bottega ai quali insegnare direttamente la propria arte. Inoltre, col caratteraccio che aveva, si può ipotizzare non fosse esattamente semplice averlo come maestro.

Caravaggio tuttavia ha fatto scuola e - è stato fatto notare - non ha lasciato un segno perché insegnava, secondo i costumi manieristi del tempo: ha fatto invece scuola perché studiava. “La maniera – diceva il fine intenditore marchese Giustiniani – è ciò che l'artista ha di suo senza alcun modello di riferimento”. C'era, alla fine del Cinquecento, un modo per dipingere le spalle, un modo per fare le mani, un'espressività canonica per ogni situazione: tutte le spalle, le gambe, i volti, avevano qualcosa in comune per il modo in cui venivano rappresentate sulla tela; Caravaggio invece non era così, studiava un suo modo di dipingere e questa cosa, rivoluzionaria, se non scandalizzava certamente sconcertava l'osservatore.

Rudolf Wittkower ha sostenuto, condividendo nel Novecento il giudizio di molti che “né Rubens, né Rembrandt, Velázquez e Vermeer si sarebbero evoluti in tal tenso se non avessero avuto la trasfusione del sangue di Caravaggio”. In Italia la lista dei caravaggisti non è poi meno lunga: Jusepe de Ribera sarà un caposcuola a Napoli, ma poi ci sono Orazio Gentileschi da Pisa, il romano Orazio Borgianni, Bartolomeo Manfredi da Mantova, Carlo Saraceni da Venezia, ancora da Napoli Giovanni Battista Caracciolo. Tra i romani adottivi c'è anche il ticinese Giovanni Serodine, autore del San Lorenzo distribuisce le elemosine.

Vanno infine annoverati gli epigoni minori ed i pittori polemici, come il più acerrimo nemico del Caravaggio, Giovanni Baglione, autore de L'amore sacro soggioga l'amore profano, in contrapposizione artistica a l' Amore terreno del Merisi.

Per ultimi citiamo, a titolo di rispetto per la storia dell'arte più ancora che per la critica, gli studi sul Merisi di inizio Novecento dovuti a W. Kallab e V. Saccà, quelli di L. Venturi e soprattutto la figura di Roberto Longhi, lo studioso che ha ridato Caravaggio al grande pubblico dopo tre secoli di oblio, fortemente volendo la mostra a lui dedicata a Milano nel 1951.



Il catalogo di Caravaggio secondo L. Venturi (1963)


Dove possibile sono stati utilizzati i link alle gallerie che attualmente possiedono i dipinti, sono stati escluse le copie di originali perduti: Ragazzo con caraffa di fiori, Il fanciullo che monda una pera, L'incredulità di San Tommaso, La cattura di Cristo.
Anche se una cernita dei siti web è stata fatta, si lascia al lettore la verifica dei testi associati alle immagini.
L'ultimo controllo dei link è avvenuto il 30 luglio 2013.
Antonio di Biase

Bibliografia:

  • Lionello Venturi – "Il Caravaggio" – De Agostini - 1963 – Coll. B.VI.5792 – Biblioteca Civica Varese.
  • Rudolf Wittkower – "Arte e architettura in Italia, 1600-1750" – Einaudi – 1972 – Coll. A.III.6893 – Biblioteca Civica Varese.
  • Stefano Zuffi – "Caravaggio" – Electa – 1994 – Coll. D.III.5544 – Biblioteca Civica di Varese.
  • Gilles Lambert – "Caravaggio" – Taschen – 2001 – Coll. A.III.8707 – Biblioteca Civica di Varese.

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