23 luglio 2013

Profili d'artista: Tommaso Rodari da Maroggia

Cattedrale di Como - Porta della Rana, particolare

Maroggia, il borgo lacustre ticinese a due passi da Campione d'Italia ed oggi forse noto soprattutto per l'omonimo mulino, ha un antico passato degno di nota, sebbene molto poco conosciuto ai più, per aver dato i natali ad una delle più importati famiglie di scultori ed architetti lombardi a cavallo tra Quattro e Cinquecento.

I Rodari, il cui capostipite fu il tagliapietra Giovanni, ebbero i loro massimi esponenti in Giacomo e soprattutto in Tommaso, che fu con ogni probabilità uno dei migliori allievi di Giovanni Antonio Amadeo nel cantiere della Certosa di Pavia.

Proprio il nome altisonante dell'Amadeo, illustre maestro dal quale ad un certo punto l'allievo si discosta, sarà destinato ad essere usato un po' da tutta la critica come pietra di paragone per il valore architettonico e scultoreo dell'opera lasciata nella cattedrale di Como (e non lì solo) dal Magister Thomas da Maroxia, come si legge nei libri paga della fabbrica del duomo, compilati dal gennaio 1484 al giugno 1526 e riportati dal Monti nel suo volume pubblicato nel 1922, per la diocesi lariana. Non è certamente sbagliato confrontare l'allievo col maestro, anzi, è stato proprio questo primitivo studio a far comprendere che la tecnica scultorea di Tommaso e dei suoi fratelli, per i quali gli elementi biografici sono pochi, è figlia del cantiere pavese; tuttavia, ricorda nel 1952 la Perer nel suo saggio per l'Università di Milano, è pericoloso ed addirittura fuorviante confrontare l'opera di un finissimo decoratore come l'autore della Cappella Colleoni con quella del suo figlioccio d'arte Tommaso Rodari, scultore certamente più tozzo, ma architetto valente ed alla continua ricerca di una forma compiuta nello spazio per i vari elementi della costruzione.

Si diceva del Duomo di Como: qui Tommaso entra come 'statuario' nel 1484, nell'85 è indicato già con il titolo di maestro e nell'87 viene nominato “architetto ed ingegnere generale della fabbrica”, prendendo dunque a cuore un'opera che lo terrà impegnato, non senza diverse parentesi, per oltre quarant'anni.

Qui, a Como, gli sono attribuiti in particolare, oltre ai disegni generali e la direzione dei lavori nel tempio, le cinque statue entro nicchie cuspidate che sovrastano l'ingresso e le statue dei Plinii ai lati della facciata. Pure di Tommaso e Giacomo sono le porte laterali della cattedrale, in particolare le decorazioni della porta meridionale, nonché della più maestosa porta settentrionale, detta “Porta della rana”, firmata dai fratelli di Maroggia con i nomi “Thomas” e “Ja”, presumibilmente nel 1509.

Sempre nel tempio lariano i Rodari avevano precedentemente eretto e decorato gli altari dell'Addolorata, di Santa Lucia e di Santa Apollonia, tra il 1489 ed il 1493.

Il tempio di Como è importante, tornando al discorso del confronto con l'opera del maestro pavese, perché – ricorda la Perer - “l'Amadeo fu soprattutto ed anzitutto decoratore […] La prima impressione che si prova entrando nel Duomo di Como è invece che tutto sia teso verso una ricerca di organicità ed unità, che scultura ed architettura siano potenziate nei loro singoli mezzi espressivi e formali”.

A questo proposito può essere interessante visitare, a Busto Arsizio, in provincia di Varese, la Chiesa di Santa Maria di Piazza: qui a Tommaso da Maroggia vengono attribuiti almeno i due portali, come ricorda il Bondioli nell'opuscolo del 1929 gelosamente custodito dalla Biblioteca comunale, il quale opuscolo contiene anche delle belle foto a banco ottico dei portali medesimi, con le decorazioni pittoriche ancora presenti in quegli anni.

In Santa Maria di Piazza, inoltre, è visibile la scultura che (complice la chiesa più piccola) a mio giudizio caratterizza meglio il Rodari nel suo rapporto con lo spazio: si tratta di un' “Annunciazione”, opera in pietra stimata al 1522. L' “Annunciazione” fa comprendere, e la Perer sarebbe d'accordo con noi, che a Tommaso Rodari manca completamente l'ansia del vuoto decorativo che caratterizzava l'Amadeo, il quale non si sarebbe mai sognato di realizzare una scultura come questa: lineare nell'unione dei suoi elementi protagonisti (la Vergine e l'Angelo), ma anche in una qualche misura 'monca' se non messa in relazione all'ambiente in cui è posta, poiché l'elemento architettonico del rosone che la sovrasta (quello del portale meridionale del tempio) la condiziona. In questo Tommaso è maestro, nel dare all'opera un significato ambientale, una “forma” che la contiene e la esprime pienamente nello spazio.

Tra le opere maggiori di Tommaso va certamente annoverato anche il progetto della Chiesa Collegiata di Bellinzona (1513-14), tra le minori invece ricordiamo la Porta dietro il Battistero a Mazzo (alta Valtellina, 1508) ed il Portale della Chiesa di San Lorenzo e dell'Assunta a Morbegno (1515).

Dubbia infine, perché citata da fonti serie ma non avvalorata da riferimenti accademici, e sopratutto perché sembra proprio un'altra mano, è l'attribuzione a Tommaso di un lavoro in squadra per la facciata della Cattedrale di San Lorenzo a Lugano. Più facile credere a coloro che attribuiscono il lavoro all'Amadeo o comunque alla scuola a lui più vicina nei primi anni del Cinquecento.
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Antonio di Biase

Bibliografia:

  • M.L. Perer - “Aspetti della scultura lombarda – Tommaso Rodari” - Università degli studi di Milano – 1953. Sola consultazione OP.D.2837 – Civica Biblioteca d'Arte del Castello Sforzesco – Milano.
  • Pio Bondioli – “Tommaso Rodari a Busto Arsizio” - opuscolo in sola consultazione presso la Biblioteca comunale di Busto Arsizio – 1929.
  • La voce 'Rodari' in Enciclopedia Italiana (1936).

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