06 novembre 2008

Versi, rime, strofe e forme metriche della poesia italiana

Il verso è una successione di sillabe composta seguendo un certo criterio. Le sillabe che compongono il verso sono distinguibili in toniche (se hanno l’accento) ed atone se ne sono prive: sulla base di questo le parole che compongono i versi vengono distinte in: ossitona se ha l’accento sull’ultima sillaba; parossitona se ha l’accento sulla penultima sillaba; proparossitona (o sdrucciola) se ha tonica la terzultima; bisdrucciola con l’accento sulla quartultima sillaba.
Poiché nella metrica italiana ciò che conta è la sillaba tonica, la classificazione dei versi segue il criterio dell’ultima sillaba accentata, permettendosi di trascurare ciò che viene dopo l’ultimo accento.
Seguendo questo criterio è facile classificare come endecasillabo un verso composto da undici sillabe, nel quale la decima sia l’ultima tonica; in pratica l’ultima sillaba atona non viene considerata dal punto di vista metrico. Analogamente un decasillabo è composto da dieci sillabe, delle quali l’ultima tonica è la nona. Ottonario, settenario, senario, quinario, quadrisillabo, ternario e binario sono costruiti nello stesso modo: ci sono certo consolidate consuetudini sulle sillabe precedenti l’ultima, ma solo l’ultima tonica dà il nome e classifica il verso.

Sempre alle sillabe ed ai loro accenti è legato il discorso a riguardo delle rime, le quali sono identità di suoni nella parte finale delle parole, là dove è ubicata la vocale tonica. Nella lingua italiana le più frequenti sono:
rima baciata: AA BB CC
rima alternata: ABAB CDCD
rima incrociata o chiusa: ABBA CDDC
rima incatenata o terza rima: ABA BCB CDC
rima ripetuta: ABC ABC

Esistono poi rime per le quali la corrispondenza non è perfetta. Se la parte finale di due parole presenta vocali uguali, ma diverse consonanti, si parla di assonanza (ad esempio cane/sale), mentre di consonanza si parla quando le consonanti sono uguali e le vocali diverse (esempio sento/punto). Queste rime sono dette imperfette.

Le strofe sono le unità ritmico-metriche di un testo poetico. Una strofa è composta da più versi i quali, disposti in un certo modo, prendono nomi particolari. Nella lingua italiana le strofe più comuni sono il distico (due versi a rima baciata), la terzina (tre versi a rima incatenata), la quartina (quattro versi in rima), la sestina (sei versi in rima), l’ottava (sei a rima alternata e gli ultimi due a baciata).

Tra le principali forme metriche della letteratura italiana è opportuno ricordare in fine la canzone, la sestina lirica, il sonetto, la ballata ed il madrigale.

La canzone è una lirica composta da più stanze indipendenti. Ciascuna stanza è composta da due parti: una è detta fronte, a sua volta suddivisa in due piedi i quali hanno identico numero di versi e stessa rima; la seconda parte della canzone è invece detta sirma, che è talora suddivisa in due volte. Il settimo verso è la cosiddetta chiave della stanza.
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Esempio di analisi del testo di una canzone, dal Canzoniere di Petrarca CXXVI, I stanza:

Chiare, fresche et dolci acque, inizio del I piede e della fronte
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna; fine del I piede (rima a-b-c)
gentil ramo ove piacque inizio del II piede
(con sospir' mi rimembra)
a lei di fare al bel fiancho colonna; fine del II piede e della fronte (a-b-c -a-b-c)
herba et fior' che la gonna chiave
leggiadra ricoperse inizio della sirma
co l'angelico seno;
aere sacro, sereno,
ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:
date udienzia insieme
a le dolenti mie parole extreme. fine della sirma (rima c-d-e-e-D-f-F)
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La sestina lirica è una forma di canzone di origine provenzale introdotta da Dante nella nostra letteratura, composta da 6 stanze di 6 endecasillabi ciascuna, più tre versi finali. La struttura è complessa per l'assenza di rima all'interno delle singole stanze; la rima, in questa particolare forma metrica, è garantita da sei parole rima che vengono introdotte nella prima stanza secondo il semplice schema sequenziale ABCDEF. Il sistema della retrogradatio cruciata (retrogradazione incrociata) garantisce che la la parola rima F (l'ultima della prima stanza) sia presente come rima nel primo verso della seconda stanza. L'ultima rima della II stanza dovrà corrispondere alla prima rima della III stanza e così via fino alla VI stanza. In pratica l'ultimo verso di ogni stanza è in rima baciata (sebbene impropria perché coincidente) con il primo verso della stanza successiva.
I tre versi finali devono comprendere tutte e sei le parole rima, tre alla fine del verso, tre all'interno.

Si capisce meglio con un esempio, come in Canzoniere di Petrarca LXVI:
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L'aere gravato, et l'importuna nebbia
compressa intorno da rabbiosi vènti
tosto conven che si converta in pioggia;
et già son quasi di cristallo i fiumi,
e 'n vece de l'erbetta per le valli
non se ved'altro che pruine et ghiaccio. fine prima stanza

Et io nel cor via piú freddo che ghiaccio
ò di gravi pensier' tal una nebbia,
qual si leva talor di queste valli,
serrate incontra agli amorosi vènti,
et circundate di stagnanti fiumi,
quancio cade dal ciel piú lenta pioggia. fine seconda stanza

In picciol tempo passa ogni gran pioggia,
e 'l caldo fa sparir le nevi e 'l ghiaccio,
di che vanno superbi in vista i fiumi,
né mai nascose il ciel si folta nebbia
che sopragiunta dal furor d'i vènti
non fugisse dai poggi et da le valli. fine terza stanza

Ma lasso, a me non val fiorir de valli,
anzi piango al sereno et a la pioggia
et a' gelati et a' soavi vènti:
ch'allor fia un dí madonna senza 'l ghiaccio
dentro, et di for senza l'usata nebbia,
ch'i' vedrò secco il mare, e' laghi, e i fiumi. fine quarta stanza

Mentre ch'al mar descenderanno i fiumi
et le fiere ameranno ombrose valli,
fia dinanzi a' begli occhi quella nebbia
che fa nascer d'i miei continua pioggia,
et nel bel petto l'indurato ghiaccio
che tra del mio sí dolorosi vènti. fine quinta stanza

Ben debbo io perdonare a tutti vènti,
per amor d'un che 'n mezzo di duo fiumi
mi chiuse tra 'l bel verde e 'l dolce ghiaccio,
tal ch'i' depinsi poi per mille valli
l'ombra ov'io fui, ché né calor né pioggia
né suon curava di spezzata nebbia. fine sesta stanza

Ma non fuggío già mai nebbia per vènti,
come quel dí, né mai fiumi per pioggia,
ghiaccio quando 'l sole apre le valli.
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Quando lo schema di cui sopra è ripetuto due volte si parla di sestina doppia.
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La più nota delle forme metriche è il sonetto, composto da due quartine e due terzine di endecasillabi.
Se ne distinguono in generale due tipologie: quella più antica, detta lentiniana perché adottata da Giacomo da Lentini, utilizza la rima ABAB ABAB per le quartine, e la CDC DCD per le terzine. La forma stilnovistica invece, quella più nota, utilizza la rima ABBA ABBA per le quartine e la CDE CDE oppure la CDE DCE per le terzine.
La prima poesia del Canzoniere di Petrarca è un sonetto:
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Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond'io nudriva 'l core
in sul mio primo giovenile errore
quand'era in parte altr'uom da quel ch'i' sono, ABBA

del vario stile in ch'io piango et ragiono
fra le vane speranze e 'l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, nonché perdono. ABBA

Ma ben veggio or sí come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
di me mesdesmo meco mi vergogno; CDE

et del mio vaneggiar vergogna è 'l frutto,
e 'l pentersi, e 'l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno. CDE
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La ballata è costituita anch'essa da una o più stanze, ma è caratterizzata da un ritornello, detto ripresa, del quale almeno una rima è ripetuta alla fine di ogni stanza.
La CCCXXIV poesia del Canzoniere di Petrarca è una ballata, in questo caso costituita da un'unica stanza:

Amor, quando fioria inizio della ripresa
mia spene, e 'l guidardon di tanta fede,
tolta m'è quella ond'attendea mercede. fine della ripresa
Ahi dispietata morte, ahi crudel vita! inizio I stanza
L'una m'à posto in doglia,
et mie speranze acerbamente à spente;
l'altra mi tèn qua giú contra mia voglia,
et lei che se n'è gita
seguir non posso, ch'ella nol consente.
Ma pur ogni or presente
nel mezzo del meo cor madonna siede,
et qual è la mia vita, ella sel vede ultimi due versi in rima con gli ultimi due della ripresa
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In fine il madrigale è un componimento breve composto da un numero variabile di terzine, da due a cinque, conclusa però da un distico, o più raramente da un verso isolato o ancora da una coppia di distici.
La LII poesia del Canzoniere di Petrarca è un madrigale:

Non al suo amante piú Dïana piacque,
quando per tal ventura tutta ignuda
la vide in mezzo de le gelide acque, fine prima terzina
ch'a me la pastorella alpestra et cruda
posta a bagnar un leggiadretto velo,
ch'a l'aura il vago et biondo capel chiuda, fine seconda terzina
tal che mi fece, or quand'egli arde 'l cielo, inizio del distico finale
tutto tremar d'un amoroso gielo.
 

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Fonte: Liberamente tratto da una lezione di letteratura italiana presso l'università degli studi del Piemonte orientale. Vercelli, 2008
Autore: A. di Biase
Revisioni:  02-02-13
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4 commenti:

  1. Ciao Tonino,

    complimenti per il tuo blog, non lo conoscevo.
    Questo articolo sui versi, le strofe e le rime è davvero un ottimo riassunto per chi vuole ripassare bene la lingua italiana.

    Al prossimo articolo!

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    1. Anonimo21:56

      Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  2. Questo post è stata la mia più grande soddisfazione su Insubria Critica. E' ancora oggi una delle prime voci di Google su questo argomento. Probabilmente, ma andrebbe verificato, raccoglie da solo un centinaio di visite uniche al mese, nonostante il tema non sia dei più semplici e fruibili sul web.

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  3. ne sono davvero felice!!! Miriam Ballerini

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