24 ottobre 2008

Letteratura: Dante: "Rime"

  Con il generico titolo di “Rime” di Dante (1283-1308) si può intendere e nei fatti si intende tutto quel frutto poetico che non rientra nella produzione maggiore del poeta fiorentino.
La catalogazione non è semplice perché, fatta eccezione per le liriche dedicate a Beatrice, le quali sono confluite nella “Vita Nuova”, le poesie di Dante non sono state riordinate dall’autore, come avvenuto per esempio con il “Canzoniere” di Petrarca: molte di esse non hanno titolo, né data, né contesto preciso. Le rime non sono dunque un’opera, ma un prodotto della critica postuma, la quale ha voluto giustamente valorizzare e catalogare tutti gli scritti di Dante
Un riordinamento sufficientemente coerente le vorrebbe suddivise in ‘dottrinali’, ‘ingiuriose’, ‘petrose’ (così dette secondo la definizione di Vittorio Imbriani, perché fanno riferimento ad una donna detta ‘Pietra’, fredda e insensibile) e ‘morali’.
Alle “Rime” appartiene certamente la prima produzione di Dante, nella quale è rintracciabile secondo il Sapegno la canzone più impegnativa di quel periodo: “La dispietata mente”. Allo stesso tempo non vanno però dimenticati il grande influsso esercitato su Dante inizialmente dall’opera di Guittone, quindi dal Cavalcanti e dal bolognese Guido Guinizzelli, l’iniziatore dello Stilnovo. Il sonetto più famoso e probabilmente più bello del tempo e dunque “Guido i’ vorrei che tu”, se non altro per la capacità di suggestione nei confronti del lettore.

Dopo la morte di Beatrice (1290) si apre per la poesia di Dante una nuova fase che porterà alla stesura della Vita Nuova (1294-95). Simbolicamente questa fase può essere aperta dalla canzone “Ita n’è Beatrice a l’alto cielo”, dove per la prima volta Dante parla della morte dell’amata, un evento che lo troverà impreparato e quindi smarrito, accasciato dal lutto.
Non siamo ancora al periodo peggiore, sia perché la figura di Beatrice verrà di fatto sublimata e resa eterna dallo stesso Alighieri, sia perché ancora devono arrivare i giorni dell’esilio, ma certo si tratta di un fatto importante, che porta la vita di
Dante su un piano inclinato.

Una terza fase è poi quella posteriore alla “Vita Nuova”, dove la rima dantesca comincia a cambiare tema, passando dalla poesia cortese a quella morale e filosofica: un salto di qualità. In questo frangente, quello più maturo che precede il Trecento, non va dimenticata, anche per non scordare l’uomo ed affrancarlo così da una spessa patina agiografica che a sette secoli di distanza ricopre la sua figura, la tenzone in sei sonetti scambiati con Forese Donati: è ovviamente uno scontro burla fra due amici, ma il linguaggio è alquanto confidenziale, se non a tratti scurrile, a testimonianza di una preparazione classica e di un grande talento poetico che in Dante non si sono mai voluti discostare troppo da una vita ordinaria.
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Autore: A. di Biase
Revisioni: 08-02-13
Fonti:
La letteratura italiana (Edizione Corriere della Sera, Vol II, 2006)
Enciclopedia universale (Edizione Sole 24 ore, Vol. VII, 2006)
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