“RAGLI D’ASINO” DI CAPODIFERRO EGIDIO a cura di Vincenzo Capodiferro
“RAGLI D’ASINO” DI CAPODIFERRO EGIDIO
Poesia ermetica e concisa, densa e potente, compagna del dolore ogni tanto solleticata da qualche soffio di vento
“Ragli d’asino” è una silloge vincitrice al Faraexcelsior, pubblicata da Fara, Rimini 2025, dell’autore Capodiferro Egidio.
Classificata seconda ex aequo al Faraexcelsior con la seguente motivazione di Alessandro Pazzaglia: «Poesia ermetica e concisa, densa e potente. I versi riflettono la corrispondenza tra l’ambiente e l’anima di chi scrive, perseguendo note per lo più malinconiche e brulle… Più in là compaiono alcune poesie giocose, che completano il quadro rotto di un’esistenza dolceamara. Compagna di gioco del dolore ed ogni tanto solleticata da qualche soffio di vento, un rantolo di luce alla fine di ogni verso».
Nella notte pullulano le stelle,
non c’è più un desiderio che s’avvera…
I versi di Egidio, con una sottilissima ironia vitale, colorano di ottimismo stati d’animo spesso tendenti al pessimismo sconfinato. Si parla di ermetismo, un ermetismo esistenziale, che coglie attimi vaganti e fugaci, ove trovano espressione le più svariate emozioni. I titoli risultano versi incorporati che segnano una continuità con il componimento. Non si avverano più desideri perché non c’è più fede, non più sogno, anelito, aspirazione. È un mondo perso, che quasi stanco di guardare al futuro, dalle zattere della società liquida che sono le anime perse, guarda solo indietro. È la condizione dei già arrivati. Si guarda al mondo con animo vecchile.
Il corpo è raffermo sulla poltrona,
dallo schermo del presente
sul futuro non remo.
Anche qui si respira l’aria della flemmaticità del mondo giovanile. La vecchia generazione, quella dei figli dei fiori, era sanguigna, la nuova, quella del fior dei figli è flemmatica. Si alternano le generazioni come umori ippocratei. È attaccata agli schermi. È schermale, mentre i sessantottini si appropinquano a divenire sessantotteschi, come lampade liberty appollaiate ai lati dei sofà, ove sono seduti i re individui individualisti.
Piove sui vecchi lenti,
sui diari l’appunto triste,
piove sulle ruote
dei nostri pensieri circolari…
Un tempo si diceva bonariamente: – Piove, governo ladro! A differenza della “Pioggia” dannunziana, qui ci sovviene più un senso da “Quanno Chiove” di Pino Daniele. Così si comprende il raglio d’asino: si aspetta sempre che cambi qualcosa, ma non cambia niente. C’è immobilismo, il pensiero appunto circolare, come un nietzschiano eterno ritorno, un verghiano ciclo.
Porti un nome,
ma non sai
dove andare…
il buio ti conduce
e ogni passo
è un rantolo di luce.
Quello che diceva Alessandro nella motivazione: «… un rantolo di luce alla fine di ogni verso». La poesia, intesa nel senso più lato, cioè la greca creatività, non l’esecutività, è l’unico rantolo di luce nel buio esistenziale, nell’oceano nichilistico ove galleggiano e poi dolcemente muoiono - nel senso leopardiano - le anime. Nella fase dell’hegeliana morte dell’arte, allora proprio quest’arte ci ripropone la rinascita, o almeno la sua foscoliana illusione. Noi d’altronde siamo il paese dei rinascimenti e dei risorgimenti, cioè di un qualcosa che ritorna, ma non in senso ciclico, fatalistico e deterministico, ma in senso di novità: il nuovo che torna, il luminoso che si ripropone sempre in nuova forma, proprio come in un ungarettiano mattino.
Egidio Capodiferro vive in Basilicata e fa l’insegnante. Fin dalla più giovane età ha mostrato sempre interesse verso la letteratura, spaziando in vari campi: dalla poesia al teatro, dal racconto al romanzo. Ha già all’attivo differenti pubblicazioni, tra le quali si evidenziano, per la prosa poetica e la poesia: Acquerelli (Puntoacapo 2016), Maculae (Iemme 2018), Segmenti (Transeuropa 2019); per la narrativa: la raccolta di racconti Il figlio della fortuna (Italic Pequod 2017) e il romanzo Soliloquio di un folle (Cicorivolta 2017); per teatro: il testo in versi Piramo e Tisbe (Oèdipus Edizioni 2018).
Vincenzo Capodiferro
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