I TANTI MILIARDI PERSI DAL FISCO di Antonio Laurenzano
I TANTI MILIARDI PERSI DAL FISCO
di Antonio Laurenzano
Davvero impietosi i numeri della riscossione. Sono più di 22 milioni i contribuenti con una o più cartelle di pagamento per imposte e tasse non pagate, per un valore complessivo al 31 gennaio 2025 di 1.279,8 miliardi di euro. Scoppia il “magazzino” fiscale dei ruoli in carico all’Agenzia delle entrate-Riscossione. Il velo si è alzato in occasione dell’audizione alla VI commissione Finanze e Tesoro del Senato del direttore Vincenzo Carbone, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla gestione della riscossione e dell’esame parlamentare attualmente in corso del disegno di legge sulla rottamazione quinquies dei carichi fiscali.
L’operazione verità ha consegnato una fotografia a tinte fosche del carico contabile dei ruoli affidati all’Agenzia: l’84% di natura erariale, ossia proveniente da Agenzie fiscali (Agenzia delle entrate, Dogane e Monopoli, Demanio) o da Amministrazioni statali (Ministeri, Prefetture, ecc.), il 12 % da Inps e Inail, il 2% dai Comuni (tributi locali), il restante 2% da altre tipologie di enti impositori (Regioni, Casse di previdenza, Camere di Commercio, Ordini professionali). Variegata la platea dei debitori, molti i seriali. I contribuenti con debiti residui da riscuotere sono 22,3 milioni, di cui circa 3,5 milioni persone giuridiche (società, fondazioni, enti, associazioni), e i restanti 18,8 milioni persone fisiche, di cui 2,9 milioni con un’attività economica soggetta a IVA (artigiani, commercianti, liberi professionisti).
Le dolenti note, ha rilevato il direttore Carbone, sono connesse alla recuperabilità dei crediti. Del grosso stock di ruoli di pagamento in magazzino solo il 44,6%, cioè circa 570 miliardi di euro, hanno ancora qualche “aspettativa di riscossione”. Altri 541,36 miliardi, cioè il 42,3%, volatilizzati. Sono persi, perché crediti relativi a persone decedute, società cancellate dal registro delle imprese, soggetti con procedura concorsuale chiusa o contribuenti nullatenenti, e quindi senza beni aggredibili. C’è infine una fascia residua (il 13,1% del totale, pari a circa 167 miliardi) con incerto “profilo di riscuotibilità”. Un rebus da risolvere prima che il sistema vada in default. L’84,3% dei singoli crediti è relativo a persone fisiche (dipendenti e pensionati), mentre è pari al 13% la quota attribuibile a soggetti Iva (persone giuridiche, autonomi e liberi professionisti) che risultano debitori del 64,4% del debito complessivo, pari a 824,19 miliardi di euro. In definitiva, le persone fisiche senza attività economiche rappresentano quasi tre quarti dei crediti in carica all’Agenzie delle Entrate ma poco meno di un quarto del valore complessivo dei ruoli di pagamento.
Interessante l’articolazione del magazzino emersa nel corso dell’audizione in Senato: la maggior parte dei singoli crediti (221 milioni, pari al 75,9% delle cartelle non pagate) si riferisce alla fascia fino a 1000 euro, per un totale di circa 59 miliardi di euro. Sul fronte opposto, i crediti sopra i 500.000 euro di valore unitario (circa 290 mila, pari allo 0,1%) rappresentano quasi la metà del totale delle somme da riscuotere.
La percentuale di debiti finiti in cavalleria cresce inevitabilmente con il passar del tempo. E il conto sarebbe stato ancor più alto se, come calcolato dal dipartimento Finanze, 326 miliardi non fossero stati cancellati in autotutela e altri 111,2 non fossero sfumati in stralci e nelle quattro rottamazioni, di cui 20 con il governo Renzi, 9 con il governo Gentiloni, 29 con il governo Conte e 53 con il governo Meloni. Con i continui colpi di spugna, sono stati condonati oltre 100 milioni di euro, una somma che equivale a quattro manovre di bilancio di media dimensione.
Una storia, quella del debito verso il Fisco, che non conosce latitudini: da Nord a Sud, da Bolzano a Ragusa, il non pagare cresce ovunque, con un vigore rapportato alla geografia economica nazionale. Lombardia, Lazio e Campania raccolgono da sole il 50% delle mancate riscossioni: al Nord, dove risiede il 56% degli italiani, si registra il 42% degli incassi sfumati, al Centro il 19,9% dei residenti concentra il 26,2% dei debiti mentre al Sud, dove vive il 33,5 della popolazione nazionale, c’è il restante 29,8% delle riscossioni andate in fumo.
La ricaduta sui conti pubblici è inevitabile. Non più rinviabile l’adozione di un quadro normativo sistematico per “scoraggiare l’utilizzo strumentale e dilatorio delle definizioni agevolate”. Per l’Ufficio parlamentare di bilancio le rottamazioni nutrono la voglia di condono, alimentando nei contribuenti aspettative di future agevolazioni, con ripercussioni negative sulla regolare riscossione. Nella considerazione che il magazzino dei ruoli cresce di circa 18 milioni ogni giorno, la raccomandazione alla politica da parte del direttore dell’Agenzia delle entrate Carbone è quella di puntare su misure che garantiscano un miglioramento dell’efficienza sia dei meccanismi di riscossione coattiva sia di stimolo alla compliance volontaria, e cioè all’adeguamento spontaneo da parte del contribuente. Strategie più incisive per porre un freno alla grande fuga dai pagamenti tributari nel segno della certezza, della trasparenza e della equità della tassazione. Utopia?
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