EUROPA, SVEGLIATI ! di Antonio Laurenzano
EUROPA, SVEGLIATI ! di Antonio Laurenzano
Da Davos a Bruxelles. Dopo il discorso incendiario del neo Presidente americano Donald Trump al Forum economico mondiale sulle Alpi svizzere, le diplomazie europee, nella capitale belga, sono al lavoro per preparare il vertice dei Capi di Stato e di governo in programma lunedì 3 febbraio nello Chateau di Limont. In agenda “la risposta” alle relazioni transatlantiche con il nuovo inquilino della Casa Bianca, e in particolare la guerra commerciale con la minaccia dei dazi doganali e dumping fiscali, la protezione militare con l’aumento della spesa per la difesa, il 5% del Pil. Obiettivo insostenibile per i bilanci dei 32 partner della Nato.
Dal tycoon newyorkese messaggi aggressivi. Sotto accusa i mali dell’Europa: le follie del “ridicolo” Green deal, la scommessa sulle rinnovabili, la burocrazia ipertrofica, le tasse troppo alte e gli scompensi commerciali con l’economia a stelle e strisce. Toni minacciosi contro il Vecchio continente che, privo di una propria identità politica, rischia ulteriormente di disunirsi non avendo argini sufficienti a frenarne unitariamente ogni impatto. L’Europa paga i ritardi accumulati lungo il difficile percorso della sua integrazione politica, rimasta intatta nei sogni di Altiero Spinelli in quel di Ventotene. La realtà è ben diversa: non una federazione disegnata nello storico “Manifesto” del 1941, ma una Unione intergovernativa dentro cui la maggior parte delle competenze è degli Stati sovrani, Stati spesso divisi per interessi diversi. Davvero Illusorio pensare, in un contesto geopolitico in crisi, a una “Europa con una voce sola” senza una costruzione di un’Europa federale con sovranità condivisa tra gli Stati nazionali e le istituzioni sovranazionali.
Le dirompenti dichiarazioni di Trump a Davos sono un “campanello d’allarme” per l’Europa. “E’ una grande sveglia, è il momento di passare all’azione”, ha dichiarato il presidente della BCE Christine Lagarde. Un responsabile appello ai 27 membri dell’Unione a ritrovare unità d’azione: “collaborare e rispondere alle minacce esterne per affrontare le sfide globali e rafforzare la sicurezza comune”. E rilanciando il rapporto Draghi, Lagarde ha parlato di “crisi esistenziale dell’Ue”. “L’Europa deve superare le sue debolezze per riconquistare competitività, servono rapidità e unità.” Da soli gli Stati europei non reggono le sfide presenti. Serve una “coscienza politica di un’Europa integrata che non si riduca alla semplice sommatoria delle diverse sensibilità nazionali, ma che sia espressione di una interazione tra parlamenti nazionali e sovranazionali”.
E’ in questa ottica che s’inquadra il “Piano per la competitività Ue” presentato dalla Commissione europea alla vigilia del Consiglio europeo, una “bussola strategica” per rilanciare l’economia dell’Unione. Un documento che nasce dalla necessità di recuperare il divario accumulato dall’Ue negli ultimi vent’anni con le altre potenze economiche globali a causa di una ridotta crescita di produttività. In 21 pagine è sintetizzato il programma di legislatura, con una trentina di provvedimenti da adottare entro il 2026, con il dichiarato intento di rafforzare la sicurezza interna e la competitività industriale in un contesto globale di crescente instabilità. Riaccendere cioè il dinamismo dell’economia dell’Ue ed evitare di soccombere di fronte a Stati Uniti e Cina.
Un piano d’azione concreto ed efficace o un altro libro dei sogni? La risposta arriverà dalla reale collaborazione degli Stati membri, dalla loro volontà di superare egoismi e interessi particolari. La Commissione non lo nasconde: “La Ue deve scegliere se agire all’unisono per un futuro di prosperità sostenibile o accettare le divisioni e il declino economico”. Coordinamento, innovazione e semplificazione sono le tre parole chiave del documento. Guerra alla burocrazia e alla frammentazione delle politiche industriali per potenziare il mercato unico, in primis quello dei capitali, sviluppare progetti di interesse comune, incrementare partnership efficaci. I finanziamenti arriveranno dal bilancio Ue, da quelli nazionali e dai privati. Si ripropone lo schema operativo di Next Generation EU. Un mix di grande effetto.
Il sogno di un’Europa unita è stata la speranza di molti europei all’indomani della Seconda guerra mondiale per cancellare lutti e distruzioni, una speranza rilanciata con la caduta del Muro di Berlino del 1989 e risvegliata nel post Covid con la creazione di un debito comune per contrastare la crisi economica causata dalla pandemia e, più di recente, con la forte solidarietà all’Ucraina aggredita dalla Russia. Quel sogno rischia oggi di svanire miseramente e indebolirsi nelle nuove generazioni, senza una storica prospettiva. In quest’anno giubilare, declinato attorno al tema della speranza, sarebbe auspicabile coltivare la speranza di una nuova Unione europea per costruire nel dialogo di pace un mondo migliore. Un richiamo alla politica, internazionale e nazionale, a perseguire il bene comune, che non è sicuramente frutto delle guerre, né compatibile con le crescenti disuguaglianze nel mondo, all’origine di povertà e migrazioni. Per l’Ue del futuro è alta la posta in gioco.
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