IL VUOTO (ALLARMANTE) DELLA POLITICA di Antonio Laurenzano
IL VUOTO (ALLARMANTE) DELLA POLITICA
di Antonio Laurenzano
Fra aspre polemiche e forti tensioni è calato il sipario sulla Legge di bilancio, la terza dall’insediamento del Governo di Giorgia Meloni. Il disegno di legge è arrivato “blindato” dalla Camera e, malgrado le oltre 800 richieste di modifica presentate in aula, è stato approvato a scatola chiusa, senza la lettura da parte di Palazzo Madama, per scongiurare imboscate parlamentari e quindi lo spettro dell’esercizio provvisorio. E’ il replay di una consolidata prassi governativa instaurata da anni, che toglie spazio alla discussione e al confronto fra le varie forze politiche, esautorando il Parlamento delle sue prerogative costituzionali, trasformandolo di fatto in un Parlamento monocamerale. “Uno schiaffo alla democrazia parlamentare”.
Nelle more di una necessaria riforma della legge di contabilità in base alle regole europee, via libera del Senato alla fiducia chiesta dal Governo sulla Manovra 2025. Misure per circa 30 miliardi di euro, 18 dei quali riservati al taglio del cuneo fiscale sugli stipendi e alla conferma dell’Irpef a tre aliquote. “Una Manovra di grande equilibrio, nel commento della premier, che tiene i conti in ordine e che sostiene i redditi medio-bassi”, scritta con “comportamento di cautela, riconosciuto da mercati e spread” (Mario Monti).
Al termine del tormentato iter parlamentare, la Legge di bilancio lascia sul campo i cocci della Politica (quella con la P maiuscola) andata miseramente in frantumi sotto i colpi di una insensata rissa tra i partiti che nei mesi che ne hanno preceduto l’atto finale di approvazione è stata segnata da allarmanti episodi d’intolleranza e di mistificazione. Una penosa rappresentazione del più importante documento contabile per l’attuazione delle politiche per il Paese. Nel convulso dibattito fra maggioranza e opposizione nessuna traccia della politica vera, della sua visione, della sua incidenza, della sua mediazione, della sua lungimiranza programmatica. Le bandierine dei partiti sventolate con sguaiataggine, in aula e in tv, hanno occupato lo spazio di un serio e costruttivo confronto sul futuro sociale ed economico del Paese per la individuazione e realizzazione di obiettivi condivisi per il bene comune. Sullo sfondo di un precario scenario sociale e civile, appesantito dalla incertezza della nostra industria manifatturiera alle prese con una grave crisi internazionale e con un calo di produttività in frenata da 21 mesi, è stato clamorosamente tradito lo spirito della politica: aprirsi agli altri, ai problemi e ai bisogni della comunità per promuoverne benessere ed equità sociale e rafforzare il sistema democratico, garantendo diritti e libertà.
E invece, a conferma di un inquietante vuoto della politica, soltanto improperi e insulti ad personam, interventi sprezzanti, pretestuose evocazioni del passato per demonizzare l’avversario, a danno del ruolo istituzionale rivestito e del mandato ricevuto, contribuendo così ad alimentare il vento antisistema che soffia impetuoso fra la gente con il crescente astensionismo elettorale. Questa sorta di male oscuro è il modo in cui in Italia s’intende la politica, una palese incapacità segnata dall’insofferenza per qualunque cosa dica l’avversario, dalla negazione sistematica di qualunque sua affermazione. E la “consacrazione” della non politica avviene nei talk show televisivi con la complicità di inchieste e servizi spazzatura spacciati per giornalismo. La regola è la smaccata partigianeria del conduttore e della composizione del panel degli ospiti, lo sport preferito da ognuno è perlopiù aggredire verbalmente l’altro con polemiche pretestuose. Uno squallido teatrino nel Paese delle liti. Intolleranza e faziosità al servizio di slogan e di operazioni di facciata per attirare attenzione. Un modo di fare politica poco edificante e poco educativo, condotto all’insegna della delegittimazione e di un’assenza di idee. La rissa delle serate televisive e la violenza delle piazze, sollecitata da improvvidi inviti sindacali alla “rivolta sociale”, servono così a riempire ogni vuoto politico nel segno di una mediocrità dialettica.
Sarebbe ora di voltare pagina, appassionarci cioè per qualche proposta vera e forte riguardante il nostro Paese, discutere con ritrovato spirito unitario un progetto di cambiamento importante grazie al ruolo trainante della politica, recuperando in fretta i due grandi protagonisti dello spazio pubblico del ‘900, partiti e media, che esercitavano una funzione di filtro e di grandi educatori, mettendo sempre in sintonia Paese e politica. E’ questa la strada da percorrere per promuovere una responsabile partecipazione dei cittadini alla “res publica”. E’ l’augurio che il Capo dello Stato Mattarella ha affidato al tradizionale messaggio di fine anno nell’auspicare “il bene comune, il bene della Repubblica, attraverso la positiva mediazione della politica”. Che il nuovo anno, appena iniziato, restituisca dignità alla politica e serietà ai suoi attori, perché è solo nella politica che una società democratica trova la sua prima e più ovvia auto-rappresentazione.
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