LE PAROLE CERCATE “A comunicare emozioni e sentimenti, a dar nuova luce al passato” di Michele Prenna. a cura di Vincenzo Capodiferro


LE PAROLE CERCATE

A comunicare emozioni e sentimenti, a dar nuova luce al passato” di Michele Prenna.


Michele Prenna è nato a Venegono (VA) nel 1946. Laureatosi all’Università di Milano nel 1971, ha insegnato lettere una vita, prima presso la Scuola Media “Fermi” di Venegono, poi alla “Righi” di Varese ed infine al Daverio alle superiori. Parlando delle sue poesie dice: «È tornato il fanciullo di un tempo. A comunicare emozioni e sentimenti, a dar nuova luce al passato». È il “fanciullino” di Giovanni Pascoli che mai muore in noi. “Le parole cercate” sono un canzoniere di vita e d’amore. Michele Prenna continua a fare poesia e a offrirci sempre bei fiori di versi e fotografie, raccolti in mazzolini profumati. La sua è una poesia classica, patriottica. Leggiamo in “Fiori di campo”: «Quel che bello mi pare/ in versi metto». Come scriveva san Francesco di Sales: «La Chiesa è un giardino variopinto di un'infinità di fiori; ce ne sono infatti di diversa grandezza, di diversi colori, di diversi profumi, e pertanto di diverse perfezioni, tutti hanno il loro valore, la loro grazia e il loro splendore, e tutti, nella fusione delle loro varietà, fanno una perfezione molto gradevole di bellezza». Così è la poesia. I fiori sono sempre gli stessi, ma la loro disposizione crea infiniti mazzetti, tutti diversi tra di loro e tutti belli. Ci sovviene il poeta dell’ermo colle, la sua donzelletta, che «… reca in mano/ un mazzolin di rose e di viole,» in quel sabato, giorno in cui anche Dio si riposò, giorno in cui sorge la poesia: «E tu non saprai mai/ da dove sorga l’estro/ che note melodiose/ infonde alle tue rime». Lo Spirito soffia dove vuole e quando vuole. E spirito è anche ispirazione, che etimologicamente significa movimento d’aria. Questo stato poetico lo conferma il Nostro: «Un bel giorno la Musa è venuto a cercarlo. Proprio così! Qualche verso improvvisato per gli studenti o i colleghi e la scoperta delle parole cantanti, del piacere dato e ricevuto». E questo mentre tranquillamente insegnava. Siamo chiamati alla poesia. «L’Uomo solo pretende/ fare di notte giorno. / Progresso dice il Male/ e grande mena vanto/ di vita artificiale». C’è una forte denuncia all’uomo moderno, fatta da un poeta autentico. Il progresso non sempre porta al bene. Verga scriveva della fiumara del progresso. Aggiungiamo: una fiumara sorda, che ti annega senza fartene accorgere. E Leopardi cita ne’ “La Ginestra” «le magnifiche sorti e progressive». Anche la pingue Pompei fu annientata dallo sterminator Vesevo. Carducci celebra Satana re del progresso, nel suo inno: «…O ribellione, / o forza vindice/ de la ragione!». Ma cos’è il progresso? Si chiede il nostro, se non male. Il mondo rimane sempre quell’”atomo opaco del male”, nel pianto di stelle della notte di quel “sa Lorenzo” che sempre ci fa commuovere. Neppure il progresso può mutare quell’intima natura umana: «Sei ancora quello della pietra e della fionda, / uomo del mio tempo». Leggendo il petrarchesco canzoniere del Prenna ci pare di tuffarci in un altro mondo, un mondo che era ricco di valori, di senso. Ed oggi che viviamo nel mare della società liquida, ove non sempre è dolce il naufragio, come quello d’infinito leopardiano, questi scogli poetici ci offrono conforto e speranza.

V. Capodiferro


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