LE CRITICITA’ DEL REGIONALISMO DIFFERENZIATO di Antonio Laurenzano


LE CRITICITA’ DEL REGIONALISMO DIFFERENZIATO

di Antonio Laurenzano

Autonomia differenziata ovvero il viaggio nel camaleontismo politico. Smaltita la sbornia del Ministro Calderoli (“Mi tremano le gambe”) e, sul fronte opposto, assorbite le invettive della segretaria del Pd Elly Schlein (“Brandelli d’Italia”) e dell’ex premier Giuseppe Conte (“Italia spaccata col favore delle tenebre”), è forse opportuno rimettere a posto i tasselli di un complicato puzzle. Quello del percorso legislativo che, partito dal disegno secessionista dello storico leader della Lega Umberto Bossi tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, ha tagliato il primo significativo traguardo con la riforma del Titolo V della Costituzione varata dal Governo presieduto da Giuliano Amato con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3, per fermare il secessionismo del Carroccio. Sovvertendo i tradizionali rapporti fra Stato centrale ed enti periferici, con l’art. 116 si prevede che lo Stato possa attribuire alle Regioni a statuto ordinario “condizioni particolari di autonomia” in materie determinate (c.d. “regionalismo differenziato”).

Una norma costituzionale caduta nel dimenticatoio parlamentare per 22 anni e rilanciata per la sua attuazione dal Ddl Calderoli. In un clima di proficua collaborazione istituzionale fra i partiti si sarebbe plaudito al dialogo bipartisan: la sinistra chiama, la destra risponde. Realtà ben diversa: scontro in Parlamento, muro contro muro. L’approvazione definitiva alla Camera, con una indegna gazzarra da periferia, ha riproposto i limiti di una politica fortemente in debito con la coerenza e l’onestà intellettuale. Un clamoroso cortocircuito per cui la Lega, nel 2001 fiera avversaria della riforma costituzionale del Governo Amato, allora bollata come una “truffa”, oggi ne celebra con enfasi l’attuazione con la legge Calderoli; mentre la sinistra, autrice nel 2001 del nuovo Titolo V che ha introdotto l’autonomia differenziata, oggi, colpita da amnesia totale, denuncia in tutte le piazze lo “Spaccaitalia”, programmando, in attesa di un eventuale referendum abrogativo, manifestazioni di protesta anche in quella stessa Emilia-Romagna, la Regione di Elly Schlein, che ha chiesto due volte l’attuazione dell’autonomia con legge quadro. Misteri (o misfatti?) della politica nostrana.

Se questa è la premessa, facile immaginare il lungo e difficile iter procedurale che attende il progetto di attuazione del Titolo V sull’autonomia. Il Governo, in via prioritaria prima della “devoluzione” delle competenze, entro 24 mesi dalla entrata in vigore della legge, dovrà emanare uno o più decreti legislativi per determinare i 237 Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), in 15 diverse aree, stabiliti dal Comitato governativo Clep, presieduto dal giurista Sabino Cassese, tra cui istruzione, ambiente, sicurezza sul lavoro, porti e aeroporti civili, reti di trasporto e navigazione, tutela della salute, comunicazione, energia e beni culturali. I Lep rappresentano gli standard minimi di servizio necessari per garantire “diritti sociali e civili” tutelati dalla Costituzione, fondamentali per assicurare un trattamento uniforme a livello nazionale. Strettamente collegato ai Lep c’è il capitolo più controverso, quello relativo alla fiscalità, cioè al trasferimento delle risorse finanziarie alle Regioni che ricevono le nuove funzioni, e quindi il gettito fiscale generato sul territorio, da integrare per molte Regioni. Si farà riferimento al “fabbisogno standard” che esprime le reali necessità finanziarie per garantire servizi ai cittadini sulla base delle varie caratteristiche territoriali.

Nel testo della legge si stabilisce che nessuno aggravio ci sarà per le finanze pubbliche, il costo dell’autonomia sarà a costo zero. Non dovrà gravare sul fragile bilancio dello Stato, caduto sotto esame della Commissione europea a seguito della procedura per deficit eccessivo: una “correzione dei conti” di circa 10-12 miliardi l’anno per i prossimi sette anni, in aggiunta ai rilevanti costi delle misure approvate nel 2023. Non ci potrà essere spazio per coprire anche quelli generati dai Lep per l’autonomia differenziata (circa 80 miliardi di euro). L’incognita della legge Calderoli ruota proprio intorno a questa domanda: con quali soldi si finanzierà l’autonomia? Come si potranno assicurare i medesimi livelli essenziali delle prestazioni sull’intero territorio nazionale? Si dovranno reperire prima i fondi per migliorare gli standard pubblici nelle aree più disagiate del Paese azzerando ogni divario, e dopo si potranno accogliere le richieste delle Regioni del Nord che, bloccando la redistribuzione a livello nazionale, reclamano di trattenere il “residuo fiscale”, la differenza cioè tra quanto un territorio versa sotto forma di tributi allo Stato e quanto da esso riceve sotto forma di servizi. Senza Lep e loro finanziamento, esteso anche alle Regioni che non chiederanno la devoluzione, non ci sarà Autonomia.

Al di là dei trionfalismi leghisti della prima ora, i problemi sul tappeto sono tanti, fra costi politici, vincoli economici di spesa, capacità amministrative diverse nelle singole regioni e osservazioni critiche che arrivano da più parti. E’ netta la bocciatura dell’Ue: “l’attribuzione di competenze aggiuntive alle regioni comporta rischi per la coesione e per le finanze pubbliche, causando disuguaglianze e complessità istituzionale”. Perentorio il grido d’allarme lanciato dalla rivista scientifica The Lancet: “con l’autonomia differenziata fine del Servizio sanitario nazionale”. Il futuro di questa riforma, se e quando decollerà, dipenderà molto dall’efficacia con cui saranno definiti e implementati i livelli essenziali delle prestazioni, in primis scuola e tutela della salute, e dalla capacità delle istituzioni di garantire, nel rispetto della norma costituzionale, un equilibrio tra le diverse aree del Paese. Non più politiche meramente assistenziali, ma una gestione della cosa pubblica più vicina ai cittadini nel segno della uniformità, della coesione e della sussidiarietà. Il resto non è politica, è mistificazione della verità.

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