10 luglio 2022

Cheyenne a cura di Enrico Pinotti

Proseguiamo nelle biografie degli indiani d’America parlando delle popolazioni                                                                     CHEYENNE



Anche questo articolo, come già fatto per gli indiani irochesi, si dividerà in due parti: la prima cercherà di ricostruire la loro storia e le vicissitudini territoriali, la seconda mettendo in luce alcuni aspetti del loro vivere, le loro culture, i loro usi e i loro costumi e se possibile accennare ad alcuni fatti importanti che hanno segnato la loro esistenza.

Come abbiamo accennato precedentemente, i Cheyenne furono costretti nel corso del XIX secolo a lasciare la zona dei Grandi Laghi fra Stati Uniti e Canada ed i territori circostanti perché sconfitti dalle tribù degli indiani Irochesi che pretendevano per sé quei territori.

Molti di loro presero la strada del sud-est accampandosi fino all’Atlantico, altri si dispersero nelle pianure limitrofe a sud ed il più delle volte ebbero relazioni conflittuali con altre tribù indiane di quei territori, soprattutto con i Sioux ma anche con altri, ad esempio i Cippewa.

I Cheyenne erano una delle tribù (il termine tribù sta per comunità, la quale si riconosce nelle radici di un’etnia, di un popolo; questo vale anche quando useremo in seguito questo termine) più occidentali della grande famiglia algonchina. In passato, come si intuisce anche dai loro miti delle origini, vivevano assai più ad est delle loro sedi ottocentesche, coltivavano il suolo e disponevano di villaggi permanenti. Ma muovendosi verso ovest e sud-ovest, si allontanarono dai loro affini orientali e, spingendosi nelle pianure centrali ottennero i cavalli. In seguito, (siamo nei decenni centrali del 18° secolo), proprio grazie ai cavalli divennero una tipica tribù di cacciatori nomadi di bisonti ed assunsero un ruolo di primo piano nella vita delle pianure del nord e nella strenua e continua resistenza all’invasione degli europei.

Attualmente –ma già negli ultimi decenni del secolo scorso- i Cheyenne sono divisi in due gruppi: il popolo che vive nello Stato del Montana e quello meridionale stanziato nell’Oklahoma. Secondo un censimento realizzato nel 1921 la gente cheyenne era allora di circa 3500 unità.

La moderna ed arbitraria divisione fra ‘settentrionali’ e ‘meridionali’ significa soltanto che una parte delle tribù scelse di vivere in una regione anziché in un’altra e tenendo presente che piccole comunità si sono spostate al limite della costa atlantica. Tale divisione risale attorno al 1830. All’inizio ebbe un movimento lento dal nord, la costruzione di Fort Bent in Colorado nel 1832 lo affrettò. I contatti fra i due gruppi che scelsero strade diverse continuarono e le due metà si sono sempre considerate come due accampamenti della stessa tribù fino a quando l’occupazione dei coloni e dell’esercito confederale li rese impossibili: gli spostamenti diminuirono e le genti divennero forzatamente sedentarie anche se diversi membri di una famiglia vivevano nel nord ed altri nel sud. Le visite fra le metà divise sono ancora frequenti per mezzo della ferrovia e degli autobus e si verificano ancora tutt’oggi cambi di residenza da parte di individui o di intere famiglie.

Le comunità cheyenne sono composte dai discendenti di tribù imparentate, gli ‘tsis tsistae’ e gli ‘shu’tai’, che si dice si siano uniti poco dopo il passaggio del Missouri e comunque non prima di due secoli fa.

I Cheyenne erano chiamati in lingue indiane dagli altri popoli anche niom a he tan iu, ovvero ‘uomini della collina di sabbia’.

In età moderna, per anni si ritenne che il nome cheyenne derivasse dal francese chien, ‘cane’ e ciò pareva confermato dal fatto che la principale società militare delle tribù si chiamasse ‘soldati cani’.

Oggi prevale invece la tesi che la parola sia un’abbreviazione del termine sioux sha hi yen a oppure sha hi e la che in entrambi i casi significa ‘popolo della lingua straniera’.

In effetti, i Sioux, chiamavano ‘parlatori bianchi’ le genti con cui dividevano e comprendevano il linguaggio e ‘parlatori rossi’ riferendosi a popoli il cui linguaggio era oscuro e incomprensibile.

Presso numerose tribù delle pianure poco a sud-ovest dei Grandi Laghi, il nome Cheyenne è una variante di quella dei Sioux, per esempio, gli indiani Arikara ed i Pawnee chiamavano i Cheyenne ‘Shar-ha’.

Le comunità indiane, tutte, a partire dell’arrivo dei primi coloni dall’Europa non si attribuiscono il nome che questi ultimi danno alle genti indigene ma continuano ad identificarsi ricorrendo al loro linguaggio: le comunità continuano a chiamarsi tsistsistas che generalmente viene tradotto con ‘popolo’ ma più probabilmente significa ‘gente appartenente’ o ‘gente apparentata’.



In genere i Cheyenne i defunti li mettevano sugli alberi oppure su palchi anche se non erano escluse le sepolture in terra o lasciati in caverne.



Con il vecchio sistema in uso prima della divisione fra ‘settentrionali’ e ‘meridionali’ essi avevano un Consiglio di quarantaquattro capi elettivi, dei quali, quattro formavano una gerarchia superiore con l’autorità di eleggere uno di loro a capo di un’intera tribù. In tutte le assemblee che trattavano dei rapporti del loro popolo con le altre tribù, un membro del consiglio veniva nominato a parlare a favore delle tesi dell’avversario. Questo consiglio di quarantaquattro persone era simboleggiato da un fascio di altrettanti bastoni conservato con frecce consacrate e fatto circolare quando si presentava la necessità di una convocazione del Consiglio. Il gruppo delle quattro frecce sacre costituiva il palladio tribale ed i Cheyenne dicevano di possederlo fin dalle origini del mondo; esso veniva esposto, dopo adeguate cerimonie, una volta all’anno ed in quelle rare occasioni in cui un cheyenne era stato ucciso da un membro della stessa tribù: scopo, quello di lavare l’uccisore dal sangue di un fratello.

Continua A cura di Enrico Pinotti

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Immagini immaginarie al MIIT di Torino