12 maggio 2021

LIBERAZIONE 2.0 MARCO NAVA di Maria Marchese

 

LIBERAZIONE 2.0 MARCO NAVA    

di Maria Marchese 





















Marco Nava si ispira all’opera “La liberazione di S. Pietro” (affresco 1513-1514) , del Maestro Raffaello Sanzio, per risolvere le 3 scene, che compongono la rappresentazione, in un unico atto artistico: esso involve la significanza di una liberazione assoluta. 




L’artista ferrarese edifica un solido abito materico, che muta in dimora della dissertazione: costruisce infatti un nucleo che preservi questa preziosa rivelazione. La naturalezza del legno diviene indicativa di veridicità; la veste, invece, vede l’alternarsi di terre odorose della rude preziosità del tempo e di passione, e altresì di rade soprasensibili. 
Un connubio, questo, che suggella il legame tra passato, presente, concretezza e introspezione spirituale.
Marco Nava identifica le prime coi colori ocra, oro e rosso mentre le seconde le libera con il grigio/viola. 























Realizza così un eloquio materico/cromatico che parla di storia e di appartenenza, addentro un divenire nell’ottica del ricongiungimento tra la sfera umana e quella divina.
Dall’esterno si può percepire il senso di una preziosità artistica che ricorda l’arte del kintsugi giapponese, ove il collante e la doratura sono accorpate, entrambe, nella significanza della maturazione evolutivo/riflessiva.
La scelta della forma stessa del costrutto, letta in chiave cabalistica, conduce ad una visione dello scorrere tempo lineare. Ciò comporta, rispetto alla tradizione che vede quest'ultimo procedere secondo un cammino speso  lungo una rotta circolare e, quindi, approdare nuovamente al punto di partenza, il dirimere se stessi nell'ottica di un cambiamento. 


L’autore apre poi uno spiraglio… una soglia appena percettibile: essa si manifesta come laiason, che coinvolge immediatamente l’osservatore. In questo modo l’artista appassiona un'unica persona alla volta. 
Avvicinando l’occhio a quel luminoso aleph, il fruitore vedrà riflesso l'occhio stesso e l'ineffabile costrutto pitto/plastico, entrando simultaneamente in sinergico dialogo con il proprio sé e con il contesto. 



L’artista neoavanguardista realizza, tra quelle pareti, la prigione, sollevandola dalla vicenda biblica per allignarla nella dimensione di una metafisica realistica: le fattezze sono infatti quelle di una nicchia muraria, alleggerite però dalla scelta cromatica operata da Marco Nava, che conduce all’atmosfera 
dell’incertezza ma anche a quella del cambiamento e delle nozze tra superno e terragno.




















Le figure non esistono più: l’autore enfatizza la forza della chiarificazione divina, traducendola nella presenza vivibile di una mano, espressa nell’obrizo del divino.




A quanto possiamo discernere, l’unico scopo dell’esistenza umana è di accendere una luce nell’oscurità del mero essere.
(Carl Gustav Jung)

Con "Liberazione 2.0"  , Marco Nava traduce in un istante artistico la possanza della presa di coscienza, che sopraggiunge unicamente quando l'essere umano suggella l'armonia con il proprio io più intimo e con la parte divina, che in esso è custodita. 
Entra allora in comunione con il fluire universale: il ricongiungimento con l'essenza divina divelle, quindi, la cella umana, assolvendolo dalla prigionia del mero essere, da Jung sopra citato.
Attraverso quest'opera, l'artista di Ferrara esplicita un messaggio fondamentale, attuandolo in maniera scelta e inusuale. 
L'opera sarà presente alla collettiva ΓΕΦΥΡΑ:TRA PASSATO E PRESENTE, che si terrà a Genova dal 5 al 31 Maggio. 

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