29 marzo 2021

José Saramàgo – L’uomo duplicato – a cura di Marcello Sgarbi

 


José Saramàgo –
L’uomo duplicato (Edizioni Feltrinelli)

Collana: Universale economica

Pagine: 267

Formato: Tascabile

EAN: 9788807890611

Se potessi usare tre aggettivi per riassumere la vicenda raccontata in questo romanzo la definirei assurda, inquietante e surreale. E straordinario è il modo in cui si dipana: un’escalation che dal registro ironico, curioso e divertito passa ai toni della commedia per concludersi con le tinte fosche della tragedia.

Da una irrilevante banalità scaturisce, per Màximo Afonso Tertuliano, protagonista del romanzo, un rovello ossessivo che lo porta a compiere azioni insensate e irreparabili.

Con una cifra stilistica di estrema personalità, fatta di dialoghi non virgolettati con iniziali maiuscole a seconda di chi parla (una caratteristica dell’autore), salti temporali e verbali dal presente al passato remoto all’imperfetto e un inizio in media res che ci fa guardare al protagonista come se lo seguissimo con la macchina da presa, il romanzo ci porta a riflettere sul caso e sul destino.

E soprattutto sul senso dell’identità, tema tipico del Novecento il cui esempio più emblematico è forse Uno, nessuno e centomila di Pirandello, ma già presente nell’’800 con racconti quali La coscienza di Zeno di Italo Svevo, Monsieur de Miroir di Nathaniel Hawthorne o Lo specchio deformante di Guy de Maupassant.

Ciò che dev’essere sarà, è una filosofia che conosco, solitamente la chiamano predestinazione, fatalismo, fato, ma in realtà significa che farai quello che ti andrà di fare, come sempre, significa che farò ciò che dovrò fare, niente di meno, ci sono persone per le quali ciò che hanno fatto e ciò che hanno pensato che avrebbero dovuto fare è lo stesso, al contrario di quanto ritiene il senso comune, le cose della volontà non sono mai tanto semplici, semplice è piuttosto l’indecisione, l’incertezza, l’irresoluzione”.

Il caos è un ordine da decifrare”.

L’anima umana è una scatola da cui può sempre balzare fuori un pagliaccio che ci fa le smorfie e la linguaccia, ma ci sono occasioni in cui quello stesso pagliaccio si limita a guardarci dal bordo della scatola e se vede che, per caso, stiamo agendo secondo quanto è giusto e onesto, annuisce con il capo e scompare pensando che non siamo ancora un caso perduto”.

Si dice che odia il prossimo soltanto chi odia se stesso”.

© Marcello Sgarbi


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