24 marzo 2021

IL LIBRO DEL PROFETA PERDUTO di Vincenzo Capodiferro

 


IL LIBRO DEL PROFETA PERDUTO

Un romanzo storico-fantasy che si ambienta nell’inferno di Treblinka

A cura di V. Capodiferro


Il libro del profeta perduto”, uscito adesso alle stampe, per GPM edizioni, racconta la storia immaginaria di una famiglia che miracolosamente ha resistito alle fiamme dell’inferno di Treblinka. È la famiglia di Adamito Nikodemicos, un ebreo internato a Treblinka, nel 1943. La storia prende le mosse dal Natale del 1942, quando le mostruose SS concedono una tregua, come nel Natale del 1914, nella Grande Guerra. Gli antichi compagni d’arme che avevano fatto la prima guerra mondiale insieme, si rincontrano e rievocano quel miracolo: dalla trincea al lager! Ma un altro miracolo sta per succedere a Treblinka, miracolo che gli annali non hanno riportato, perché scomodo: Adamito essendo un discendente dei Titani, intanto vive molto di più di un comune mortale, egli infatti, è nato nel 1348, ma resiste alla morte. Cioè non muore se non per morte naturale dopo almeno 1000 anni. Alcuni discendenti dei Titani giungono fino a 1300 anni. Il miracolo è che né Adamito, né la figlia Rebecca muore col gas, né con le fiamme. Intanto era giunto a Treblinka un giovane psichiatra, Nikolaus Prinkula. È un giovane brillante, ma folle, il quale espone le sue strane teorie sulla razza e soprattutto assiste psicologicamente i deportati, preparandoli alla morte. E qui accade un altro miracolo, perché le SS rimangono ammaliati dai discorsi di Prinkula e dal modo come egli stoicamente riesce a far sopportare le sofferenze e la morte ai deportati. Molti delle SS di fronte a questo miracolo piangono e si addolciscono. La fama di Prinkula diventa nota in tutto il lager ed anche esponenti delle SS vanno a cura da lui, come il maggiore Hohenstoufen. Dopo il miracolo di Adamito il medico di campo Erbert fa sparire lui e sua figlia e lo conduce a Hitlerberg, una città sotterranea nella Foresta Nera. Anche Prinkula viene fatto sparire e condotto al castello del maggiore Hohenstoufen. Intanto cade il Terzo Reich. Hitler apparentemente si suicida, ma in realtà non è lui, è un sosia. Il vero Hitler raggiunge l’Argentina e sposa Eva. Il figlio Alois poi stranamente verrà a conoscere Rebecca e si sposeranno, dando luogo alla vera razza ariana. Domina il tema profondo del male, il male storico che crea un malessere indissolubile, peggio del “rivo strozzato”, o del “cavallo stramazzato” di Montale. Ecco un’immagine che l’autore deporta dei deportati: «Se esistono gli oltre-uomini: ecco, più oltre-uomini di questi? Ecce ultra-hominem! Sono larve umane, subumani, hanno perso tutto, hanno consumato la più totale alienazione. Donde può giungere tanto male al mondo? Arriva Ivan il Terribile, il suo volto è esanime, amorfo, i suoi occhi sono spenti, il Male si è impossessato ormai di lui, non ragiona più: è parte della massa dei dannati viventi della regina Morte. La Natura qui è tutta contaminata: il cielo partecipa del pianto antico. L’aura maligna circonda ogni essere. L’”atomo opaco del male” viene disintegrato da una fatidica reazione a catena. L’aere è plumbeo. Il muro di nebbia asconde il popolo ammassato, gassato, bruciato. È il sacrificio a Dio. È l’olocausto dei Nazorei. L’incenso dell’olocausto sale al cielo, ma grida vendetta contro i discendenti di Caino: - Dov’è tuo fratello Abele? Non uccidete Caino! Il fuoco consuma eterno le vittime. Ecco la Gehenna! Questa è la Gehenna: qui si sacrificano i bambini a Moloch, il gigante Moloch, che mangia carni umane, arrostite. Come si può arrivare a tanto? Eppure in questa precarietà sussistono i discendenti di Elim, cantato dal profeta Meon. Essi sono immortali. Non li uccide il gas, né il fuoco. Resistono alla morte imperterriti». Il dramma del male umano ci pone l’eterno dilemma, che già ha tormentato tanti, da Agostino a Leibniz: Si Deus est, unde malum? Et si non est, unde bonum? Da Schelling a Berdjaev: il male dimostra l’esistenza di Dio. Dio anche si ritira di fronte a questo profondo male. E un Dio che è morto, nei campi di sterminio Dio è morto – canta Guccini. Purtroppo Dio non è morto, aspetta oltre Treblinka i trapassati per abbracciarli. Stolto è chi pensa che Dio è morto. Dixit stultus in corde suo: Deus non est. Scrive Mazzini: - Il primo ateo fu senza dubbio un uomo che aveva celato un delitto agli altri uomini, e cercava, negando Dio, di liberarsi dall’unico testimone a cui non poteva celarlo. Oltre Treblinka c’è un altro Treblinka, quello riservato agli sterminatori. È l’eterno Treblinka. Eternamente in questo eterno Treblinka gli sterminatori, i terminator, saranno gassati e bruciati, eternamente risorgeranno ed eternamente saranno di nuovo gassati e bruciati. Questo è l’Eterno Ritorno vero, non quello storico. Lo stesso ‘eterno ritorno’ implica una razionalità assoluta, una giustizia infinita. Ma una razionalità implica necessariamente una ragione. Non puoi dire che tutto è assurdo, tutto irrazionale, che Dio è morto e poi ammetti l’eterno ritorno: è una contradictio in terminis! Oltre quel “fumo saliva lento”, non c’è più nulla? Chi può dirlo? L’uomo è talmente folle da credere che oltre Treblinka non vi sia nulla, che tutti i crimini di guerra: dagli stermini alla bomba atomica, passino inosservati. Dio è morto: apparentemente. Il morto è colui che non muore mai. Il male esige una giustizia cosmica, karmica. Dio chiamerà a rapporto i popoli e non solo i singoli: questo è il triste, ma necessario presagio di questo profeta immaginario: Meon. Nessuno potrà discolparsi. Nessun potrà dire: è colpa di Hitler, o di Napoleone, o di Mussolini! È colpa di tutti. Ogni colpa merita una pena eterna. Talleyrand salvò la Francia al Congresso di Vienna: - è colpa di Napoleone! Napoleone si è convertito a Sant’Elena. In questo romanzo storico, paradossalmente anche Hitler passa per Sant’Elena, isola sperduta nell’immensità dell’oceano e si converte. «Il filosofo diceva: «Lo stato è un fatto di natura e per natura l’uomo è un animale politico, e chi rimane fuori della comunità per naturale tendenza e non per qualche circostanza fortuita, è certamente un sottuomo o un superuomo, una bestia o un dio». Purtroppo anche il Terzo Reich era un fatto di Natura: la Natura è madre e matrigna. Ma qui abbiamo raggiunto il massimo della peripezia del Male. Né le belve, né i demoni arrivano a tanto. Quando il Male si impossessa dei cuori può raggiungere vette inaudite. «Non ti ho fatto né celeste né terreno affinché tu da solo potessi scolpirti con le tue mani e diventare un angelo o un demone». Così un grande umanista faceva dire in un dialogo da Dio ad Adamo. Ma qui siamo al disumanesimo assoluto, alla negazione di ogni umanità. Alla negazione assoluta del Nihil humani alienum a me puto. Ma no, no! Homo non sum. L’uomo solo tra gli esseri viventi può superarsi nella negazione totale dell’umanità. Questo è il problema dell’oltre-omismo, non previsto da chi l’aveva ideato. Superare il limite dell’umanità è un rischio fortuito, ma che se accade, diviene il lembo di un precipizio senza fondo. In queste catacombe, in cui si preparava l’ecatombe quotidiana, viveva Adamito Nikodemikos e la sua famigliola: Eva Tromka e la figliola Rebecca. Ogni cuore è un profondo lager. Le tracce del dolore non si cancellano. Il mio cuore è il paese più straziato. Le ferite rimarranno per l’eternità nell’anima del popolo. Nelle profondità ci sta sempre l’umanità, un’umanità trafitta, prostrata, trafugata. Essere o non essere? Sono assillati dal dilemma amletico. Esserci e non esserci qui sono una cosa sola, non c’è confine, non c’è limite». L’ungarettiano San Martino del Carso è contrapposto al San Martino carducciano. Eppure anche da quest’ultimo possiamo trarre una macabra simbologia: la “nebbia” è il fumo che sale dai comignoli dei forni crematori, l’”aspro odor” è il fetore della salma gettata, come il montaliano “incartocciarsi della foglia riarsa”, lo “spiedo scoppiettante” è un’immagine viva dell’Olocausto. Gli “stormi d’uccelli neri”, come nei quadri di Vincent van Gogh, sono presagi di sventure. Lo stile è molto discorsivo e tende a teorizzazioni intrinseche ed a molti spazi di riflessione morale. È un romanzo filosofico e morale quello che viene proposto, la cui lettura è certamente meditativa. La riflessione forte è sull’irrazionalismo della razza umana, il quale vien cercato di spiegare dalle strane teorie del Dottor Prinkula, secondo cui le tendenze di fondo della natura umana, vanno cercate proprio nella natura e nella divisione originaria tra erbivori e carnivori, sadici e masochisti. Il confronto quindi diventa tra “carneficisti” e vittimisti. Adamito è l’eccezione della Natura. Questo romanzo è la rappresentazione di una teodicea narrativa.


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