29 agosto 2020

Georges Bernanos Diario di un parroco di campagna a cura di Marcello Sgarbi


Georges Bernanos

Diario di un parroco di campagna – (Mondadori)


Collana: Oscar classici moderni

Pagine: 252

Formato: Tascabile

ISBN 9788804508571


Per arrivare a parlare di questo Diario vorrei partire da un libro-intervista che mi è capitato sottomano tempo fa: Preti, in cui l’autrice, Maria Pia Bonanate, già giornalista di alcune testate cattoliche fra le quali Jesus, andava alla ricerca di quelli da lei definiti i nuovi dodici, ideali continuatori della missione degli apostoli. Lo spunto della ricerca nasceva dalla consegna data da Gesù ai suoi discepoli, descritta nei Vangeli e negli Atti degli Apostoli. Fra i dodici intervistati, in grado secondo l’autrice di testimoniare con coerenza il messaggio evangelico, nel libro di Maria Pia Bonanate sono presenti fra gli altri Don Ciotti del Gruppo Abele e Don Alex Zanotelli: due borderline, come i rimanenti dieci. Perché questa lunga premessa, vi domanderete?

Per dire che, secondo me, se oggi quei nuovi dodici fossero tredici, il parroco di Bernanos farebbe sicuramente parte del gruppo. Perché credo che mai come adesso il mondo abbia bisogno di preti così, di cristiani autentici, dedicati consapevolmente, fino in fondo, alla propria missione. E capaci di accettare completamente la propria condizione, a differenza di altri personaggi che animano il racconto di Bernanos. Come lo spretato Dufréty, che pensa basti togliersi una sottana per cancellare il passato, il nichilista dottor Delbende che non accetta il mondo in cui vive o il dottor Laville, che cerca di anestetizzarsi nei confronti del proprio destino ricorrendo alla morfina. Quanti Dufréty, Delbende e Laville ci sono, anche fra i preti e i laici di oggi?

Lasciatevi accompagnare da Bernanos ad Ambricourt, il luogo dove vive il protagonista di questo romanzo. Scoprirete che non è poi così diverso dai nostri paesi e dalle nostre città, perché è abitato dalle stesse piccole, grandi meschinerie.


È probabile che io sia troppo grossolano e rustico di natura, ma confesso di aver sempre avuto in antipatia il prete letterato. Frequentare i begli spiriti significa in sostanza sedere a banchetto con il bel mondo – e a banchetti come questi non ci si accomoda alla faccia di chi muore di fame”.
Un popolo di cristiani non è un’accozzaglia di madonnine infilzate. La Chiesa ha nervi saldi: non la spaventa il peccato, al contrario. Lo guarda in faccia, tranquilla, e anzi, imitando Nostro Signore, lo prende su di sé, lo assume”.

L’opposto di un popolo cristiano è un popolo triste, un popolo di vecchi”.

Certe volte chi ci ascolta potrebbe avere l’impressione che predichiamo il Dio degli spiritualisti, l’Essere supremo o che altro, niente comunque di simile a quel Signore che abbiamo imparato a conoscere come un meraviglioso amico vivente, che soffre dei nostri dolori, si commuove alle nostre gioie e condividerà la nostra agonia, ci accoglierà fra le sue braccia, sul suo cuore”.


© Marcello Sgarbi 

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