02 giugno 2020

IL RISVEGLIO DELL’EUROPA di Antonio Laurenzano


IL RISVEGLIO DELL’EUROPA
di Antonio Laurenzano

La “bella addormentata nel bosco” si è svegliata. L’Europa, superando ogni colpevole ritardo, quasi una latitanza, ha preso atto dei guasti prodotti dal coronavirus sui sistemi sanitari ed economici. Dalla Commissione europea di Ursula von der Leyen è arrivato un messaggio chiaro: “trasformare l’immane sfida di oggi in possibilità, non soltanto aiutando la ripresa economica, ma anche investendo nel nostro futuro”. Riparare e preparare per la prossima generazione. E il Piano europeo “Next Generation EU”, con il potenziamento mirato del bilancio a lungo termine dell’Ue, è la risposta ambiziosa di Bruxelles a una crisi senza precedenti: 750 miliardi di euro fra prestiti (250 mld) e contributi a fondo perduto (500 mld) destinati ai Paesi e ai settori più colpiti dall’impatto economico del Covid-19. Tre gli ambiti dell’intervento comunitario: sostegno agli Stati membri per strategie di sviluppo e riforme strutturali, impulso agli investimenti privati, contributo ai programmi di prevenzione, alla ricerca e all’approvvigionamento di materiale sanitario. Il tutto per un’Europa green, digitale e resiliente.
Misure economiche importanti che si aggiungono a quelle in materia di politiche di bilancio (stop al Patto di stabilità) e di aiuti di Stato alle imprese per rafforzare il ruolo trainante che l’Unione europea è intenzionata a svolgere nel promuovere un diffuso ed equilibrato sviluppo economico e sociale. Nessuno assistenzialismo, nessuna torta da spartire. Gli aiuti europei saranno vincolati alla realizzazione di riforme e investimenti indicati dagli Stati membri nei Piani nazionali in linea con le “raccomandazioni” Ue e saranno erogati in tranche legate ai target raggiunti nel periodo 2021-2024. Miliardi di euro in sussidi e prestiti non saranno cioè distribuiti senza che vi sia un controllo sulla spesa e una sorveglianza sui risultati ottenuti, e questo per “evitare un ulteriore allargamento delle disparità tra le regioni e tra i Paesi”. Obiettivo di fondo la ripresa economica dell’Ue nell’ambito di un processo di modernizzazione proiettato verso un futuro di importanti passaggi internazionali.
Per poter finanziare il Recovery Fund, sub iudice del Consiglio europeo il prossimo 18 giugno, la Commissione procederà alla emissione di titoli di debito a lunga scadenza (2028-2058) garantiti dall’Ue: eurobond emessi non per mutualizzare vecchi debiti dei vari Stati, ma per fronteggiare le nuove spese del bilancio comunitario, espressione di una “embrionale” finanza pubblica federale. Il debito obbligazionario, secondo la proposta della Commissione, sarà coperto da un aumento delle risorse comunitarie fino al 2% del reddito nazionale lordo con entrate in arrivo dalla plastic tax, dalla web tax, dalle tasse sulle emissioni e dalle grandi multinazionali.
Del “Piano di recupero” europeo l’Italia è il Paese maggiore beneficiario: la quota fondi ammonta a 172,7 mld di euro, di cui circa 82 versati come aiuti a fondo perduto, a fronte di un contributo finanziario di 56 mld di euro al bilancio Ue. Il trasferimento netto dall’Europa sarà quindi di 26 mld di euro, pari all’1,5% del Pil, in tre anni. Un sussidio che al di là della sua esiguità rispetto ai danni del virus ha un preciso significato sul piano politico (è stata accolta a Bruxelles la richiesta dell’Italia) e su quello economico-finanziario (è diminuito sui mercati il costo del debito italiano). Spetta ora al nostro Governo, dopo aver risolto la querelle del Mes, elaborare il Piano nazionale per la ripresa da sottoporre entro settembre a Bruxelles per la sua approvazione. Diversi gli spazi di azione: riguarderanno il sistema sanitario, il mondo del lavoro e relative protezioni, la liquidità delle imprese, la digitalizzazione, il green, la ricerca, l’innovazione, i trasporti pubblici, la gestione dei rifiuti, le infrastrutture. Dulcis in fundo, il sistema giudiziario, la riforma fiscale e l’efficienza della pubblica amministrazione con tagli alla burocrazia, cioè i mali atavici italiani, retaggi di politiche del passato inadeguate e di finanza allegra.
Per il Belpaese un’occasione irripetibile per rimettere in moto una malferma economia: crollo del Pil, debito pubblico alle stelle, forti difficoltà per imprese e famiglie. ”Servono competenze, lungimiranza, responsabilità politica, velocità d’azione”, parole di Paolo Gentiloni, Commissario europeo per l’economia. Incrociamo le dita… in attesa delle decisioni del Consiglio europeo, luogo simbolo dei contrasti e degli egoismi nazionali, la tomba di ogni processo di integrazione politica dell’Europa. Basta con le parole.

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti sono moderati e controllati quotidianamente.
Tutte le opinioni sono benvenute. E' gradita la pacatezza.

Il bosco in primavera