di Antonio Laurenzano
La “bella
addormentata nel bosco” si è svegliata. L’Europa, superando ogni
colpevole ritardo, quasi una latitanza, ha preso atto dei guasti
prodotti dal coronavirus sui sistemi sanitari ed economici. Dalla
Commissione europea di Ursula von der Leyen è arrivato un messaggio
chiaro: “trasformare l’immane sfida di oggi in possibilità, non
soltanto aiutando la ripresa economica, ma anche investendo nel
nostro futuro”. Riparare e preparare per la prossima generazione. E
il Piano europeo “Next Generation EU”, con il potenziamento
mirato del bilancio a lungo termine dell’Ue, è la risposta
ambiziosa di Bruxelles a una crisi senza precedenti: 750 miliardi di
euro fra prestiti (250 mld) e contributi a fondo perduto (500 mld)
destinati ai Paesi e ai settori più colpiti dall’impatto economico
del Covid-19. Tre gli ambiti dell’intervento comunitario: sostegno
agli Stati membri per strategie di sviluppo e riforme strutturali,
impulso agli investimenti privati, contributo ai programmi di
prevenzione, alla ricerca e all’approvvigionamento di materiale
sanitario. Il tutto per un’Europa green, digitale e resiliente.
Misure
economiche importanti che si aggiungono a quelle in materia di
politiche di bilancio (stop al Patto di stabilità) e di aiuti di
Stato alle imprese per rafforzare il ruolo trainante che l’Unione
europea è intenzionata a svolgere nel promuovere un diffuso ed
equilibrato sviluppo economico e sociale. Nessuno assistenzialismo,
nessuna torta da spartire. Gli aiuti europei saranno vincolati alla
realizzazione di riforme e investimenti indicati dagli Stati membri
nei Piani nazionali in linea con le “raccomandazioni” Ue e
saranno erogati in tranche legate ai target raggiunti nel periodo
2021-2024. Miliardi di euro in sussidi e prestiti non saranno cioè
distribuiti senza che vi sia un controllo sulla spesa e una
sorveglianza sui risultati ottenuti, e questo per “evitare un
ulteriore allargamento delle disparità tra le regioni e tra i
Paesi”. Obiettivo di fondo la ripresa economica dell’Ue
nell’ambito di un processo di modernizzazione proiettato verso un
futuro di importanti passaggi internazionali.
Per poter
finanziare il Recovery Fund, sub iudice del Consiglio europeo il
prossimo 18 giugno, la Commissione procederà alla emissione di
titoli di debito a lunga scadenza (2028-2058) garantiti dall’Ue:
eurobond emessi non per mutualizzare vecchi debiti dei vari Stati, ma
per fronteggiare le nuove spese del bilancio comunitario, espressione
di una “embrionale” finanza pubblica federale. Il debito
obbligazionario, secondo la proposta della Commissione, sarà coperto
da un aumento delle risorse comunitarie fino al 2% del reddito
nazionale lordo con entrate in arrivo dalla plastic tax, dalla web
tax, dalle tasse sulle emissioni e dalle grandi multinazionali.
Del “Piano
di recupero” europeo l’Italia è il Paese maggiore beneficiario:
la quota fondi ammonta a 172,7 mld di euro, di cui circa 82 versati
come aiuti a fondo perduto, a fronte di un contributo finanziario di
56 mld di euro al bilancio Ue. Il trasferimento netto dall’Europa
sarà quindi di 26 mld di euro, pari all’1,5% del Pil, in tre anni.
Un sussidio che al di là della sua esiguità rispetto ai danni del
virus ha un preciso significato sul piano politico (è stata accolta
a Bruxelles la richiesta dell’Italia) e su quello
economico-finanziario (è diminuito sui mercati il costo del debito
italiano). Spetta ora al nostro Governo, dopo aver risolto la
querelle del Mes, elaborare il Piano nazionale per la ripresa da
sottoporre entro settembre a Bruxelles per la sua approvazione.
Diversi gli spazi di azione: riguarderanno il sistema sanitario, il
mondo del lavoro e relative protezioni, la liquidità delle imprese,
la digitalizzazione, il green, la ricerca, l’innovazione, i
trasporti pubblici, la gestione dei rifiuti, le infrastrutture.
Dulcis in fundo, il sistema giudiziario, la riforma fiscale e
l’efficienza della pubblica amministrazione con tagli alla
burocrazia, cioè i mali atavici italiani, retaggi di politiche del
passato inadeguate e di finanza allegra.
Per il
Belpaese un’occasione irripetibile per rimettere in moto una
malferma economia: crollo del Pil, debito pubblico alle stelle, forti
difficoltà per imprese e famiglie. ”Servono competenze,
lungimiranza, responsabilità politica, velocità d’azione”,
parole di Paolo Gentiloni, Commissario europeo per l’economia.
Incrociamo le dita… in attesa delle decisioni del Consiglio
europeo, luogo simbolo dei contrasti e degli egoismi nazionali, la
tomba di ogni processo di integrazione politica dell’Europa. Basta
con le parole.
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