Marcel
Montecino
– Croci
sul muro
–
(Edizioni
Interno Giallo Mondadori)
Dettagli
Pagine:
432
Collana:
Iperfiction
Formato:
Copertina morbida
ISBN
788835600091
Leggendo
Montecino
sembra
di sentire echi dell’autobiografia di
Charlie Mingus. Più che noir
è cool,
e anche un po’ bastardo, soprattutto nella pagina che vi propongo.
E non è un caso che
l’autore sia un musicista: jazz, per l’appunto.
Formidabile
nell’intro, calibrato nel ritmo, preciso come
un metronomo: i due protagonisti si incontrano alla
metà esatta del racconto e da quel momento è
un crescendo raveliano che non abbandona mai il tema.
Da
leggere in compagnia di Miles Davis o Chet Baker centellinando le
pagine in attesa del bis (magari
corredato da qualche tavola di Muñoz e Sampayo).
Visto
che Jack Gold sembra un clone di Alack Sinner, ci
starebbero benissimo.
“Gold
si alzò bruscamente dalla poltrona. La bottiglia
di
Johnnie Walker rotolò sul pavimento, lasciando
sul
tappeto verde una scia di goccioline ambrate.
Il
sax di Mint Julep Jackson continuava a gemere.
Il
giradischi automatico ripartiva ogni volta dall’inizio.
Fuori
del bovindo era ancora notte fonda.
Gold
non riuscì ad arrivare al bagno.
A
metà strada si vomitò sul davanti della camicia.
Tenendosi
le mani a coppa sotto la bocca, continuò a rimettere fino al water,
s’inginocchiò sulle piastrelle
e
vomitò un liquido amaro e alcolico che scivolò
lungo
le pareti della tazza.
Quando
Gold era entrato nella camera da letto, Angelique parlava a Evelyn da
quasi un’ora… “Mio Dio, Jack, un’ora!” l’aveva stuzzicato
in seguito Carol.
“Dev’essere
stata una relazione torrida! Con tutte quelle cose
da
raccontare!”
Poi
Evelyn era rimasta al telefono e aveva ascoltato
tutto
ciò che era seguito.
“Dimmelo
tu, Jack, Ev non ha voluto. Eri davvero nella stanza, quando quella
poveretta si è uccisa? C’eri? Jack,
Ev
che cosa ha sentito? Che cosa ha sentito?”
Gold
si lavò il viso, si sciacquò la bocca. Tornò in soggiorno.
L’orologio luminoso sulla scrivania segnava
le
quattro e trentadue. Recuperò da terra la bottiglia di scotch,
si
versò un altro whisky, si sedette al tavolo, bevve un sorso. Senza
accorgersene, si ritrovò a piangere. Si portò le mani al viso e
singhiozzò; il dolore lo travolse e passò. Più calmo,
si
asciugò gli occhi, con la punta delle dita. Bevve un altro sorso.
Notò la rivoltella, sul tavolo, lì accanto.
Non
la .38 che aveva ucciso Angelique.
Quella,
l’avevano distrutta, come si elimina un cane assassino. Questa era
un’altra. La prese, s’infilò la canna in bocca.
Gli
parve la decisione giusta. La canna aveva un gusto amaro
e
oleoso. Gold saettò la punta della lingua
dentro
il foro dell’arma. Nel modo in cui soleva giocare
con
la clitoride di Angelique. Si chiese quanta pressione del dito
occorresse. Si chiese se avrebbe udito lo sparo”.
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