02 marzo 2020

Recensione di Marcel Montecino – Croci sul muro – a cura di Marcello Sgarbi

Marcel MontecinoCroci sul muro
(Edizioni Interno Giallo Mondadori)

Dettagli
Pagine: 432
Collana: Iperfiction
Formato: Copertina morbida
ISBN 788835600091

Leggendo Montecino sembra di sentire echi dell’autobiografia di Charlie Mingus. Più che noir è cool, e anche un po’ bastardo, soprattutto nella pagina che vi propongo. E non è un caso che l’autore sia un musicista: jazz, per l’appunto.
Formidabile nell’intro, calibrato nel ritmo, preciso come un metronomo: i due protagonisti si incontrano alla metà esatta del racconto e da quel momento è un crescendo raveliano che non abbandona mai il tema.
Da leggere in compagnia di Miles Davis o Chet Baker centellinando le pagine in attesa del bis (magari corredato da qualche tavola di Muñoz e Sampayo).
Visto che Jack Gold sembra un clone di Alack Sinner, ci starebbero benissimo.

Gold si alzò bruscamente dalla poltrona. La bottiglia
di Johnnie Walker rotolò sul pavimento, lasciando
sul tappeto verde una scia di goccioline ambrate.
Il sax di Mint Julep Jackson continuava a gemere.
Il giradischi automatico ripartiva ogni volta dall’inizio.
Fuori del bovindo era ancora notte fonda.
Gold non riuscì ad arrivare al bagno.
A metà strada si vomitò sul davanti della camicia.
Tenendosi le mani a coppa sotto la bocca, continuò a rimettere fino al water, s’inginocchiò sulle piastrelle
e vomitò un liquido amaro e alcolico che scivolò
lungo le pareti della tazza.
Quando Gold era entrato nella camera da letto, Angelique parlava a Evelyn da quasi un’ora… “Mio Dio, Jack, un’ora!” l’aveva stuzzicato in seguito Carol.
Dev’essere stata una relazione torrida! Con tutte quelle cose
da raccontare!”
Poi Evelyn era rimasta al telefono e aveva ascoltato
tutto ciò che era seguito.
Dimmelo tu, Jack, Ev non ha voluto. Eri davvero nella stanza, quando quella poveretta si è uccisa? C’eri? Jack,
Ev che cosa ha sentito? Che cosa ha sentito?”
Gold si lavò il viso, si sciacquò la bocca. Tornò in soggiorno. L’orologio luminoso sulla scrivania segnava
le quattro e trentadue. Recuperò da terra la bottiglia di scotch,
si versò un altro whisky, si sedette al tavolo, bevve un sorso. Senza accorgersene, si ritrovò a piangere. Si portò le mani al viso e singhiozzò; il dolore lo travolse e passò. Più calmo,
si asciugò gli occhi, con la punta delle dita. Bevve un altro sorso. Notò la rivoltella, sul tavolo, lì accanto.
Non la .38 che aveva ucciso Angelique.
Quella, l’avevano distrutta, come si elimina un cane assassino. Questa era un’altra. La prese, s’infilò la canna in bocca.
Gli parve la decisione giusta. La canna aveva un gusto amaro
e oleoso. Gold saettò la punta della lingua
dentro il foro dell’arma. Nel modo in cui soleva giocare
con la clitoride di Angelique. Si chiese quanta pressione del dito occorresse. Si chiese se avrebbe udito lo sparo”.

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