06 aprile 2019

TRE DOMANDE E TRE RISPOSTE SUGLI ATTACCHI DI PANICO a cura del dr. Roberto Pozzetti

TRE DOMANDE E TRE RISPOSTE SUGLI ATTACCHI DI PANICO a cura del dr. Roberto Pozzetti
Mi vengono poste delle domande circa il panico. Ecco le mie succinte risposte.
1) Quali differenze ci sono fra ansia e attacchi di panico ?
In generale, si tende a considerare il panico come una manifestazione più acuta, più grave dell’ansia. Si parla del panico come di un’ansia molto forte.
In effetti, invece, il panico ha caratteristiche qualitativamente diverse. L’ansia è anzitutto una preparazione dinanzi a un evento (a un esame universitario, a un appuntamento intimo) mentre il panico insorge sovente come un fulmino a ciel sereno in un modo che trova il soggetto decisamente impreparato. Per questo, il panico ha delle caratteristiche analoghe a quelle dello spavento; tuttavia, mentre lo spavento finisce immediatamente, il panico tende a evolversi in una fobia. Si ha la paura di avere ancora paura, emerge la paura di avere il panico, si ha il panico del panico.
Un’ansia molto intensa va curata, eventualmente con il ricorso ai farmaci oltre che con la talking cure; di solito, però, l’ansia non va curata in quanto è un fenomeno umano ed è anche produttiva e mette al lavoro. Gli attacchi di panico richiedono quasi sempre un trattamento dal momento che i fenomeni del panico sono invalidanti: fra questi, i più drammatici sono i mancamenti radicali come lo svenimento e l’impressione di essere sul punto di morire d’infarto.
2) Per quali motivi sono così diffusi gli attacchi di panico ?
La nostra epoca è l’epoca della paura, è l’epoca del panico. Lo è dinanzi al vacillamento delle certezze offerte una volta da una certa efficacia che aveva il ruolo genitoriale e, soprattutto, la figura paterna tranquillizzante, rassicurante. Zygmunt Bauman ne ha parlato come dell’epoca dei legami liquidi.
La psicoanalisi è nata a fine 800 dalla cura delle ragazze isteriche i cui sintomi corporei stavano al posto di un soddisfacimento sessuale intollerabile. Erano sintomi di origine inconscia in una società che proibiva la sessualità e dava in cambio un’identità in famiglia: essere figlio e diventare genitore.
Con i cambiamenti che trovano il loro apice nel 1968, si accede facilmente al godimento ma viene meno l’identità familiare. I nuovi sintomi dagli anni 70 in poi si basano su una nuova identità solida: “Io sono” (un tossicodipendente, un alcolista, un’anoressica, una bulimica).
Negli ultimi decenni, con Internet, con la deterritorializzazione professionale e affettiva, con il precariato, le identità sono sempre meno solide. Abbiamo identità liquide. Anche i disturbi che ne derivano sono liquidi, come appunto le crisi di panico. Sono crisi che giungono all’improvviso, dinanzi alla carenza di sicurezze della vita attuale, quando meno ce lo aspettiamo ma che si evolvono anche più rapidamente. Non abbiamo soggetti sempre panicati, per decenni, come capita invece con i tossicodipendenti e le anoressiche. Chi soffre di attacchi di panico non vuole stare a lungo a contatto con altri con lo stesso disturbo, non vuole fare gruppo perché teme di venirne contagiato e di soffrire di nuovo di questi problemi.
3) Come si curano le crisi di panico ?
La prima operazione da compiere consiste nel circoscrivere il panico che si presenta come un’esperienza drammatica, che travolge il soggetto. E’ già importante riuscire non tanto a rispondere alla domanda “Perché mi è venuto il panico?” ma alle domande: “Quando avviene il panico? Dove ? Da solo o con chi ? “.
Accorgersi che il panico irrompe sempre in contesti dai quali diventa complicato allontanarsi (ascensori, mezzi pubblici, spazi angusti) permette di evolvere il panico in una sorta di claustrofobia; notare che il panico capita spesso in luoghi affollati ( centri commerciali, stazioni, piazze) porta a ricercare serenità in contesti più riservati; l’evidenza di come il panico assalga il soggetto lontano da casa lo porta a cercare la sicurezza degli ambiti familiari. In questo modo, si costruisce una fobia che ha un oggetto abbastanza preciso e non è più un terrore generalizzato come quello precedente.
Più squisitamente psicoanalitica è, invece, la seconda operazione che concerne nel giungere a cogliere cosa viene indicato dal panico. Un attacco di panico è comunque un elemento da leggere in riferimento all’inconscio: indica qualcosa di inconscio, un significato inconscio, una verità inconscia. Anziché trattarsi di un elemento estraneo da scacciare o da combattere, si tratta di una verità che, se ci si lavora e la si interpreta, orienta in modo nuovo e positivo la propria esistenza.

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