01 aprile 2019

IL CORPO DI MATTEOTTI di Italo Arcuri - a cura di Vincenzo Capodiferro

IL CORPO DI MATTEOTTI
Un’interessantissima e profonda inchiesta storico-letteraria di Italo Arcuri

Il corpo di Matteotti” di Italo Arcuri, Emia, Riano 2019, è un’interessantissima inchiesta storico-letteraria sul corpo di questo martire della libertà. Giacomo Matteotti. «Il libro di Italo Arcuri,» scrive Antonio Casu nella prefazione, «si snoda intorno ad alcune direttrici principali. La prima è preservare la memoria come presidio di libertà, come sfida all’oblio, che era il vero obiettivo del fascismo, come di tutte le dittature… Se la memoria è il fine, il tratto costante è l’indignazione, non sopita nonostante il decorso del tempo. Per il brutale assassinio …». Italo Arcuri, che abbiamo anche recensito per Insubria, si distingue per la sua capacità non indifferente di ritrarre il fatto storico con tratti che abbracciano contemporaneamente la meticolosità del giornalista, l’obiettività dello storico e l’esteticità del narratore. Non manca d'altronde la vena del politico. Con dovizia di particolari, riportando con minuzia tutti i documenti, ci riporta la descrizione del ritrovamento del corpo di Matteotti e la ricostruzione della sua morte. Muratori sosteneva che la storia la fanno i monumenti ed i documenti. I monumenti sono documenti viventi. Ma qui il profondo senso della vita del Matteotti viene svelato dalla sua morte: come la morte di Cristo, il “Cristo laico” come lo definisce Arcuri, o la morte di Cesare. La morte dà senso alla vita: Heidegger diceva l’”essere per la morte”. Se c’è stata una vita autenticissima quella di Matteotti ne è l’esempio vivente. Nessuno ebbe il coraggio di contrastare effettivamente il fascismo nascente ed ascendente. Così Matteotti diventa il protomartire, il primo martire della libertà, come Stefano. È lo Spirito di Verità che agita inconsciamente questo uomo saldo, forte, caldo delle passioni del socialismo italiano, dal quale era disceso comunque anche il Mussolini. E l’Italia dove era? Il popolo prono plaude al suo lugubre capo: Le Bon aveva visto giusto ne “La psicologia delle folle”. Il popolo è gregario: gregge senza testa, ma non senza capo. I partiti di massa, popolari e socialisti, con le solite manifestazioni pacifiste, credono di poter atterrire il fascismo. Fanno la secessione aventiniana. Un discorsetto di Menenio Agrippa sul mal di pancia ha forse fermato l’avanzata dell’Impero? I collaborazionisti socialisti e cattolici silenti sorvolano sull’ascesa di Benito. Pochi ribelli o fuggono dall’Italia o sono confinati, gli altri costituiscono l’antifascismo che il fascismo tollera volentieri come un diabete che si conforta con l’insulina. Nel maggio del 1924 il deputato socialista Giacomo Matteotti (1885-1924) denuncia le violenze ed i brogli elettorali del fascismo. Viene rapito ed assassinato da sicari fascisti il 10 giugno del 1924. La sua morte suscita profonda emozione nel paese. Il 27 giugno si ha la secessione aventiniana: un’imitazione della stessa prosopopea retorica fascista. Appello al re: non interviene! Poteva fermare già Benito nella marcia su Roma di quattro travestiti di camicie nere. Non lo aveva fatto. I liberali pur di non cedere il passo ai socialisti si vendettero a Benito. Questo Giolitti lo sapeva benissimo, nonostante anche lui, oramai vecchio si opponesse al Fascio. Nel discorso del 3 gennaio del 1925 Mussolini si assume la responsabilità storica e morale del delitto Matteotti. Inizia la dittatura. Poco tempo prima quella quattro camicie nere marciavano su Roma. Al governo c’erano incompetenti ed inconcludenti come Facta. Re Sciaboletta, non sapendo come dimenarsi, invita Mussolini a formare il governo in base allo Statuto albertino. È l’inizio della fine. Poteva, se voleva, incaricare i popolari, anticipando la stagione della DC: era decisamente meglio! Ma voleva fargliela pagare ai papi per la questione romana! In base allo stesso Statuto il 25 luglio del 1943 destituisce il duce. Il ruolo del re somiglia molto a quello di alcuni presidenti della nostra repubblica.
Lo stile di Italo è forte, conciso, ermetico, a volte laconico, ellittico: riporta quei lunghissimi sessantasei (numero della bestia) giorni racchiusi tra la morte ed il ritrovamento del corpo Matteotti il 16 agosto 1924, giorno di San Rocco, a Riano: «Il corpo di Giacomo Matteotti è stato ritrovato il 16 agosto 1924, a Riano, paese che all’epoca contava circa mille abitanti, una manciata di chilometri a nord di Roma, non molto lontano dal quartiere Flaminio dove il deputato abitava … Erano sessantasei giorni che lo cercavano. Dal 10 giugno, in cui era stato sequestrato e ucciso … Giorni senza fine … La trepidazione della famiglia, con il penoso tormento della moglie e l’angoscia senza fine della madre; l’impazienza dei colleghi di partito e lo sbigottimento tra le fila dell’opposizione … infine la grade emozione degli italiani. Tutto ciò riempiva le pagine dei giornali. Mesi di un anno terribile che l’Italia democratica non avrebbe mai voluto vivere». L’”annus terribilis”. Italo racchiude questo tormento d’Italia in un lasso spazio-temporale: 66 giorni, 23 Km, 400 metri. Tutto partiva dal 30 maggio del 1924: «È il giorno del celebre discorso parlamentare, l’ultimo, tenuto da Giacomo Matteotti alla Camera. Nell’intervento che lo avrebbe consegnato a morte certa, il deputato socialista presentava l’eccezione sulla validità delle elezioni politiche che si erano svolte in Italia un mese e mezzo prima, il 6 aprile, per eleggere la XXVII legislatura … Ecco quanto affermava Matteotti quel giorno alla Camera dei deputati, in un discorso di un’ora e mezza, ben documentato, ma avvolto da una bolgia da stadio, al cospetto del Presidente della Camera, il giurista Alfredo Rocco, e di Benito Mussolini, muto, impettito, con braccia conserte …». L’assassinio avverrà di lì a poco: «Non lontano da Piazza del Popolo … Gli aggressori riescono a tramortire Matteotti e a sollevarlo di peso, caricandolo sulla vettura … Non riuscendo a tenerlo fermo, uno dei sicari … dopo avergli appioppato dolorosi colpi al basso ventre, afferra un pugnale e lo colpisce mortalmente …». Ma cosa c’era dietro? Oltre alla pista fascista, Italo ben mette in evidenza la pista affaristica: «L’americana “Sinclair Oil”, ufficialmente indipendente, ma in realtà legata ad una delle majors, la “Standard Oil Trust”, in quei mesi, esercitava pressioni su alcuni esponenti politici del fascismo italiano per ottenere l’esclusiva delle attività di ricerca del petrolio in Italia». Se avessero scoperto la Basilicata allora? Ma alcuni confinati già avevano scoperto il petrolio. Matteotti sapeva! Voleva denunciare!
C’è un parallelo interessante, che Italo evidenzia: Moro-Matteotti. Così come il delitto Moro! Uno ucciso da sicari fascisti, l’altro da sicari compagni, BR! La violenza non può mai venire giustificata da qualunque fronte politico provenga. Questo fu un grave errore dei compagni: giustificare la violenza della rivoluzione! Poi si pentirono quando i carri armati staliniani invadevano le città nelle primavere … I veri rivoluzionari vengono sempre tolti di mezzo: Troskji … Che, Matteotti, Moro, … Aristotele aveva esaltato la naturale socialità dell’uomo: l’animal politicum per natura! Ma questa era un’idealizzazione. Chi sta fuori della comunità? La bestia o il dio! L’inetto o il superuomo! Alla fine erano prevalsi gli opposti: pochi superuomini e il resto tutti inetti. Aveva vinto la logica di Hobbes: l’assolutismo! L’homo homini lupus! Anche Freud se n’era accorto, dopo la Grande Guerra avrebbe prevalso il Thanatos, lo Spirito della Morte. Ogni forma di potere si fonda sull’aggressività: «L’automobile su cui viaggiava Moro, inoltre, non era blindata, c’erano complicità interne alle istituzioni dello Stato? Cia? Kgb? I simboli… Prima di tutto, l’automobile: la “Lancia Lambda” e la “Renault 4. Nera la prima, rossa le seconda … Un ulteriore tratto comune è dato dal fatto che entrambi sono stati uccisi a pochi metri dalle proprie abitazioni … Infine, il segno più palese e distintivo delle due figure di spicco uccise a Roma: la borsa in pelle o in cuoio». Nella borsa evidentemente c’era la verità e come dice il proverbio: chi dice la verità vuole essere impiccato! Ma egli lo sapeva benissimo, perché aveva detto: verrete al mio funerale! E il funerale non ci fu. Ed aveva detto anche: anche se uccidete me, non ucciderete la mia idea! Spinoza nel Tractatus Theologico-politicus sosteneva che i regimi totalitari si fondano essenzialmente sulla finzione e sull’ipocrisia, perché gli uomini, liberi per natura, sono costretti ad assumere una maschera pirandelliana. Perciò i regimi corrompono le masse. Tutti i dittatori del Novecento avevano letto Le Bon! Questa corruzione delle masse produce una malattia sociale che è il totalitarismo, termine fascista, il quale oggi ha assunto una connotazione negativa. Lo Stato deve avere sempre come fine la libertà. Il popolo per paura collettiva cede allo strapotere, ma nessun despota può tappare la bocca della verità! Gramsci non a caso parlava di classe dirigente e classe dominante! Che strano caso! Il fratello di Antonio, Mario Gramsci era fascista da morire! Segretario del fascio di Varese: morti entrambi di stenti ed a distanza di poco. E non dimentichiamolo: Mussolini farà la stessa fine di Matteotti. Chi la fa l’aspetti. Il Dio Mammona si serve dei dittatori e poi li abbandona e li butta. Così fece con Napoleone, con Robespierre. Hitler non si sa se è morto a quel modo, ma oramai è morto! Stalin è morto! Tutti sono morti! «Per certi versi quello di Matteotti è stato il corpo di un moderno Cristo laico. Come Cristo, Matteotti, ha predicato il verbo dell’eguaglianza, della conoscenza, della responsabilità, del rigore, dell’impegno politico, della giustizia sociale». Si sottolinea nondimeno la sacralità del corpo, dimora dell’anima. Il corpo di Matteotti viene ritrovato in condizioni foscoliane: Senti raspar tra le macerie e i bronchi/ La derelitta cagna ramingando/ Su le fosse e famelica ululando;/ E uscir del teschio, ove fuggia la Luna,/ L’Upupa, e svolazzar su per le croci… Le reliquie degli eroi in questo caso non hanno destato a nobili imprese gli Italiani nell’opporsi al regime, ma senz’altro hanno suscitato una profonda venerazione per gli illustri concittadini, la quale ancor oggi si tocca, nel numero infinito di strade dedicate a questo martire, Matteotti. Anche la Speranza, secondo la favola di Teognide, non abbandonò gli uomini quando gli dei si trasferirono in cielo, ma abbandona l’uomo quando entra nella tomba e nell’oblio. Eppure le gesta dei grandi rendono eterna, divina la loro vita: questo è anche il profondo senso del “corpo di Matteotti”, vestigio eroico d’eternità.

Vincenzo Capodiferro

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