IL
CORPO DI MATTEOTTI
Un’interessantissima
e profonda inchiesta storico-letteraria di Italo Arcuri
“Il
corpo di Matteotti” di Italo Arcuri, Emia, Riano 2019, è
un’interessantissima inchiesta storico-letteraria sul corpo di
questo martire della libertà. Giacomo Matteotti. «Il libro di Italo
Arcuri,» scrive Antonio Casu nella prefazione, «si snoda intorno ad
alcune direttrici principali. La prima è preservare la memoria come
presidio di libertà, come sfida all’oblio, che era il vero
obiettivo del fascismo, come di tutte le dittature… Se la memoria è
il fine, il tratto costante è l’indignazione, non sopita
nonostante il decorso del tempo. Per il brutale assassinio …».
Italo Arcuri, che abbiamo anche recensito per Insubria, si distingue
per la sua capacità non indifferente di ritrarre il fatto storico
con tratti che abbracciano contemporaneamente la meticolosità del
giornalista, l’obiettività dello storico e l’esteticità del
narratore. Non manca d'altronde la vena del politico. Con dovizia di
particolari, riportando con minuzia tutti i documenti, ci riporta la
descrizione del ritrovamento del corpo di Matteotti e la
ricostruzione della sua morte. Muratori sosteneva che la storia la
fanno i monumenti ed i documenti. I monumenti sono documenti viventi.
Ma qui il profondo senso della vita del Matteotti viene svelato dalla
sua morte: come la morte di Cristo, il “Cristo laico” come lo
definisce Arcuri, o la morte di Cesare. La morte dà senso alla vita:
Heidegger diceva l’”essere per la morte”. Se c’è stata una
vita autenticissima quella di Matteotti ne è l’esempio vivente.
Nessuno ebbe il coraggio di contrastare effettivamente il fascismo
nascente ed ascendente. Così Matteotti diventa il protomartire, il
primo martire della libertà, come Stefano. È lo Spirito di Verità
che agita inconsciamente questo uomo saldo, forte, caldo delle
passioni del socialismo italiano, dal quale era disceso comunque
anche il Mussolini. E l’Italia dove era? Il popolo prono plaude al
suo lugubre capo: Le Bon aveva visto giusto ne “La psicologia delle
folle”. Il popolo è gregario: gregge senza testa, ma non senza
capo. I partiti di massa, popolari e socialisti, con le solite
manifestazioni pacifiste, credono di poter atterrire il fascismo.
Fanno la secessione aventiniana. Un discorsetto di Menenio Agrippa
sul mal di pancia ha forse fermato l’avanzata dell’Impero? I
collaborazionisti socialisti e cattolici silenti sorvolano
sull’ascesa di Benito. Pochi ribelli o fuggono dall’Italia o sono
confinati, gli altri costituiscono l’antifascismo che il fascismo
tollera volentieri come un diabete che si conforta con l’insulina.
Nel maggio del 1924 il deputato socialista Giacomo Matteotti
(1885-1924) denuncia le violenze ed i brogli elettorali del fascismo.
Viene rapito ed assassinato da sicari fascisti il 10 giugno del 1924.
La sua morte suscita profonda emozione nel paese. Il 27 giugno si ha
la secessione aventiniana: un’imitazione della stessa prosopopea
retorica fascista. Appello al re: non interviene! Poteva fermare già
Benito nella marcia su Roma di quattro travestiti di camicie nere.
Non lo aveva fatto. I liberali pur di non cedere il passo ai
socialisti si vendettero a Benito. Questo Giolitti lo sapeva
benissimo, nonostante anche lui, oramai vecchio si opponesse al
Fascio. Nel discorso del 3 gennaio del 1925 Mussolini si assume la
responsabilità storica e morale del delitto Matteotti. Inizia la
dittatura. Poco tempo prima quella quattro camicie nere marciavano su
Roma. Al governo c’erano incompetenti ed inconcludenti come Facta.
Re Sciaboletta, non sapendo come dimenarsi, invita Mussolini a
formare il governo in base allo Statuto albertino. È l’inizio
della fine. Poteva, se voleva, incaricare i popolari, anticipando la
stagione della DC: era decisamente meglio! Ma voleva fargliela pagare
ai papi per la questione romana! In base allo stesso Statuto il 25
luglio del 1943 destituisce il duce. Il ruolo del re somiglia molto a
quello di alcuni presidenti della nostra repubblica.
Lo
stile di Italo è forte, conciso, ermetico, a volte laconico,
ellittico: riporta quei lunghissimi sessantasei (numero della bestia)
giorni racchiusi tra la morte ed il ritrovamento del corpo Matteotti
il 16 agosto 1924, giorno di San Rocco, a Riano: «Il corpo di
Giacomo Matteotti è stato ritrovato il 16 agosto 1924, a Riano,
paese che all’epoca contava circa mille abitanti, una manciata di
chilometri a nord di Roma, non molto lontano dal quartiere Flaminio
dove il deputato abitava … Erano sessantasei giorni che lo
cercavano. Dal 10 giugno, in cui era stato sequestrato e ucciso …
Giorni senza fine … La trepidazione della famiglia, con il penoso
tormento della moglie e l’angoscia senza fine della madre;
l’impazienza dei colleghi di partito e lo sbigottimento tra le fila
dell’opposizione … infine la grade emozione degli italiani. Tutto
ciò riempiva le pagine dei giornali. Mesi di un anno terribile che
l’Italia democratica non avrebbe mai voluto vivere». L’”annus
terribilis”. Italo racchiude questo tormento d’Italia in un lasso
spazio-temporale: 66 giorni, 23 Km, 400 metri. Tutto partiva dal 30
maggio del 1924: «È il giorno del celebre discorso parlamentare,
l’ultimo, tenuto da Giacomo Matteotti alla Camera. Nell’intervento
che lo avrebbe consegnato a morte certa, il deputato socialista
presentava l’eccezione sulla validità delle elezioni politiche che
si erano svolte in Italia un mese e mezzo prima, il 6 aprile, per
eleggere la XXVII legislatura … Ecco quanto affermava Matteotti
quel giorno alla Camera dei deputati, in un discorso di un’ora e
mezza, ben documentato, ma avvolto da una bolgia da stadio, al
cospetto del Presidente della Camera, il giurista Alfredo Rocco, e di
Benito Mussolini, muto, impettito, con braccia conserte …».
L’assassinio avverrà di lì a poco: «Non lontano da Piazza del
Popolo … Gli aggressori riescono a tramortire Matteotti e a
sollevarlo di peso, caricandolo sulla vettura … Non riuscendo a
tenerlo fermo, uno dei sicari … dopo avergli appioppato dolorosi
colpi al basso ventre, afferra un pugnale e lo colpisce mortalmente
…». Ma cosa c’era dietro? Oltre alla pista fascista, Italo ben
mette in evidenza la pista affaristica: «L’americana “Sinclair
Oil”, ufficialmente indipendente, ma in realtà legata ad una delle
majors, la “Standard Oil Trust”, in quei mesi, esercitava
pressioni su alcuni esponenti politici del fascismo italiano per
ottenere l’esclusiva delle attività di ricerca del petrolio in
Italia». Se avessero scoperto la Basilicata allora? Ma alcuni
confinati già avevano scoperto il petrolio. Matteotti sapeva! Voleva
denunciare!
C’è
un parallelo interessante, che Italo evidenzia: Moro-Matteotti. Così
come il delitto Moro! Uno ucciso da sicari fascisti, l’altro da
sicari compagni, BR! La violenza non può mai venire giustificata da
qualunque fronte politico provenga. Questo fu un grave errore dei
compagni: giustificare la violenza della rivoluzione! Poi si
pentirono quando i carri armati staliniani invadevano le città nelle
primavere … I veri rivoluzionari vengono sempre tolti di mezzo:
Troskji … Che, Matteotti, Moro, … Aristotele aveva esaltato la
naturale socialità dell’uomo: l’animal
politicum
per natura! Ma questa era un’idealizzazione. Chi sta fuori della
comunità? La bestia o il dio! L’inetto o il superuomo! Alla fine
erano prevalsi gli opposti: pochi superuomini e il resto tutti
inetti. Aveva vinto la logica di Hobbes: l’assolutismo! L’homo
homini
lupus!
Anche Freud se n’era accorto, dopo la Grande Guerra avrebbe
prevalso il Thanatos, lo Spirito della Morte. Ogni forma di potere si
fonda sull’aggressività: «L’automobile su cui viaggiava Moro,
inoltre, non era blindata, c’erano complicità interne alle
istituzioni dello Stato? Cia? Kgb? I simboli… Prima di tutto,
l’automobile: la “Lancia Lambda” e la “Renault 4. Nera la
prima, rossa le seconda … Un ulteriore tratto comune è dato dal
fatto che entrambi sono stati uccisi a pochi metri dalle proprie
abitazioni … Infine, il segno più palese e distintivo delle due
figure di spicco uccise a Roma: la borsa in pelle o in cuoio». Nella
borsa evidentemente c’era la verità e come dice il proverbio: chi
dice la verità vuole essere impiccato! Ma egli lo sapeva benissimo,
perché aveva detto: verrete al mio funerale! E il funerale non ci
fu. Ed aveva detto anche: anche se uccidete me, non ucciderete la mia
idea! Spinoza nel Tractatus
Theologico-politicus
sosteneva che i regimi totalitari si fondano essenzialmente sulla
finzione e sull’ipocrisia, perché gli uomini, liberi per natura,
sono costretti ad assumere una maschera pirandelliana. Perciò i
regimi corrompono le masse. Tutti i dittatori del Novecento avevano
letto Le Bon! Questa corruzione delle masse produce una malattia
sociale che è il totalitarismo, termine fascista, il quale oggi ha
assunto una connotazione negativa. Lo Stato deve avere sempre come
fine la libertà. Il popolo per paura collettiva cede allo
strapotere, ma nessun despota può tappare la bocca della verità!
Gramsci non a caso parlava di classe dirigente e classe dominante!
Che strano caso! Il fratello di Antonio, Mario Gramsci era fascista
da morire! Segretario del fascio di Varese: morti entrambi di stenti
ed a distanza di poco. E non dimentichiamolo: Mussolini farà la
stessa fine di Matteotti. Chi la fa l’aspetti. Il Dio Mammona si
serve dei dittatori e poi li abbandona e li butta. Così fece con
Napoleone, con Robespierre. Hitler non si sa se è morto a quel modo,
ma oramai è morto! Stalin è morto! Tutti sono morti! «Per certi
versi quello di Matteotti è stato il corpo di un moderno Cristo
laico. Come Cristo, Matteotti, ha predicato il verbo
dell’eguaglianza, della conoscenza, della responsabilità, del
rigore, dell’impegno politico, della giustizia sociale». Si
sottolinea nondimeno la sacralità del corpo, dimora dell’anima. Il
corpo di Matteotti viene ritrovato in condizioni foscoliane: Senti
raspar tra le macerie e i bronchi/ La derelitta cagna ramingando/ Su
le fosse e famelica ululando;/ E uscir del teschio, ove fuggia la
Luna,/ L’Upupa, e svolazzar su per le croci… Le
reliquie degli eroi in questo caso non hanno destato a nobili imprese
gli Italiani nell’opporsi al regime, ma senz’altro hanno
suscitato una profonda venerazione per gli illustri concittadini, la
quale ancor oggi si tocca, nel numero infinito di strade dedicate a
questo martire, Matteotti. Anche la Speranza, secondo la favola di
Teognide, non abbandonò gli uomini quando gli dei si trasferirono in
cielo, ma abbandona l’uomo quando entra nella tomba e nell’oblio.
Eppure le gesta dei grandi rendono eterna, divina la loro vita:
questo è anche il profondo senso del “corpo di Matteotti”,
vestigio eroico d’eternità.
Vincenzo
Capodiferro
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