11 marzo 2019

Una denuncia contro la violenza di genere a cura di Antonio Laurenzano

Una denuncia contro la violenza di genere

di Antonio Laurenzano
Tante donne in corteo per le strade italiane per celebrare l’8 marzo. Da Napoli a Torino, da Roma a Milano, una giornata di mobilitazione per denunciare diritti negati e discriminazioni subite, ma soprattutto per dire basta alla violenza! Violenza sulle donne, una strage senza fine, una drammatica emergenza sociale. Gelosia, incapacità di gestire la rottura di un rapporto, un morboso sentimento di possesso sono i motivi che scatenano l’impeto di una mano omicida, di una mente malata.
In Italia, ogni tre giorni si registrano due casi di “omicidi di prossimità”, commessi cioè tra persone legate da vincoli affettivi. Un’escalation di violenza impressionante, violenza domestica: gli autori dei delitti, infatti, sono per lo più mariti, fidanzati, conviventi ed ex partner in crisi di identità al cospetto di donne sempre più autonome ed emancipate. Sono dati allarmanti quelli relativi agli omicidi delle donne nel nostro Paese, nonostante la Legge 119 dell’ottobre 2013 contro “la violenza di genere”, votata dal Parlamento italiano in adesione alle “prescrizioni” della Convenzione di Istanbul del 2011 sulla “prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne”.
Per combattere la violenza, per farla uscire dalla normalità occorre riconoscerla, occorre combattere il silenzio. La prevenzione cioè quale strumento efficace per rompere il muro dell’indifferenza che sostiene il femminicidio. Ma in Italia manca una cultura della prevenzione e della risposta nei confronti della violenza sulle donne. Sembra prevalere una cultura della rimozione e della negazione. E adottare l’atteggiamento di chi non vede, non sente e non parla serve a tacitare la propria coscienza e a solidificare il muro di omertà! E il silenzio è il migliore alleato dei predatori di sogni. Questo inquietante fenomeno sociale matura infatti lentamente nel silenzio più assordante, con la debolezza di chi subisce e con la complicità di chi non vede, non vuole vedere maltrattamenti che negano alla vittima ogni dignità, derubandola di diritti e desideri. Svaniscono miseramente nella paura le illusioni, i colori di una vita in rosa, muore nella violenza ogni sogno d’amore. Una vita spezzata! Una vita segnata da mani criminali in nome di un amore malato. Un vero omicidio dell’anima!
Dalle violenze domestiche allo stalking, dall’insulto verbale alla pubblicazione in rete di immagini intime, la vita femminile è costellata di violazioni della propria sfera personale. Spesso un tentativo di cancellarne l’identità, di minarne profondamente l’indipendenza, la libertà di scelta e, in extremis, il diritto alla vita. Non basta dunque una legge ad affermare il diritto ad essere amate e rispettate, occorre una “risposta sociale” alla rabbia distruttiva dei “perdenti”, occorre una “rivoluzione culturale” in termini di prevenzione, punizione del colpevole, protezione della vittima, per sconfiggere ogni visione patriarcale della donna e quindi la posizione di dominanza e di potere di chi confonde l’amore con il possesso!
E’ fondamentale aiutare la società a “vedere” il fenomeno della violenza per creare uno spazio di libertà e rifuggire dalla paura della solitudine. L’amore si nutre di rispetto, dialogo, coraggio: non invochiamolo più per coprire abusi e violenze! E gettiamo nel cestino della cattiva cronaca giudiziaria gli sconti di pena per “tempesta emotiva”. La mimosa non diventi un crisantemo!

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