04 marzo 2019

IL PROTOTOTALITARISMO COME FORMA DI DEMOCRAZIA ASSOLUTA TRASCENDENTALE Riflessioni di filosofia del diritto a cura di Vincenzo Capodiferro

IL PROTOTOTALITARISMO COME FORMA DI DEMOCRAZIA ASSOLUTA TRASCENDENTALE
Riflessioni di filosofia del diritto

I totalitarismi del Novecento in tutte le loro forme sono la prosecuzione del processo di dissoluzione dell’assolutismo monarchico seicentesco. Questo processo subisce un colpo finale con la Grande Guerra. Infatti nel 1918 crollano tutte le dinastie ancestrali: gli Asburgo cattolici, gli Zar ortodossi, gli Hohenzollern protestanti e i Sultani Ottomani mussulmani. Di fronte a questo vuoto abissale i popoli smarriti e trafugati in follie collettive, abbandonano il senno ed eleggono a loro capi i dittatori popolani, come si faceva nell’antica Roma. Cincinnato fu preso mentre arava i campi e fu nominato Dictator. Il dittatore è il dettatore, colui che detta leggi. Il popolo è impulsivo, non segue la ragione, ma il sentimento e si fa volentieri travolgere dalle passioni collettive. Basta leggere Le Bon per rendersene conto. Ecco perché tutti i tiranni novecenteschi leggevano “La psicologia delle folle” e la “Repubblica” di Platone. Le hanno lette certamente Mussolini, Lenin e Hitler. Popper giustamente se la prendeva con Platone, padre di tutti i totalitarismi. Folla ha a che fare con follia. La folla è folle, non usa la ragione, è cieca. Purtroppo i punti comuni di ogni forma di totalitarismo le troviamo pari pari nelle sperimentazioni di democrazia assoluta, seguita alle rivoluzioni storiche, come quella inglese, la francese e la russa. La democrazia trascendentale, cioè nella manifestazione delle sue forme pure e kantianamente a priori coincide di fatto con la dittatura della maggioranza, o di una minoranza, il più delle volte, come quella dei bolscevichi, che non avevano nulla di bolsc, maggior parte, o della collettività assoluta. La “Volonté Général” di Rousseau e la Volontà assoluta kantiana-schopenhaueriana esprimono in modo simile questo concetto di assolutismo totalizzante delle esecuzioni democratizzanti delle masse inerti. I punti comuni sono: - sfruttamento dei diritti democratici delle masse, - fanatizzazione delle masse; - creazione di forme parareligiose legate ai culti della personalità, che nulla hanno da invidiare a quelli memori dell’antico assolutismo, come il Re Sole, che diceva: Lo Stato sono io! – crisi totale dei valori economici e morali – ex chaos ordo; - visione palingenetica della società, con modello a partito unico e fusione totale di stato e società; creazione ad hoc di una dommatica manichea del nemico e di una conseguente giustificazione dell’aggressività. Il totalitarismo è un idealtipo weberiano che segna il ritorno purtroppo a forme naturistiche ancestrali. La massa non è il popolo, né la classe. La massa è un aggregato atomistico-individualistico baumaniamente liquido. Hobbes aveva inquadrato il vero tipo dell’animal apoliticum homo homini lupus. Aveva individuato il carattere belluinico dello stato di natura. Non si era reso conto però che necessariamente la monarchia è un prodotto della stessa natura che si voleva superare con lo stato. La forma predominante delle condizioni gregali dei mammiferi sono monarchie assolute. Da Hobbes poi si vola a Malthus e da qui il salto è fatto a Darwin ed al darvinismo storico-sociale. La lotta per la sopravvivenza è la molla ancestrale che fa saltellare la storia e fa traballare tutte le forme pacifiche di convivenza. La Grande Guerra e la Seconda Guerra Mondiale sono ritorni all’ancestrale bellum omnium contra omnes. Le democrazie relative, o rappresentative funzionano solo nei periodi deboli, ma nei periodi forti ci vogliono uomini forti, che anche in sistemi democratici o pseudo-democratici sappiano incutere sicurezza nelle folle smarrite. La rivoluzione è un altro esperimento di ritorno al bellum totale. Ogni rivoluzione ha prodotto forme totalitarie: quella inglese ha prodotto Cromwell, quella francese Robespierre e Napoleone, che era suo seguace, quella del 1848 Napoleone III, Bismarck, quella russa Lenin e Stalin. Il socialismo ha prodotto Mussolini ed Hitler. Il collettivismo esagerato e l’individualismo esagerato sono i mali che propagano il totalitarismo. C’è la coincidentia oppositorum degli estremi. Bodin già teorizza l’origine democratica dell’istituto monarchico nel “De la Republique” del 1576. Grozio formalizza l’antico contrattualismo di Democrito e di Epicuro. Questa teoria ebbe maggior fortuna da Hobbes fino a Rousseau. Democrazia assoluta e monarchia assoluta coincidono. Bossuet ripeteva a corte del re Sole: un roi, une foi, une loi! Perché mai Luigi XIV si fa chiamare il Re Sole, come gli antichi faraoni egizi? C’è un simbolismo platonico reminiscente che affonda le sue radici negli archetipi junghiani collettivi. Re deriva dall’antico dio solare Ra. L’Illuminismo poi fu sostanzialmente conservatore. Conservatore fu anche Rousseau con la sua democrazia assoluta. L’unica differenza è l’ascendenza dal basso o dall’alto, ma monarchia assoluta e democrazia assoluta assolutamente coincidono. I capi sono scelti democraticamente, come quelli dell’età antica. Il fuhrer-prinzip è emanazione diretta del diritto naturale. Ciò che incolla i regimi è sempre poi una religione laica, fatta di parate fasciste e naziste, di rappresentazioni, di culti puramene umani che trasfigurano come il lupo in san Francesco l’Homo homini lupus in Homo homini deus. Di queste sistemazioni teocratiche ne troviamo esempi nel calvinismo e nella Riforma. Per evitare il proto-totalitarismo vi è la solita ricetta aristotelica della moderazione: in medio stat virtus. Cioè in coeto medio stat virtus: «Tre sono in ogni stato le classi dei cittadini: i molto ricchi, i molto poveri, e quelli che sono in una condizione media tra questi due estremi. poiché si è riconosciuto che la via di mezzo sono sempre il meglio, ne consegue necessariamente che il possesso de beni limitati costituisce la situazione più favorevole. In tale situazione, infatti, si sanno ascoltare i comandi della ragione, mentre è difficile riuscirci, quando si è dotati id straordinarie doti di bellezza, di forza, di nascita o di ricchezza, sia quando la povertà, la debolezza, la meschinità dominano» (Arist., Pol. IV,9). All’utopismo di Platone Aristotele oppone una concezione più realistica. Il collettivismo platonico scardina le istituzioni fondamentali della società: la famiglia e la proprietà: «Se la proprietà è collettiva, ciascuno si cura poco di essa, ma bada piuttosto ai suoi interessi personali. Se in uno stato vi sono mille fanciulli, e tutti appartengono al pari ad ogni cittadino, nessuno si curerà veramente di quei fanciulli» (Ivi, II,1). Per evitare dunque i proto-totalitarismi populistici occorre che siano attuate tutte le politiche sociali ed economiche occorrenti a bilanciare le classi sociali, a far convergere il più possibile le forbici sociali. D'altronde la famosa “società comunista” si può raggiungere solo in un livello ultraterreno, cioè puramente spirituale, laddove non esiste più il legame alla materia e non ci sarà più la proprietà privata, cioè in un regno celeste. Non ci portiamo i soldi dall’altra parte. E badate bene: ricordate la parabola dell’uomo che aveva preso sette mogli. Nel regno divino non vi sono più né mogli, né mariti, quindi vi è il superamento anche della famiglia, che era stato previsto sia da Platone, nella Repubblica, che da Marx. Giustamente Aristotele ribatteva che l’uomo pensa a ciò che è proprio e ciò che è caro Non dimentichiamo poi che i primi cristiani già praticavano il comunismo, ed anche alcuni riformatori lo predicavano proprio, come Muntzer, che fu fatto fuori dai Principi tedeschi, mentre Lutero fu protetto, perché lanciò la crociata contro i poveri contadini. I totalitarismi furono teocrazie laiche. Non possiamo parlare di fascismo cattolico, di comunismo cattolico, di democrazia cattolica, etc. Dio come totale gratuità diventa fonte e garanzia di liberazione e non di alienazione.

Vincenzo Capodiferro

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