23 luglio 2018

Cascini "Il girotondo" a cura di Vincenzo Capodiferro


CASCINI. “IL GIROTONDO”
La voce poetica di un preside che ci racconta la sua vita “tra primina e buona scuola”.

Il Girotondo. Tra primina e buona scuola … nella Lucania” è una raccolta di poesie scritta da Prospero Antonio Cascini, edita da Monetti nel 2018. È la voce poetica di un preside che ci racconta appunto la sua vita dalla “primina” alla “buona scuola”, con cui conclude la sua lunga carriera didattica. Il Cascini è nato e vissuto in Lucania e divenne preside giovanissimo, a soli 34 anni. Psicologo con perfezionamento in psicopedagogia presso l’Università degli Studi di Torino, inizia la carriera come preside ad Oppido Mamertina e poi prosegue in Basilicata, ove «matura esperienza di dirigenza in scuole di ogni ordine e grado». Come scrive nella prefazione il giornalista e scrittore Antonio Sarno: «Due immagini fotografiche raccontano il percorso poetico di Prospero Cascini. La prima lo vede “coi pantaloncini corti” “tra botole, scale, bauli, zollette di zucchero come viatico e tanto affetto” affrontare con il cugino coetaneo la primina nella spartana stanza del maestro … La seconda, invece, non contiene figure umane …. Ma soltanto una frase autografata: “affinché la Nostra Scuola sia sempre eguale a se stessa, ma diversa …». Proprio toccante questa immagine della Nostra Scuola che si contrappone alla Buona Scuola! E chi ne sa di più della scuola se non i presidi, gli insegnanti, il personale di ogni tipo, gli allievi, i genitori, in pratica chi ci vive nella scuola? Una scuola “sempre eguale a se stessa, ma diversa!”. Il “Girotondo” è un gioco che alla fine vede “tutti giù per terra”! «Sarà/ trofeo,/ patire,/ gioire,/ il girotondo della vita/ come/ la severa/ umanità/ dei bambini». Il verso centrale “il girotondo della vita” ci fa riflettere appieno sul senso che il Cascini vuole trasmetterci in questa raccolta. Noi nella nostra vita, pervasi sempre da quello spirito del “fanciullino” del Pascoli giochiamo con quella “severa umanità”. «E Spingersi a terra non sarà sconfitta». Quel tutti giù per terra! rappresenta il fine/la fine di tutta la nostra esistenza, come un heideggeriano essere-per-la-morte. Il fanciullino è l’ideale tragico, ed è anche paradossalmente l’ultima meta delle metamorfosi dell’uomo-oltre-super-uomo di Nietzsche. Ma questo fanciullino viaggia trai confini dell’inetto e dell’eroe, proprio come diceva il filosofo: l’uomo trafila su di una corda tesa, tra la belva e il superuomo. Il Cascini è il cugino di un altro poeta-vate: Valerio, che vive a Torino, proprio in quella città ove il filosofo tedesco vide offuscarsi la mente. E proprio nei nostri paesi ancora il poeta conserva pienamente il suo titolo, che D’Annunzio ancora sognava, come agli antichi tempi greci: il vate. Il poeta è l’oracolo dell’Infinito, dell’Assoluto, colui che detta i vaticini. Nosce te ipsum! Ne sa qualcosa Teresa Armenti - amica e dipendente anche per molti anni del Cascini - che come Saffo, canta il suo ultimo canto: «E tu che spunti/ Fra la tacita selva in su la rupe,/ Nunzio del giorno». La poesia, voce acclamante della dionisiaca Venus lucifera, annunzia il giorno - l’Apollo della vita. La “tacita rupe” ha a che fare coi nostri monti selvaggi: Castelsaraceno, di cui l’Arcieri scriveva: di orrendevole aspetto, di angusto orizzonte. Ma da quell’angusto orizzonte sono usciti pastori e dietro di loro i cantori, i poeti. I versi del Cascini con stile tra ermetico e simbolista, delineano vari aspetti dell’esistenza dell’erlebnis - come lo definivano gli storicisti - del vissuto. Quello stile ironico e laconico, fescennino, lucanico, come per dire da “fabula atellana” è tipico del Cascini. Come ad esempio “La politica”, di cui molto ne sa, molto ne ha sofferto (anche insieme a me che mi ero candidato con lui): «Ti copre con/ un mantello multicolor/ ti toglie il respiro». Come ad esempio “La scuola”, di cui ne coglie i profondi meandri: «Correre per arrivare./ Tempi morti da rispettare». Due versi e ti dicono tutto! O “I consigli di classe”: «Atteggiamenti costruiti/ alla bisogna./ Comportamenti/ lisi dai ricordi./ Sguardi infiniti e finti». Pochi versi, densi, pregni, significativi, ti dicono tutto, senza spreco di parole! Questo è lo stile del Cascini! E lui di scuola ne sa tanto, perché ha vissuto sempre là: dalla primina, appunto, alla buona scuola, sempre! Oppure “La Buona Scuola”: «Al tempo/ della rivoluzione annunciata/ senza rivoluzionari/ tutto finì». O “whatsApp”: Silenzio …stampa/ … Non profumerà più l’inchiostro/ di una pagina stampata/ da un qualsiasi tipografo/ magari esodato». Guardate i giovani di oggi, che Cascini vedeva trai banchi, gli stessi banchi della sua primina del ‘56: anche a due metri comunicano col cellulare! Un’ultima cosa: in copertina è riportato un bel dipinto sui Sassi di Matera di Filippo De Marinis, in quarta di copertina, invece, tra le altre immagini c’è una foto: “Il Preside con il suo primo alunno laureato”. Quell’alunno, che allora fu premiato dal Cascini ero io: grazie di cuore, Preside, per tutto!

Vincenzo Capodiferro

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