Cascini "Il girotondo" a cura di Vincenzo Capodiferro
CASCINI.
“IL GIROTONDO”
La
voce poetica di un preside che ci racconta la sua vita “tra primina
e buona scuola”.
“Il
Girotondo. Tra primina e buona scuola … nella Lucania” è una
raccolta di poesie scritta da Prospero Antonio Cascini, edita da
Monetti nel 2018. È la voce poetica di un preside che ci racconta
appunto la sua vita dalla “primina” alla “buona scuola”, con
cui conclude la sua lunga carriera didattica. Il Cascini è nato e
vissuto in Lucania e divenne preside giovanissimo, a soli 34 anni.
Psicologo con perfezionamento in psicopedagogia presso l’Università
degli Studi di Torino, inizia la carriera come preside ad Oppido
Mamertina e poi prosegue in Basilicata, ove «matura esperienza di
dirigenza in scuole di ogni ordine e grado». Come scrive nella
prefazione il giornalista e scrittore Antonio Sarno: «Due immagini
fotografiche raccontano il percorso poetico di Prospero Cascini. La
prima lo vede “coi pantaloncini corti” “tra botole, scale,
bauli, zollette di zucchero come viatico e tanto affetto”
affrontare con il cugino coetaneo la primina nella spartana stanza
del maestro … La seconda, invece, non contiene figure umane …. Ma
soltanto una frase autografata: “affinché la Nostra Scuola sia
sempre eguale a se stessa, ma diversa …». Proprio toccante questa
immagine della Nostra Scuola che si contrappone alla Buona Scuola! E
chi ne sa di più della scuola se non i presidi, gli insegnanti, il
personale di ogni tipo, gli allievi, i genitori, in pratica chi ci
vive nella scuola? Una scuola “sempre eguale a se stessa, ma
diversa!”. Il “Girotondo” è un gioco che alla fine vede “tutti
giù per terra”! «Sarà/ trofeo,/ patire,/ gioire,/ il girotondo
della vita/ come/ la severa/ umanità/ dei bambini». Il verso
centrale “il girotondo della vita” ci fa riflettere appieno sul
senso che il Cascini vuole trasmetterci in questa raccolta. Noi nella
nostra vita, pervasi sempre da quello spirito del “fanciullino”
del Pascoli giochiamo con quella “severa umanità”. «E Spingersi
a terra non sarà sconfitta». Quel tutti
giù per terra!
rappresenta il fine/la fine di tutta la nostra esistenza, come un
heideggeriano essere-per-la-morte. Il fanciullino è l’ideale
tragico, ed è anche paradossalmente l’ultima meta delle
metamorfosi dell’uomo-oltre-super-uomo di Nietzsche. Ma questo
fanciullino viaggia trai confini dell’inetto e dell’eroe, proprio
come diceva il filosofo: l’uomo trafila su di una corda tesa, tra
la belva e il superuomo. Il Cascini è il cugino di un altro
poeta-vate: Valerio, che vive a Torino, proprio in quella città ove
il filosofo tedesco vide offuscarsi la mente. E proprio nei nostri
paesi ancora il poeta conserva pienamente il suo titolo, che
D’Annunzio ancora sognava, come agli antichi tempi greci: il vate.
Il poeta è l’oracolo dell’Infinito, dell’Assoluto, colui che
detta i vaticini. Nosce
te ipsum!
Ne sa qualcosa Teresa Armenti - amica e dipendente anche per molti
anni del Cascini - che come Saffo, canta il suo ultimo canto: «E tu
che spunti/ Fra la tacita selva in su la rupe,/ Nunzio del giorno».
La poesia, voce acclamante della dionisiaca Venus
lucifera,
annunzia il giorno - l’Apollo
della vita. La “tacita rupe” ha a che fare coi nostri monti
selvaggi: Castelsaraceno, di cui l’Arcieri scriveva: di
orrendevole aspetto, di angusto orizzonte.
Ma da quell’angusto orizzonte sono usciti pastori e dietro di loro
i cantori, i poeti. I versi del Cascini con stile tra ermetico e
simbolista, delineano vari aspetti dell’esistenza dell’erlebnis
- come lo definivano gli storicisti - del vissuto. Quello stile
ironico e laconico, fescennino, lucanico, come per dire da “fabula
atellana” è tipico del Cascini. Come ad esempio “La politica”,
di cui molto ne sa, molto ne ha sofferto (anche insieme a me che mi
ero candidato con lui): «Ti copre con/ un mantello multicolor/ ti
toglie il respiro». Come ad esempio “La scuola”, di cui ne
coglie i profondi meandri: «Correre per arrivare./ Tempi morti da
rispettare». Due versi e ti dicono tutto! O “I consigli di
classe”: «Atteggiamenti costruiti/ alla bisogna./ Comportamenti/
lisi dai ricordi./ Sguardi infiniti e finti». Pochi versi, densi,
pregni, significativi, ti dicono tutto, senza spreco di parole!
Questo è lo stile del Cascini! E lui di scuola ne sa tanto, perché
ha vissuto sempre là: dalla primina, appunto, alla buona scuola,
sempre! Oppure “La Buona Scuola”: «Al tempo/ della rivoluzione
annunciata/ senza rivoluzionari/ tutto finì». O “whatsApp”:
Silenzio …stampa/ … Non profumerà più l’inchiostro/ di una
pagina stampata/ da un qualsiasi tipografo/ magari esodato».
Guardate i giovani di oggi, che Cascini vedeva trai banchi, gli
stessi banchi della sua primina del ‘56: anche a due metri
comunicano col cellulare! Un’ultima cosa: in copertina è riportato
un bel dipinto sui Sassi di Matera di Filippo De Marinis, in quarta
di copertina, invece, tra le altre immagini c’è una foto: “Il
Preside con il suo primo alunno laureato”. Quell’alunno, che
allora fu premiato dal Cascini ero io: grazie di cuore, Preside, per
tutto!
Vincenzo
Capodiferro
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