24 luglio 2018

ANTICHE DEVOZIONI Una raccolta fervorosa di preghiere, inni sacri e raccomandazioni spirituali a cura di Vincenzo Capodiferro


ANTICHE DEVOZIONI
Una raccolta fervorosa di preghiere, inni sacri e raccomandazioni spirituali

Antiche devozioni” - edito da Cavinato Editore, 2018 - è una raccolta di preghiere, di inni sacri, di raccomandazioni spirituali, fervorini ed altri esercizi di pietà. Si tratta di un’antologia di diversi autori, accomunati dal senso della pietas christiana. Non dimentichiamo che esiste un Illuminismo cristiano che fa capo all’Illuminazione di Sant’Agostino, un’illuminazione un po’ diversa, ma simile a quella del Buddha. Simile perché quella cristiana parte dallo sforzo umano, tendente perennemente all’Homo Homini Deus e giunge all’incontro divino, del Signore che scende dall’alto, il tutto congiungentesi nel nexus crucis, la follia crucis da Erasmo a Kierkegaard. Il cammino è sempre bipolare, non unilaterale: è l’uomo e Dio che si muovono congiuntamente, l’uno verso l’altro, nell’infinito abbraccio d’amore, simboleggiato dalla Croce, incontro paradossale tra orizzontale-umano e verticale-divino. Non dimentichiamo poi che ci sono sempre gli Homo Homini Lupus ed i peggiori sono quelli travestiti da agnelli. L’Illuminismo cristiano a differenza dell’Illuminismo storico non fa capo solo alla luce della Dea Ragione, ma anche e soprattutto alla luce del Cuore. Feuerbach scriveva: L’uomo nella preghiera adora il suo stesso cuore. Ma non ha capito? Aveva proprio ragione! Perché è il cuore dove dimora Dio stesso: Noli exire! Redi in te ipsum. In interiore homini habitat Veritas. Tra questi scritti raccolti ricordiamone alcuni: le “Preghiere cristiane” di un’anonima devota trentina. È una donna di fede che prega col cuore. E questo è l’importante: la preghiera del cuore, che ci ricorda da lontano gli antichi Padri! Ricordare significa “memoria del cuore”. Se non si ha prima amato, non si può riportare alla memoria; ricordiamo ciò che abbiamo amato e ciò che abbiamo amato è indimenticabile, si sedimenta nel cuore, che è anche la sede di quel famigerato “Inconscio” o “Es” di freudiana memoria. La preghiera diventa sfogo dell’anima, non semplice gioco di parole: questo popolo mi onora colle labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Ecco il senso vero della pietas christiana. Questo pietismo cui anche il grande Kant fu educato, - prima che si ribellasse ad esso col razionalismo critico - non è vuoto devozionismo, ma vera devozione. Quando prende il sopravvento la ragione, il cuore viene soffocato dalle spine, dai roveti. È come il seme gettato tra le spine del mondo o in mezzo alla strada, che viene divorato dagli uccelli del bosco. Eppure Dio è un seminatore speciale! Quale seminatore va a buttare i semi in mezzo alle spine, o sulla strada, o ai bordi delle strade? Facciamo come Mussolini che faceva piantare il grano ai bordi delle ferrovie! Eppure Dio vuole sprecare il suo seme! Semina dappertutto. “Le parole sono semi” tanto più la Parola, il Logos. Apollo ha distrutto la preghiera dionisiaca, quella del cuore, tanto per usare una terminologia nietzschiana. Ecco perché “Dio è morto!”, perché è morto il cuore, il dionisiaco che c’è in noi e non amiamo più Dio, e di conseguenza non ci amiamo più veramente, perché, come sosteneva Barth: l’inoggettivabilità di Dio porta inevitabilmente all’insoggettivabilità dell’io. Poi un altro scritto da cui sono tratti i testi è “Orazioni secrete della Santa Messa” del 1796. Le preghiere sussurrate, quasi runiche (“Runa” significa sussurro, non è il caso di ricordare ”L’uomo che sussurrava ai cavalli” di Evans), si dovevano recitare in segreto, seguendo le varie parti della celebrazione e della liturgia della messa. A corredo vi sono delle raccomandazioni di un padre spirituale che si rifà alla scuola del grande San Francesco di Sales. E riprendendo questo Santo che paragonava la Religione a un grande campo pieno di fiori: noi abbiamo raccolto nel campo questo mazzetto, un’antologia, che significa appunto “raccolta di fiori”, per offrirla al “viandante sul mare di nebbia” dell’uomo d’oggi. E San Francesco cita nella Filotea l’esempio classico di Glicera, questa bellissima florivendola, che prendeva sempre gli stessi fiori li disponeva in modo diverso tanto da averne diversi mazzi e da incantare il pittore Parrasio. Così sono questi fiori che abbiamo raccolto. Ringrazio veramente di cuore l’editore Cristian Cavinato che ci ha accolto un piccolo scrigno di spiritualità cristiana, che già ha visto alle stampe “Teodicea” e “Golgota”. L’uomo occidentale, che vive fortemente questa esperienza del “tramonto”, si rivolge, dopo il vuoto incolmabile del Parricidio collettivo: la “morte di Dio!” alle religioni orientali, alla spiritualità pagana, a tanti altri filoni. Eppure non sa che si perde! Ha davanti agli occhi questo campo di fiori della spiritualità cristiana. Cosa ha invidiare la mistica cristiana di una Teresa d’Avila o di tanti altri, che non stiamo qui a menzionare, alle mistiche orientali, o alle mistificherie farraginose e nebulose che circolano oggi nel “mare di nebbia”, che ha perso lo sguardo verso l’Infinito? Eppure noi abbiamo gli occhi impappinati di ricotta: ci piace di più la mistica orientale, è più bella, va più alla moda! E ci siamo dimenticati totalmente di Cristo, tanto è vero che il Re si è stancato ed invita alle nozze gli storpi, gli zoppi, d tutti quelli che erano lontani, perché i vicini non vedono più. Gli inni sacri sono tratti da un poeta monzese: Deponti Paolo, “Strenna Sacra” del 1844. Di lui possediamo un poema “La Gerusalemme conquistata”, non riportata in questa raccolta. Questo poeta, poco conosciuto, è menzionato come “studente” tra gli associati nelle “Memorie storiche della citta di Monza” del canonico Antonio Francesco Frisi del 1841. Sicuramente è stato trai frequentatori dell’illustre scuola fondata da Bartolomeo Zucchi per poveri ragazzi, la quale divenne ufficialmente liceo classico nel 1871. Affidiamo allora questi fiori al gusto dell’uomo di oggi, sempre più frastornato da internet, dai social, sempre più immerso in un mondo virtuale, ma che si sta allontanando poco a poco dalla vera virtù. Questi fiori mai appassiscono, ma non perché sono secchi, ma perché sono sempre vivi, sono fiori viventi, tracce della Bellezza, quella bellezza che fece esclamare al vecchio Agostino: «Tardi ti amai, bellezza, sempre antica e sempre nuova!».

Vincenzo Capodiferro

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti sono moderati e controllati quotidianamente.
Tutte le opinioni sono benvenute. E' gradita la pacatezza.

Vicenza Jazz XXVIII Edizione 13-19 maggio 2024

                                        Vicenza Jazz                                          XXVIII Edizione 13-19 maggio 2024     ...