L’ALBA DELLA NUOVA EUROPA FRA TIMORI E SPERANZE di Antonio Laurenzano
A Bruxelles non è stato ancora
assorbito lo shock di Brexit generato dall’illusione populista per sconfiggere
la crisi economica e i flussi migratori. Un day after di grandi incognite per
il futuro dell’Ue con inquietante
effetto domino negli altri Stati per l’imminente stagione elettorale. Si
rischia di azzerare il faticoso processo di integrazione politica dell’Europa
dei Padri fondatori in risposta ai
nazionalismi del XX secolo, causa di lutti e devastazioni.
Dal recente vertice del Consiglio europeo di Bratislava è emersa chiara
la volontà dei 27 capi di stato e di governo per lavorare a un nuovo progetto
di Europa. “Dobbiamo assicurare i
cittadini europei che abbiamo imparato la lezione della Brexit”, ha dichiarato
il Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Strategici i problemi che
attendono una soluzione comunitaria: migrazioni e sicurezza delle frontiere
esterne, lotta al terrorismo, rilancio dell’economia.
Tra interessi divergenti e
pressioni politiche, la strada è impervia pur nella comune consapevolezza che
la fragilità economica e la precaria situazione internazionale hanno confermato
nelle ultime settimane l’urgenza di un reale cambio di rotta. Sul tappeto
problemi che investono l’intera Unione: soltanto insieme è possibile affrontare
le minacce del terrorismo, regolamentare i flussi migratori e il diritto
d’asilo, arginare la crisi economica e occupazionale. La sovranità nazionale
rimane per molti aspetti l’elemento fondamentale del governo di un paese. Ma,
come ha osservato il Presidente della Bce Mario Draghi al VII Premio Alcide De
Gasperi a Trento, “per ciò che riguarda
le sfide che trascendono i suoi confini, l’unico modo di preservare la
sovranità nazionale , cioè di far sentire la voce dei propri cittadini nel
contesto mondiale, è per noi europei condividerla nella Ue che ha funzionato da
moltiplicatore della nostra forza nazionale”. L’Europa deve cioè intervenire
laddove i governi nazionali non sono in grado di agire individualmente per
accreditarsi sulla scena internazionale quale fattore di equilibrio mondiale
multipolare. Bisogna dunque uscire dall’attuale immobilismo istituzionale per
recuperare quella legittimità popolare che sembra smarrita ed evitare una infausta disgregazione che
alimenterebbe una pericolosa fuga in avanti!
La lunga scia di sangue che
ha attraversato l’Europa, da Parigi a Bruxelles, da Nizza a
Monaco, a Rouen in Normandia, è la tragica fotografia di un’ Europa fragile,
incapace di fronteggiare unitariamente la grande sfida del terrorismo
islamico. Fra analisi, proclami e
condanne continua di fatto la condizione di soporifera inerzia, insensibile al
senso di insicurezza diffuso nell’Unione. Il superamento del disagio sociale nell’ Ue passa
attraverso il rilancio delle sue inadeguate istituzioni comunitarie, delle sue
austere politiche economiche per una governance della sovranità condivisa.
L’Europa non ha ancora trovato un’architettura istituzionale capace di creare
stabilità. E l’euro ha alimentato quegli stessi conflitti che l’integrazione
avrebbe dovuto prevenire. L’ Europa però non può essere il capro
espiatorio di ogni male, la causa delle
rovine sociali ed economiche di una Unione sempre più allo sbando e di Governi
nazionali in forte ritardo sulla via delle riforme e della crescita interna. La
stragrande delle decisioni politiche viene presa dal Consiglio europeo,
l’istituzione comunitaria che definisce l’orientamento politico generale e le
priorità dell’Unione della quale fanno
parte i Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri! E’ pretestuoso affermare
“L’Europa ci impone”! Si vota a favore di questioni importanti a Bruxelles per
poi tornare euroscettici appena scesi dall’’aereo! Significa imbrogliare l’
opinione pubblica per catturare facili consensi elettorali.
Con ritrovarla unità di intenti
occorre lavorare per evitare che la Brexit faccia nuovi adepti sull’altare di
un populismo nazionalista che moltiplicherebbe i problemi invece di risolverli,
che dividerebbe l’Unione ancora alla ricerca, a quasi sessant’anni dai Trattati
di Roma, di un’autentica coscienza europea. Per la Ue è giunto il momento di
affrontare i propri errori, di fare una doverosa riflessione collegiale sulle
attuali condizioni e prospettive della Comunità europea nel segno di “un’Europa
libero e unita” sognata da Altiero Spinelli nel famoso “Manifesto di Ventotene”
del 1941. Chiedersi cioè cosa sia
rimasto oggi, a distanza di settantacinque anni, dei motivi ideali e delle
finalità che ispirarono il progetto originario di un’Europa sempre più coesa e
integrata sotto ogni profilo. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata
tanta e non c’è più traccia di prospettive federaliste per il riemergere di
pericolosi egoismi nazionali. Speranze tradite lungo la strada di una miopia
storica!
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