La scuola poetica siciliana
Piccolo viaggio nella letteratura italiana
Pubblicazione riservata a Insubria Critica.
Fonte iconografia: Google da www.altezzareale.com .
Ad
un attento lettore che volesse proporre il preciso quesito su quando
e dove è nata la poesia italiana non sarebbe agevole rispondere,
talmente tante sono le influenze e le circostanze che portarono ad un
primo coagulo
degno
di nota; certamente però, nello sforzo di focalizzare una risposta
compiuta, a lui andrebbero esposte le straordinarie condizioni nelle
quali operarono i funzionari di corte dell'imperatore Federico II di
Svevia. Tra il 1230 ed il 1250 questo gruppo di intellettuali,
composto in massima parte da giuristi e notai, si fregiò infatti per
mero diletto di una produzione letteraria così valida da essere in
seguito unanimemente eletta dai posteri al rango di “Scuola poetica
siciliana”.
Vale
qui la pena di spendere due righi sulla geografia della letteratura
del tempo, perché la scuola siciliana fu un movimento poetico di
estrazione occitanica, cioè fortemente influenzato dalla letteratura
della Francia meridionale. Quest'ultima aveva avuto larga eco in
Europa per la sua qualità, ma si era diffusa anche a causa delle
crociate promosse da Innocenzo III contro i movimenti ereticali, in
particolare contro i catari e gli albigesi, movimenti che in quelle
contrade avevano trovato un terreno particolarmente fertile alla
diffusione del loro credo. Dalla Provenza quella cultura giunse
dunque anche in Italia certamente anche per via di mare. Difficile
dire perché proprio in Sicilia questi influssi arrivarono a dare i
migliori risultati, per poi tendere a risalire la penisola fino ad
Arezzo e a Firenze, passando da Bologna; quel che si può ipotizzare,
senza
pretendere che questa sia l’unica risposta possibile,
è che lì le condizioni per lo sviluppo di una lingua e di una
cultura alta fossero più adeguate, perché la contaminazione
culturale di
quelle terre recava, da sempre, l’impronta dei molteplici
condizionamenti
greci, latini e arabi.
Lo
Svevo fu una
figura molto controversa:
rimasto orfano di padre fin da bimbo, in principio fu messo sotto la
protezione di papa Innocenzo III per intercessione della lungimirante
madre Costanza d'Altavilla; ma le circostanze storico-politiche lo
portarono ad un progressivo allontanamento dalla curia romana, fino
alla scomunica fulminata contro
di lui con
un pretesto da uno dei successori di Innocenzo III, Gregorio IX.
Federico
di Svevia avrebbe voluto porsi al vertice di uno stato unificato, ma
sarebbe forse rimasto poco più che un buon sovrano europeo se non
fosse stato per la
grandissima
attenzione da lui data in vita al
sapere
ed allo sviluppo culturale: oltre alla Scuola poetica siciliana gli
dobbiamo
infatti l'Università di Napoli, ancora oggi a lui intitolata, e
l'istituzione della Scuola di medicina di Salerno. Fu uomo
cosmopolita e lui stesso poeta, sebbene la critica non abbia voluto
mostrarsi magnanima con la sua produzione: certo egli ebbe rapporti
strettissimi con i suoi funzionari, primo fra tutti il diretto
consigliere Pier della Vigna, poi caduto in disgrazia e morto
suicida: celebre perché ricordato nell'Inferno di Dante. Meno noto è
il giudice messinese Guido delle Colonne, mentre il poeta più famoso
e celebrato tra questi è 'il Notaro' Jacopo da Lentini, al quale si
ascrive l'ideazione della metrica in sonetto ed il rimaneggiamento
definitivo della metrica in canzone. Nell'antologia di queste ultime,
che lo vide massimo esponente, va certamente segnalata la canzone
“Meravigliosamente”, a mio giudizio una delle più belle e
sentite mai scritte su un argomento amoroso.
Anche
i motivi conduttori dei poeti siciliani faranno infine scuola: dopo
aver ereditato dalla nascente letteratura francese i temi dell'amore
cortese e dell’ amore lontano (come quello, tra storia e leggenda,
di Jaufré Rudel per la contessa di Tripoli), essi svilupperanno una
propria concezione dell’ “amor fino”, la quale troverà la
sua massima espressione proprio
nelle rime del Notaro e sarà lasciata in eredità agli stilnovisti
emiliani e poi toscani.
Antonio
di Biase
Bibliografia:
- “La lirica del Duecento in Italia”, da pag. 160 a 185 de “La letteratura”, Vol 1, Baldi Giusso Razetti Zaccaria , Paravia, 2006. Dello stesso volume inoltre “La figura dell'intellettuale nell'età comunale” da pag 186 a 207.
- “Storia della letteratura italiana” di E. Cecchi e N. Sapegno, Garzanti, 2001)
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