11 gennaio 2011

I re magi del vate di Lidia Lombardi

D’Annunzio scrisse anche fiabe natalizie. Le tirò fuori dalla tradizione abruzzese. E ci unì un tono fantastico insolito per lui



I Re Magi del Vate
In lite davanti alla capanna. Non volevano diventare vecchi né cambiare colore di pelle
di Lidia Lombardi


C'è un D'Annunzio insolito. Non il viveur della Roma «bizantina» e il romanziere tombeur de femmes. Non il Vate che ascolta la Natura. Non il novelliere che estrae dalla sua terra scenari veristi. È invece un D'Annunzio che narra favole di Natale, raccolte in un libricino pubblicato da Solfanelli in due edizioni andate presto esaurite e che nei mesi prossimi tornerà in libreria. La novità è che in queste novelle lo scrittore pescarese riecheggia la tradizione, riassembla parabole sentite più che lette e soprattutto s'abbandona a una cifra che non gli è consueta.
Come nota Lucio D'Arcangelo nella prefazione, «non c'è stato movimento letterario che D'Annunzio non abbia toccato o precorso, a cominciare dal verismo per finire con la prosa d'arte». Ma «rare volte ha toccato le corde del fantastico, o, per meglio dire, del meraviglioso puro». E però questa affabulazione non è gravata da eccessi descrittivi, come spesso avviene nell'Immaginifico. La favole, tratte da «Parabole e novelle» date alle stampe nel 1916 a Napoli, sono asciutte e per questo ancora più efficaci. Insomma D'Annunzio ha perfettamente capito che questo tipo di letteratura deve essere il più possibile allusiva, per lasciare spazio alla immaginazione del lettore, al suo incantamento. Quella che pubblichiamo qui è intitolata tout court «Leggenda in terra d'Abruzzo» ed è appunto una parabola attualissima sul seme della discordia che s'incunea tra i popoli pur nel momento più commovente della teofania. «Il tesoro dei poveri», la più scarna e toccante, racconta di due anziani che nulla possedevano e che la notte di Natale si scaldano agli occhi di un pietoso gatto, un plot che nasce proprio da un detto popolare secondo il quale gli ultimi tizzoni nel camino si chiamano «occhi di gatto». Nella storia di San Làimo - navigatore, corsaro, poeta e poi santo - si alternano fede e violenza. «La figlia di Borea» ha un fascino antico nell'accumulo di eventi meravigliosi.
Solo «Un albero in Russia» esce dalla nostra tradizione popolare e gira attorno a un abete ricco di luci come quello del principe «Schiaccianoci». Ma la liaison amorosa che vi si intreccia - il conte rubacuori alla fine intrigato da una diciottenne - rimanda al D'Annunzio dandy. E al letterato della contaminazione. Che comunque affascina.


Lidia Lombardi
Il Tempo, giovedì 30 Dicembre 2010
Gabriele d’Annunzio
FAVOLE DI NATALE
Presentazione di Lucio D’Arcangelo
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-89756-21-8]
Pagg. 96 - € 7,00

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